Lina Merlin non era una donna compiacente a lei si si deve anche la stesura degli articoli 3 e 37 della Costituzione.
Un convegno alla sala Zuccari del Senato ha ricordato i 130 anni dalla nascita della socialista che riusci’ ad abolire le case chiuse e la dicitura ‘Figlio di NN’. Lina Merlin non era una donna compiacente e non era soltanto colei che diede il proprio nome alla legge con cui si mise fine alla vergogna delle ‘case chiuse’, il luogo dove si esercitava la prostituzione, sfruttando le donne e rendendole schiave per sempre in collaborazione con lo Stato. Era una socialista che credeva fortemente nella pace, nella libertà e nella giustizia sociale.
A Palazzo Giustiniani, al convegno ‘Lina Merlin la Senatrice: 130 anni e non li dimostra’, politici, storici, storiche, giornaliste e giornalisti si sono ritrovat* martedì 13 giugno non solo per celebrare la ricorrenza e convincere il Senato a ricordarla con un busto, ma anche e soprattutto per interrogarsi su come valorizzarne la preziosa eredità di passione e di idee.
L’obiettivo lo ha subito dichiarato Daniela Brancati che introduceva e coordinava il convegno. Dobbiamo chiederci come possiamo arrivare “a una rivalutazione del suo operato” perché Lina Merlin (Pozzonovo, 15 ottobre 1887 – Padova, 16 agosto 1979), non può essere confinata nel ricordo della sua pur importantissima legge. Aveva fatto molto altro anche sul piano legislativo e lei stessa, unica donna eletta nella seconda legislatura, ricordava cosa dicevano di lei i colleghi maschi: “Si dice che questo parlamento ha una sola donna… ma una di troppo”.
Si alternano al microfono la vicepresidente del Senato, Linda Lanzillotta, il capogruppo del Pd, Luigi Zanda, Vannina Mulas, già sindaco socialista di Dorgali, Elena Marinucci, già senatrice ed europarlamentare socialista, Paola Lincetto, presidente del Comitato Lina Merlin, la ministra della PI, Valeria Fedeli, la senatrice Laura Puppato, la giornalista Anna Maria Zanetti, il presidente della Fondazione Kuliscioff, Walter Galbusera, la storica Monica Fioravanzo, l’economista Daniela Colombo e Pia Locatelli, capogruppo socialista alla Camera, che ha concluso i lavori.
In molti degli interventi riaffiora così il ritratto di una donna che aveva scelto la politica per passione e come reazione alla nascente dittatura fascista, che era stata partigiana, costituente, senatrice, trasferendo nelle Istituzioni il suo amore per la libertà e la giustizia, il suo modernissimo, per i tempi, femminismo.
“Io parlo da sardo – premette Luigi Zanda – e posso dire che i fascisti la esiliarono a Nuoro perché consideravano Nuoro la peggiore punizione possibile. Ignoravano che in quella zona c’è una straordinaria capacità culturale. Da Nuoro a Dorgali e poi a Orune, ma tra Merlin e i pastori sardi si crea subito un’empatia, si stabilisce un’alleanza tra l’antifascismo e la povertà”.
convegno merlin 3Oggi, aggiunge, il Fondo Monetario Internazionale “ci dice che stiamo entrando in una fase economica diversa. Si prevede una crescita del Pil dell’1,3%. Cominciamo a vedere la luce, perché +1,3% non e’ zero virgola. La domanda che però mi pongo, senza avere una risposta, è questa: la vera luce non viene solo dal progresso economico ma dalla maturità della classe dirigente. La generazione di Lina Merlin vide tra gli altri De Gasperi, Togliatti, Pertini, Craxi, Moro, Berlinguer, Anselmi… perché dopo di loro la classe dirigente del Paese è così scesa di livello?”. Dobbiamo dire che “fu una persona straordinaria e le sue qualità precedono la dimensione politica”.
Dai ritratti dei diversi oratori emerge pian piano la figura completa di questa donna.
Lina Merlin, ricordano, insegnava a leggere e a scrivere, cercava come poteva di fare qualcosa per quella gente durante il suo confino. Aveva a cuore in particolare le donne e il ritratto forse più efficace è quello che dipinge Vannina Mulas, prima donna sindaco nel 1983 proprio di quel Dorgali, “considerato uno dei comuni più fascisti dell’isola”, dove era stata confinata la Merlin dopo la prima tappa di Nuoro.
Dai ricordi dei familiari di Vannina Mulas che avevano ospitato in casa quella pericolosa antifascista, emerge l’affetto profondo che si era stabilito tra loro. “C’è una foto di Merlin con il costume dorgalese, vestita proprio come avrebbe fatto una loro figlia per il giorno del matrimonio”. In quel piccolo paese dove mancava tutto a cominciare dall’acqua corrente, le privazioni soprattutto per lei erano tante, e per alleviare la pena, ricorda, le avevano fatto una specie di corridoio nel cortile con le piante per consentirle dalla sua stanza di raggiungere il bagno, così da nasconderla un po’ e farle superare l’imbarazzo di una donna abituata a vivere in una grande città in un ambiente borghese. Insomma affetto e stima che lei cercava di ricambiare insegnando, come aveva ricordato anche Zanda, a leggere e scrivere, ma con un particolare occhio di riguardo per le donne “La firma –diceva loro – dovete imparare a farla perché nessuno deve sostituirsi a voi”.
Ma questo non piaceva ai gerarchi e così, come ulteriore punizione, le tolgono anche l’indennità di confine sostenendo che guadagnava dei soldi facendo la maestra, ma a quel punto furono i suoi nuovi amici e compagni che le passarono il necessario per vivere. Un gesto che non dimenticò mai e anche per questo quando tornò libera e divenne senatrice continuò a riceverli e a onorarli, anche a Palazzo Madama.
È insomma un “obbligo morale sottrarla all’oblio” (Zanda) anche perché non ha fatto solo la legge sulla case chiuse. E in molti ricordano il suo ruolo nella legge per dare il cognome ai figli non riconosciuti, i cosiddetti figli di NN, quella per l’assistenza gratuita al parto e quella per impedire il licenziamento per causa di matrimonio che riguardava soprattutto le impiegate e non certo le mondine.
Lina Merlin è stata anche una femminista, una scelta che è stata determinante nella stesura della Carta costituzionale. Eletta nella Costituente nel ’46, fece parte della ‘Commissione dei 75’ e si devono a lei almeno due interventi fondamentali, la stesura degli articoli 3 e 37 della Costituzione. Il primo stabilisce che “tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge” e lei fa aggiungere “senza distinzione di sesso”. Il secondo prevede che “la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore”; una femminista insomma che aveva cominciato a fare le sue battaglie quando ancora le donne non avevano diritto di voto né attivo né passivo.
“Le donne – sottolinea Pia Locatelli – nell’Assemblea Costituente furono 21, ma fecero più loro per la causa femminile che non le 300 parlamentari donne dell’attuale legislatura”.
Insomma, come si direbbe oggi, un ‘tipo tosto’, che “fu anche una partigiana vera – ricorda Elena Marinucci – non come altre che se ne sono vantate, ma che la guerra di Liberazione l’avevano vista da casa. Fu femminista e fu riformista perché era convinta della possibilità di modificare la società con le leggi”.merlin convegno
E fu anche, ricorda Laura Puppato, una “pacifista convinta, anzi una pacefondaia”, contro l’ingresso dell’Italia in guerra. “Fu una donna coraggiosa, capace di dire cose scomode. Fu cattolica e scomunicata perché socialista. Ebbe coraggio per sé e per gli altri”. Non solo quattro anni di confino duro, ma anche minacce di morte e per cinque volte in carcere, ma lei non abbassò mai la testa.
“Le sue linee guida di una vita – ricorda Pia Locatelli – furono la pace e la libertà. Spesso rivendicò il suo essere ottocentesca, deamicisiana e romantica. Aveva scelto il partito socialista non solo per desiderio di giustizia sociale, ma anche perché era l’unico partito che si opponeva all’entrata in guerra nel 1915”. Quanto al suo amore per la libertà, all’indipendenza del suo carattere, basta ricordare che al Pci che le offriva di cambiare partito, Merlin rispose: “Sarei una pessima comunista perché non sopporto la soggezione”.
Un amore per gli altri che la tenne sempre dalla parte degli ultimi, di chi stava peggio. È la ministra Fedeli a ricordare che in occasione dell’inondazione del Polesine, arrivò a vendere anche la sua medaglietta d’oro di parlamentare per comprare coperte e viveri agli sfollati”.
In questo amore per gli ultimi, la spinta alla sua battaglia contro le ‘case chiuse’. Walter Galbusera ricorda a questo proposito che obiettava agli oppositori della legge: “Non voglio abolire la prostituzione, voglio eliminare lo sfruttamento delle donne”. “Un tema purtroppo questo, che è rimasto di drammatica attualità”.
È ancora Locatelli a ricordare a questo proposito che nel 1958, durante il dibattito parlamentare sull’abolizione dei postriboli, un deputato obiettò: “Perché abolirle? Svolgono una funzione sociale. Servono a proteggere la salute pubblica”. La risposta della parlamentare socialista fu fulminante: “Benissimo. Allora per la funzione sociale creiamo una sorta di servizio di leva di 6 mesi per tutte le ventenni, naturalmente includendo le vostre figlie e le vostre sorelle”. La legge che porta il suo nome, venne approvata.
Non furono facili i rapporti con il partito socialista cui pure si era iscritta giovanissima, a 19 anni e che avrebbe lasciato dopo 55 anni di militanza, nel 1961. “I problemi nacquero – racconta Pia Locatelli – agli inizi degli anni 50 con la segreteria Morandi per la politicafrontista che aveva impresso al partito”. Nel 1961 le venne fatto sapere che il partito non intendeva ripresentare la sua candidatura nel collegio di Rovigo, dov’era stata rieletta al Senato nel 1953 e alla Camera dei deputati nel 1958, e lei reagì strappando la tessera. Nel suo discorso di commiato dichiarò che le idee sono sì importanti, ma camminano con i piedi degli uomini, e che lei non ne poteva più di “fascisti rilegittimati, analfabeti politici e servitorelli dello stalinismo”.
“Ma aveva ciò nondimeno un’idea del suo impegno politico, come un’‘onda lunga’, sapeva guardare avanti”. Tra i punti più discussi di questa sua lunga militanza per il socialismo, la libertà e il femminismo c’è sicuramente la fase legata alla battaglia per il divorzio.
“Una posizione difficile da spiegare. Ci si chiede ancora oggi perché firmò un appello contro con democristiani e comunisti. Mi dico che forse voleva in questo modo proteggere le donne, perché le statistiche di allora dicevano che la condizione economica della donna stava peggiorando. Forse temeva che nella coppia, la parte più fragile, la donna, avrebbe subito il contraccolpo più pesante dal divorzio, nell’impossibilità dell’indipendenza economica”.Comunque un’altra dimostrazione che “Lina Merlin non era una donna compiacente”. (pubblicato su Avanti il 14 -06-2017)