L’ideologia della violenza e la Corte
Un documento della “Assemblea delle donne napoletane per la restituzione” dopo l’ultima sentenza della Corte di cassazione in un processo per violenza sessuale
Numeri e date da ricordare. Sentenza n.39455 del 25 settembre 2014, preceduta dalla 4377 del 2012.
Parliamo di stupri, i reati che precedono la morte civile e quella definitiva, perpetrata con ogni tipo di arma. Gli uomini non vogliono pagare il loro debito con la Giustizia e alla giustizia chiedono aiuto prima di passare alle vie di fatto. E ricevono aiuto! Silenziosamente nelle periferie dei tribunali ordinari si inventano sempre nuove attenuanti, come quella che si appella all’inarginabilità degli impulsi ormai diventata una vera e propria formula giuridica, assurta a norma per consuetudine. Nei gradi di giudizio fino alla Cassazione le cose peggiorano e della “svolta storica”, tardivamente compiuta nel 1966 e solo perchè perseguita con lunga ed estenuante lotta dalle femministe contro il codice Rocco dell’era fascista, rimangono solo belle affermazioni di principio. Negate nei fatti, anche grazie a sentenze come quest’ultima n.39455, dove l’ubriachezza dello stupratore sarebbe un’attenuante, nonostante le condanne dei due primi gradi di giudizio.
Una sentenza della Cassazione fa giurisprudenza, questa di oggi come quella del 2012 n. 4377 che invocò e applicò come attenuante il fatto che uno stupro fosse perpetrato “dal branco”.
In Italia il corpo delle donne è un simbolo nel quale si trasfigurano le ideologie dichiarate morte.
Dobbiamo saperlo tutte: le domande insultanti che i giudici permettono, ammettono, e a volte fanno, sia nelle fasi istruttorie sia in dibattimento, nella celebrazione dei processi per stupro, violenze, maltrattamenti e per fino uccisioni, sono l’espressione dell’ideologia della violenza trasfigurata nella Giustizia al tempo della negazione dei diritti. Un tempo che per la metà del genere umano è iniziato e non ancora finito, perchè la politica si adopera per prolungarlo all’infinito.
L’uso politico della giustizia, che fa insorgere a tempi alterni le parti che governano il nostro paese, per le donne è una norma non scritta e sempre applicata. La violenza che le donne subiscono svolge una vera e propria funzione sociale che si esplica in modi diversi, e i giudici, quando decidono come hanno fatto con la sentenza 39455, ne sanciscono la possibile perpetrazione legale.
I trattati e le convenzioni sottoscritti (dalla CEDAW alla convenzione di Istanbul) dai nostri governi raccomandano di affrontare la violenza sulle donne in tutti gli aspetti che la generano. Le azioni di governo e l’attività parlamentare, le amministrazioni, l’economia e la cultura, i tribunali sono chiamati formalmente a una responsabilità. Il primo gesto responsabile al quale tutti sono chiamati è quello di far prevalere i diritti non negoziabili di ogni donna, vittima o no, sulla propria “libertà di opinione”, sulla propria concezione dell’ordine sociale. Per quanto possa sopravvivere l’ideologia della violenza “strumento dell’ordine sociale”, noi sopravviveremo; ma questo non ci basta e non basta al paese e al mondo che vogliamo costruire. Vogliamo vivere.
L’indignazione ora non basta più. È tempo che conquistiamo lo spazio per cambiare la politica e il paese. Uno spazio che in parte abbiamo conquistato e che andrebbe usato meglio da chi lo occupa grazie alle lotte storiche ed attuali del Movimento. Le elette, e le donne che sono dove si decide, sappiano che la loro appartenenza al genere femminile non basta a convincerci che siano dalla parte dei nostri diritti. Noi abbiamo sollevato il velo sulle ipocrisie e le complicità, il femminismo ha guadagnato spazi anche alla democrazia “di genere”, ma continuiamo ad assistere al triste spettacolo delle prese in giro: da parte di uomini e donne, queste ultime forse costrette, ma pur sempre complici.
Da parte nostra ci riserviamo di segnalare le violazioni, a partire dalle sentenze lesive dei diritti delle donne, al GREVIO, organo di vigilanza sull’attuazione dei principi sottoscritti, come previsto dall’art. 66 della Convenzione di Istanbul.
L’assemblea delle donne Napoletane per la restituzione
(UDI, Ass. Salute donna, Arcidonna Napoli, Ass. Casa delle donne, Archivio della memoria delle donne della Campania, Le Kassandre, Comitato 194, Dopopaestum Napoli, SNOQ Napoli, Ass. Maddalena, Città Meridiana, Collettivo 105, Donne del Centro Storico, Associazione Donna Amalia, Elvira Reale, Anna Heiz, Filomena Carbonelli)
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