L’Iliade e l’Eneide delle donne
Marilù Oliva, scrittrice bolognese dalla “lunga frequentazione con i Classici” – che insegna con passione, “per non privare le nuove generazioni” di un tale patrimonio culturale e immaginifico – pubblica quest’anno, con SOLFERINO, L’Iliade cantata dalle Dee (2024), ultima di una trilogia dedicata ai poemi omerici.
Tre elementi caratterizzano la narrazione: l’adesione all’impianto strutturale del testo classico; l’empatìa e il ritmo.
Il primo s’accompagna a un rigoroso studio delle fonti; il secondo apre a vari piani interpretativi – intimisti, psicologici, affettivi, relazionali – assecondando il dichiarato “interesse per l’animo umano”; il terzo sostiene, senza cadute, la reinterpretazione delle/dei personagg* ricorrendo a un “Io narrante” di voci umane e divine in capitoli brevi, quasi una sceneggiatura, dove elementi amorosi, lirici, guerreschi, epici e mitologici si fondono con sapienza.
Narrazione avvincente specie per le più giovani generazioni e che veicola facilmente il messaggio di una Autrice che si muove nell’alveo dell’emersione e della reinterpretazione delle figure femminili storiche, letterarie e mitologiche. Un contributo a quella “storia delle donne” e di quella “storia di genere” che ricerca, valorizza e divulga la presenza e l’apporto delle donne nella storia del mondo che, in merito alla mitopoietica antica, conta pietre miliari nella Cassandra (1983) e nella Medea (1996)di Cristha Wolf.
Con Marilù Oliva le sorprese non mancano e riguardano specialmente gli aspetti più intimi e silenti del coro di voci femminili che caratterizzano ogni sua opera, specie l’Iliade cantata dalle dee che analizza il quotidiano, approfondisce origine ed effetti delle relazioni parentali, amorose o conflittuali, distruttive o di cura, gesti e comportamenti sia nella sfera umana che in quella del divino, affrontando direttamente il tema complesso e plurale della violenza sessista e di quella sistemica della guerra. E la guerra di Troia è un terreno elitario, un topos insuperabile di quanto la violenza sia intrinseca alla secondarietà femminile, eclatante nella schiavizzazione sessuale, nella gerarchia sessuata tra le mura assediate e nelle tende degli assedianti.
È una violenza che trova un parallelismo nel pantheon miceneo e troiano; le divinità competono tra loro, hanno gerarchie, esprimono prepotenze, hanno relazioni aggressive anche tra loro e verso gli umani, specie le umane, vittime dei loro desideri. Sotto le mura di Troia utilizzano ogni stratagemma per favorire i propri protetti, anche sfidando le ire del padre-padrone, Zeus, capace di appendere la moglie Era in catene d’oro, nell’universo.
Non a caso, l’Autrice conta due progetti patrocinati dal Telefono Rosa.
La narrazione si giova anche di momenti epici, ironici, lirici nella commedia umana e divina.
Fatte salve precedenti rivisitazioni, positive e negative, librarie e sceniche, di alcune personagge celeberrime dei poemi omerici, quali Elena, la rilettura dell’Autrice riporta la semidea, incarnazione del canone primario della donna-oggetto, la bellezza, a ciò che era, una terra di conquista, un ostaggio, una ragione qualsiasi per scatenare la guerra. Marilù Oliva ne indaga l’animo disperato, le aspettative tradite, l’estraneità, i sensi di colpa, il disincanto e il disinganno verso Paride, lo sgomento e spesso l’odio di una reggia in cui solo Priamo l’ha veramente accolta. Nel drammatico momento, due diverse solitudini s’avvicinano; Cassandra, sacerdotessa d’Apollo, è a sua volta simbolo d’inascoltata saggezza, del prezzo da pagare, al femminile, per chi insegua un sogno, d’amore o di libertà, od ostacoli un desiderio maschile, uomo o dio che sia. Infelici entrambe, nella rovina della città, sfiorano un amore che la sorte impedisce; l’una riconsegnata dal terribile cognato a Menelao, l’altra stuprata sull’altare di Apollo, nella tenda di Agamennone, nell’avvicinarsi a quella reggia micenea dove li attende la vendetta di Clitemnestra, anche la principessa troiana vittima questa volta di un mancato dialogo tra donne, di una mancata alleanza nella condivisa sudditanza a un uomo.
La prosa intensa, evocativa, indaga caratteri, gesti, ruoli e relazioni al femminile e al maschile.
Attraverso Atena e Teti, la madre di Achille, rende la saga guerriera, l’amore esclusivo con Patroclo, lo scontro con Agamennone, la vendetta su Ettore che indossa le armi strappate all’amante e cui nega la richiesta sepoltura; cederà soltanto davanti al pianto, inerme, del vecchio Priamo.
Nell’intervista sul nostro canale di cui rendiamo conto, l’Autrice presenta anche il secondo libro della trilogia, L’Eneide di Didone (2022), stesa con le stesse caratteristiche stilistiche e immaginifiche.
La rivisitazione della poetica virgiliana s’accentra su Didone sottratta allo stereotipo della donna fragile che soccombe all’abbandono amoroso, e restituita alla sua grandezza di guida di popoli, fondatrice e regina dotata di un acume “superiore a quello di Ulisse” come gioisce Era, sua protettrice.
Didone storica “visse quattro secoli dopo la guerra di Troia”, ma, quasi vittima sacrificale per la futura grandezza romana, fu collegata al mito di Enea.
A sorpresa, l’Autrice pone sulla pira funebre l’eroe troiano, ucciso accidentalmente dalla sua stessa spada impugnata da Didone, furiosa e oltraggiata, nel momento del definitivo abbandono; nessuna divinità gliene farà una colpa!
Con decisione subitanea, Didone ha indossato le armi di Enea, insieme alla sorella Anna ha tolto ogni traccia, e per salvare se stessa e la sua città dalla furia troiana, se si fosse saputo l’accaduto, prende il comando della flotta troiana e fugge.
“Una donna come lei non si sarebbe mai uccisa per un uomo, per un peregrino di passaggio” afferma Marilù Oliva descrivendo con grande efficacia il pericoloso scambio d’identità, il dolore della separazione delle due sorelle; lo sgomento che si spande anche tra le dee nel sospettare la fine prematura dei sogni di gloria per Roma. Solo Era si rotola dalle risate davanti alla frode audace, senza sapere neppure lei che il Fato si compirà proprio attraverso la regina fenicia, come assicurato dalla Sibilla cumana e dalla madre di Didone, prima e unica donna a scendere viva nell’Ade. Didone sarà la garante e fattrice del successo di Ascanio, il figlio non biologico ma d’affetto raccontato in belle e commoventi pagine. Neppure lui la riconoscerà sotto le armi del padre e soffrirà la presunta perdita di quella che sperava diventasse una seconda madre.
L’epico, a tratti drammatico, ma anche ilare svolgimento delle avventure di Didone/Enea s’accompagna alla storia d’amore, che esplode solo all’ultimo, tra lei e il fedelissimo Ilioneo il quale aveva capito tutto da subito, bastava guardare il presunto capo senza vederne solo l’ombra gloriosa di uomo destinato a fondare nel Latium Vetus una seconda Troia.
Il racconto si arricchisce di pagine intriganti per gli sforzi delle varie dee di controllare una situazione che l’imprevedibile genialità della regina rende fuori controllo.
Tra i tanti pericoli che le fa correre il destino, non ultimo quelli di essere continuamente smascherata e soppressa, la regina affronta la ribellione delle Troiane che bruciano metà della flotta, sospettose verso di lei/lui e sfinite dal lungo peregrinare sul mare, come da molte leggende fondative sulla diaspora troiana nel Mediterraneo.
Nel rispondere all’imperscrutabile, dopo aver soddisfatto ogni richiesta dei mitografi romani (che nel IV secolo a. C, assunsero a mito fondante quello di Enea), aver sbarcato sui lidi laziali Ascanio, averlo sposato a Lavinia, futuro fondatore di Alba Longa, alle origini della Gens Iulia, Didone/Enea inscena la fine “misteriosa dell’eroe”, come da copione virgiliano, e fugge con Ilioneo, durante una tempesta di fulmini scagliati da Zeus, unico garante del Fato.
Info: Edizioni SOLFERINO: di Marilù Oliva, L’Eneide di Didone (2022); L’Iliade cantata dalle Dee (2024).
INTERVISTA a Marilù Oliva: