LOVELESS Un film da vedere, su cui riflettere.
Con il suo ultimo lungometraggio, Loveless, Andrey Zvyagintsev – attore e regista russo- torna a raccontare in maniera magistrale i legami familiari, un percorso iniziato con Il ritorno, film simbolico sulla figura del padre che riappare dal “nulla” e segna indelebilmente le vite dei suoi due figli adolescenti. Loveless racconta il legame genitori figli focalizzando l’attenzione sulla coppia genitoriale nel momento in cui il rapporto sta per finire definitivamente.
Boris e Zhenya sono i nomi dei protagonisti di Loveless, la loro casa è in vendita, i nuovi partner sono già pronti per l’uso insieme a speranze di felicità e alla illusione di amare ed essere amati per sempre. Alyosha è il loro figlio dodicenne, un ingombro triste che nessuno dei due ha mai veramente amato e che ciascuno vorrebbe affibbiare all’altro nella separazione. Il regista presenta Alyosha allo spettatore con poche pennellate: l’uscita da scuola, il lancio su un albero di un nastro segnaletico che inutilmente si agiterà nell’aria, il pianto muto di disperazione mentre i genitori litigano cercando di liberarsi di lui, la colazione in presenza di Zhenya, figura di “matrigna” gelidamente indifferente alla sorte del figlio. Alyosha scompare e il film comincia a ruotare intorno a questa assenza attrattiva che, come un buco nero, diventa metafora di loveless, il vuoto affettivo di Boris e Zhenya.
Zvyagintsev mostra le loro ferite emotive mentre procede la ricerca di Alyosha grazie all’abnegazione dei volontari. Otto F. Kernberg, affrontando il tema delle Relazioni d’amore, dice che “…la comprensione delle tortuose vie attraverso le quali amore e aggressività si mescolano ed interagiscono nella vita di coppia mette in luce i meccanismi con cui l’amore può integrare e neutralizzare l’aggressività: e, in molti casi, trionfare su di essa”. Per Boris e Zhenya, non c’è però speranza di redenzione.
Intorno alla coppia, Zvyagintsev tratteggia una società russa disfatta dall’individualismo. Vediamo donne e uomini a caccia di partner, anime morte condannate ad una sessualità sterile perché non riesce a produrre amore. Alla condizione di loveless sembra fare eccezione il coordinatore che, insieme ad altri volontari, cerca Alyosha in cambio di nulla. Ma è vero amore il suo/loro o un coinvolgimento emotivo che può essere espresso soltanto perché confinato nel lavoro?
Film impietoso sull’impossibilità di amare ed essere amati, Loveless si condensa – alla fine del film- in un sguardo muto di Zhenya verso lo spettatore. Forse, la ricerca di un rispecchiamento empatico oppure lo smarrimento di una donna “replicante”.
Bellissima la fotografia di Mikhail Krichman soprattutto nelle immagini iniziali di una natura immobile e gelida. Bravi tutti i protagonisti Maryana Spivak, Aleksey Rozin, Matvey Novikov e Andris Keišs, il coordinatore.
Loveless ha vinto, tra gli altri premi, il Premio della giuria al Festival del Cinema di Cannes (2017) ed è stato selezionato tra i film russi per gli Oscar 2018.