Libro verde sul welfare: inondiamo il ministero dei nostri no
In questi giorni di passione per l’approvazione del decreto Gelmini e di mirabolanti tagli alla spesa per l’istruzione, suona quasi come beffa leggere che il Libro Verde del Ministero del Lavoro sulla riforma del Welfare è dedicato ai giovani e alle loro famiglie per ricostruire la loro fiducia nel futuro.Questo Libro Verde sulla riforma del Welfare (leggi: “destrutturazione”), intitolato niente di meno “[La Vita Buona nella Società attiva->http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/B8453482-9DD3-474E-BA13-08D248430849/0/libroverdeDEF25luglio.pdf]”, è stato prodotto dal Ministero nel luglio e destinato alla consultazione pubblica per un periodo di tre mesi al fine di raccogliere proposte e suggerimenti da parte della società civile.
_ Ed è proprio questa sua destinazione che ne impronta la retorica altisonante e propagandistica volta a promuovere consenso tra gli attori istituzionali, politici e sociali.
Da qui il suo carattere appena velato di {{maldestra confezione populistica di ricette indigeste}} infiocchettate entro la forma della consultazione democratica. A fronte delle sue proposte di riforma appare come insultante demagogia leggere che esso intende dare maggiore effettività alla tradizionale vocazione delle politiche sociali di fornire alle persone sicurezze “dalla culla alla tomba” per farne cittadini a pieno titolo.
_ E fa anche un cattivo effetto leggere che il Welfare della “vita buona” nella “società attiva” perseguirebbe l’invecchiamento sano e promuoverebbe la salute lungo tutto l’arco della vita, a fronte di misure come la “tessera annonaria” di 450 euro l’anno per i pensionati (a maggioranza donne) che vivono con 500 euro al mese, o a fronte della ecatombe di morti e feriti sul lavoro e dei rischi di peggioramento derivanti dalle politiche di incentivazione degli straordinari e della produttività.
Ma al di là della retorica propagandistica, {{la sostanza della proposta del libro verde}} è chiara e coerente con le politiche messe in atto in questi primi mesi di governo. Al c’è l’ulteriore {{deregolamentazione del lavoro nonché i tagli di spesa al sistema pensionistico e sanitario}} e la diffusione dei relativi sistemi privati, dei fondi di previdenza e sanitari complementari.
Si riafferma infatti l’assioma, mai veramente convalidato nella pratica, che per incrementare i tassi di occupazione e raggiungere gli obiettivi dell’Agenda di Lisbona (70% di occupati con il 60% di donne occupate) la via maestra consiste nel liberare il lavoro dai “troppi disincentivi normativi che ancora comprimono la vitalità e il dinamismo del mercato del lavoro” e {{costruire un mercato del lavoro più flessibile}}.
_ Eliminare i lacciuoli normativi e burocratici che deprimono il mercato del lavoro sarebbe la via da seguire innanzi tutto per aumentare i tassi di occupazione dei gruppi più svantaggiati, tra cui le donne, e per prosciugare almeno in parte l’enorme quota di economia sommersa (altro assioma che l’esperienza non convalida).
_ Bisognerà alfine metter mano alla riforma degli ammortizzatori sociali rafforzando il legame tra diritti (cassa integrazione, sussidi di disoccupazione, ecc) e obblighi relativi alla partecipazione a corsi di formazione e riqualificazione professionale e alla accettazione di offerte lavorative, pur se poco congrue con la professionalità del lavoratore, nel senso dell’attuazione di quel “workfare” già previsto nella legge Biagi.
La ulteriore deregolamentazione del mercato del lavoro dovrà esser accompagnata dalla ulteriore riduzione della spesa sanitaria (benché si riconosca che essa è inferiore alla media europea) e soprattutto della spesa pensionistica intervenendo ancora sull’allungamento dell’età pensionabile.
Un passaggio essenziale per la riqualificazione della spesa e la realizzazione della “vita buona” nella “società attiva” consiste quindi nell’estensione del principio che ha già trovato applicazione nel sistema previdenziale e cioè lo {{sviluppo del pilastro privato complementare}}.
La risposta alle limitate risorse pubbliche dovrà venire dall’{{ulteriore impulso allo sviluppo della previdenza complementare e dei fondi sanitari integrativi}} mediante l’incentivazione e la diffusione di fondi su base contrattuale, di forme di mutualità e assicurazioni individuali o collettive.
_ In particolare, {{le organizzazioni sindacali}} dovranno dare vita a un Welfare negoziale che copra molti ambiti (collocamento, ammortizzatori, formazione, sanità integrativa, ecc), organizzando lo sviluppo del pilastro privato e del partenariato con il pubblico mediante una vera e propria {{cogestione diffusa dei servizi}}.
_ Per la governance di questo Welfare modernizzato è {{decisivo il contributo dei sindacat}}i, essenziale, innanzi tutto, per riformare (indebolire) il sistema della contrattazione collettiva nazionale e gestire le relazioni industriali in chiave collaborativa e partecipativa per la “prevenzione e moderazione dei conflitti”.
Il modello sociale qui proposto è tuttaltro che nuovo essendo invalso a livello europeo, promosso dall’UE fin dalla fine degli anni ‘90, ed essendo già in parte realizzato nel nostro paese: il vecchio welfare basato su diritti e politiche sociali ridistributive per la riduzione delle disuguaglianze di reddito e risorse è sostituito da uno modello di workfare “che accompagni le persone lungo l’intero ciclo di vita attraverso il binomio opportunità – responsabilità individuale”, coniugando politiche di attivizzazione e incentivazione al lavoro del numero più esteso di persone insieme con l’{{obbligo di accettazione del lavoro offerto e con la responsabilità individuale di prevenire e contrastare la povertà}}.
In questo modello, ispirato al tradizionale sistema liberale di welfare, il binomio “virtuoso” opportunità – responsabilità individuale implica controllo e promozione di comportamenti e stili di vita tali da funzionare come “moltiplicatori di risorse e ricchezza” e prevenire e ridurre lo stato di bisogno, che si tratti di povertà o malattia o altra forma di dipendenza personale.
{{Non solo un lavoro purchessia diventa un obbligo, ma diventa un obbligo anche la salute e la prevenzione della malattia}} con conseguente riprovazione di comportamenti “insani” quali il fumo la cattiva alimentazione gli eccessi la sregolatezza.
_ Perciò il Libro Verde propone di superare quella che indica come causa prima della crisi del modello sociale italiano, ossia la “crisi culturale e di valori”, che si esplicherebbe a partire dalla insufficiente attenzione alla primaria difesa della vita fino alla negazione del ruolo della famiglia, e di incidere su comportamenti e abitudini negativi, promuovendo nuovi stili di vita.
{{Sono quindi esplicitati come parte integrante ed essenziale della riforma dello stato sociale i valori morali di difesa della vita}} (dal concepimento?) e della sana famiglia nucleare con padre e madre dediti a riprodursi e ligi ai loro doveri genitoriali che impongono di risolvere privatamente i problemi di malattie o di conciliazione di lavoro/produzione di ricchezza e cure familiari, mediante private assicurazioni e per mezzo di nonni, badanti, baby sitter.
{{Il messaggio è chiaro}}: proliferate in famiglie “regolari”, controllate i vostri comportamenti e disciplinate quelli dei vostri figli in modo da prevenire devianze e malattie che peserebbero sulla spesa pubblica e, se c’è la recessione economica e il lavoro scarseggia o manca, accettate quel che capita o anzi createvelo da soli.
{{In tutto questo scenario di trasformazione dove sono le donne?}} È qui che si rivela al meglio la miopia di questo governo (il maschilismo lo vediamo tutti i giorni). Il Libro Verde, infatti, eccetto che in un paio di casi in cui fornisce dati disaggregati per sesso, {{non usa mai una prospettiva di genere}}, benché sia ormai noto a politici esperti giornalisti e studiosi, in Italia, in Europa, nel mondo, che far fronte all’invecchiamento della popolazione (la maggioranza dei vecchi è donna) e alla bassa natalità e, dunque, alla sostenibilità dei sistemi pensionistici, del sistema sanitario e dell’insieme del sistema di welfare richiede la valorizzazione del lavoro e delle professionalità delle donne, politiche sociali disegnate nell’ottica dei due generi e la promozione di un nuovo patto tra i generi.
Da questo punto di vista il Libro Verde non riesce nemmeno a raggiungere un minimo di credibilità: quale aumento del tasso di occupazione femminile, quale promessa di aumento stratosferico dei posti di asilo nido (dall’attuale copertura del 9% al 14% nel 2009!), {{quale vita buona per le donne, se nella scuola si tagliano 8 miliardi di finanziamenti e 140.000 posti di lavoro a stragrande maggioranza femminili}}, se {{si riduce il tempo pieno}}, se {{si incentivano gli straordinari}} e l’allungamento dell’orario di lavoro, se{{ si svuota di valore la contrattazione nazionale}} indebolendo il già ridotto potere contrattuale dei lavoratori, a maggioranza lavoratrici, nelle piccole e medie imprese?
Lascia un commento