L’occupazione della vergogna, dove chi chiede asilo è costretto a vivere nel totale degrado. E la chiamano accoglienza
FIRENZE – Mura pericolanti, tetti ammuffiti, niente luce e riscaldamento, niente acqua calda, materassi ammassati in stanze fatiscenti, secchi per lavarsi e per lavare i vestiti. Così vivono 50 somali nell’occupazione di via Luca Giordano negli ex magazzini dell’ospedale Meyer a Firenze Tutti rifugiati, con la protezione sussidiaria, umanitaria o l’asilo politico, ma costretti a vivere in condizioni drammatiche all’interno degli ex magazzini dell’ospedale pediatrico Meyer, abbandonato da anni.
Sembra di entrare all’inferno, nel sottosuolo della disperazione, con i treni della ferrovia che passano sopra e rumoreggiano giorno e notte. I tetti sono bassi e sgretolati. C’è un corridoio adibito a sala di preghiera, i tappetini in terra dove i somali si inginocchiano in direzione La Mecca. Fatiscenti le stanze, dove i rifugiati dormono con brandine, materassi o direttamente per terra coi sacchi a pelo. Valigie e zaini ovunque, stufette elettriche per riscaldarsi, padelle e pentole arrugginite per cucinare qualcosa su fornellini improvvisati.
Molti di questi somali, a causa del freddo e dell’incredibile umidità della struttura, sono malati. Difficile reperire le medicine per curarsi. Molti sono dimagriti vari chili da quando, nel 2008, vivono qui. “Mangiamo soltanto una volta al giorno alla mensa della Caritas. La sera la mensa è chiusa e saltiamo il pasto”. Tutti ripetono la stessa cosa: “Viviamo qui come animali. Nemmeno in Somalia vivevamo così male”.
L’occupazione è stata portata avanti dal Movimento di lotta per la casa per dare un tetto ai tanti somali che, scaduti i termini per l’accoglienza nelle strutture, si sono ritrovati per strada. I somali cercano di trovare lavoro, ma per loro è una sfida quasi impossibile. “Facciamo domanda nei bar, nei ristoranti, nei centri per l’impiego, così potremmo essere autonomi e trovare una casa in affitto. Ma nessuno ci prende”.