Madre/padre: chi accoglie e chi costruisce le regole?
Quando i politici parlano di cultura, di formazione, di scuola e università, si limitano a generiche affermazioni di principio, mai si inoltrano negli ambiti dei concetti oggetto della trasmissione professorale. Mai si chiedono se non è il caso di mettere mano, per esempio, alla stereotipata formazione degli psicologi e dei pedagogisti o degli psichiatri.Un bambino su tre cresce senza padre. E’ allarme negli Usa. Seguono altri dati: il 54 per cento dei bambini afroamericani vive con la madre ,contro il 32 per cento di quelle bianche. Ma con le ispaniche saliamo a 43. Soltanto il 21% delle famiglie afroamericane sotto la soglia di povertà, ha entrambi i genitori.
L’articolo del quotidiano “La Stampa” (27 dicembre) non fornisce dati relativi all’Italia. Per esempio: in qualche percentuale in Italia i padri separati smettono di interessarsi, economicamente e affettivamente dei figli? Anche quando ci sono le possibilità economiche? L’Istat fornisce un dato relativo al 2011:{{ i nuclei monogenitoriali (al femminile) sono già il 13%.}} I giornalisti hanno un riflesso condizionato: dopo i dati di questo tipo, intervistano psicologi e pedagogisti. Non manca mai un tipo di risposta, che in questa pagina de “La Stampa”, viene fornita dalla psicologa {{Santarelli}}: “Ci sono meno padri e ce la caviamo lo stesso, ma ne abbiamo un grandissimo bisogno, anche più di prima, quando la famiglia era rigida e codificata. I due ruoli sono e devono essere diversi. Generalizzando, la madre accoglie, il padre costruisce le regole, proprio quello che ci manca.”
E’ evidente che la brava psicologa formatasi in una delle facoltà di psicologia all’italiana, ha introiettato i concetti della divisione sessuale, presunta naturale, dei ruoli. Nascere maschio o femmina, vuol dire avere iscritto negli organi sessuali le potenzialità e i conseguenti comportamenti di ruolo. Si chiama {{essenzialismo}}. Le donne sono programmate dalle “leggi di natura” a fornire accoglienza e, di conseguenza, a dimostrarsi sempre disponibili in termini di tempo e di energie mentali e fisiche. I maschi invece sono programmati a sviluppare interessi verso il potere pubblico, dunque a formulare regole, leggi e così via.
Probabilmente nel corso degli studi universitari i futuri psico e strizzacervelli, hanno ricevuto {{una cultura che si ancora ancora nel modello romano patriarcale di famiglia}}. La Chiesa di Roma a quel modello è ancora fortemente legata, come appare chiaramente nella lettera apostolica {Mulieris Dignitate} di Giovanni Paolo II: “Nell’unità dei due l’uomo e la donna sono chiamati sin dall’inizio non solo ad esistere ‘uno accanto all’altra’ oppure ‘insieme’, ma sono chiamati ad esistere reciprocamente l’uno per l’altro. L’espressione più intensa di questa reciprocità si verifica nell’incontro sponsale, nel quale l’uomo e la donna vivono un rapporto fortemente caratterizzato dalla complemetarità biologica, ma proiettato ben oltre la biologia. “
Scrive la sociologa {{Chiara Saraceno }} ({Coppie e famiglie, non è questione di natura}, Feltrinelli , 2012):”La complementarità di cui si parla qui è il primo esito, la prima tappa, della costruzione della coppia coniugale-intima. Essa è fondata è fondata su una visione dicotomica dell’essere umano. Segnato da una sola differenza insieme irriducibile e totalizzante, quella di sesso, e sul fine dell’unità.La coppia non può che essere eterosessuale. I due partner possono essere complementari, quindi diventare unità, solo perché di sesso diverso.”
Nel 2013 le donne in magistratura saranno più degli uomini: forse anche le donne hanno{{ capacità nel campo della costruzione e difesa delle leggi!}} D’altronde gli fa il verso il pedagogista intervistato, di nome {{Federico Ghiglione}} secondo il quale quando il padre si fa accogliente, è giusto definirlo {{“mammo”}} perché non “sviluppa uno stile paterno basato sulle particolarità maschili”.
Quando i politici parlano di cultura, di formazione, di scuola e università, si limitano a generiche affermazioni di principio, mai si inoltrano negli ambiti dei concetti oggetto della trasmissione professorale. Mai si chiedono se non è il caso di mettere mano, per esempio, alla stereotipata formazione degli psicologi e dei pedagogisti o degli psichiatri. A un incontro per donne incinte in un paese del Nord Italia, una psicologa ha mostrato la sua cocente delusione perché alla domanda: “ scrivete cosa vi attendete dopo la nascita del vostro bambino/a”, le risposte in maggioranza sono state di svariati timori e {{poco aperte a una totale, incondizionata disponibilità e oblatività.}} Poveretta, nella sua formazione universitaria non è mai entrato il concetto sociologico della mutazione dei costumi!
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