Mai più mutilazioni genitali femminili
L’Associazione NoDi, che da anni s’impegna in azioni concrete per il rispetto della dignità della
donna immigrata in Italia, ha affrontato il difficile tema delle mutilazioni genitali femminili
attraverso una campagna di sensibilizzazione e di prevenzione tra la popolazione migrante,
proveniente dai paesi a rischio e insediata nella Regione Lazio.“In Italia sono circa 90mila le donne immigrate che hanno subito le pratiche della mutilazione
genitale femminile (MGF), diffuse in 28 paesi africani, in Medio Oriente e nel sud est asiatico.
Inoltre esiste un alto rischio che le figlie di queste donne, bambine e adolescenti, subiscano tali
pratiche nel corso della loro permanenza in Italia o durante un periodo di vacanza nel paese
dei genitori”.
Questi i risultati presentati da Pilar Saravia, presidente dell’Associazione NoDi – I
nostri diritti – a conclusione del progetto STOP MGF, finanziato dal Dipartimento per le Pari
Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Le vittime di queste pratiche, supportate nel nome della tradizione, sono soprattutto bambine
tra i 4 e i 15 anni: l’età a rischio è soggetta ad un graduale abbassamento per evitare
eventuali resistenze da parte delle stesse bambine, che, una volta adulte, subiranno con gravi
conseguenze psicologiche sofferenze fisiche provocate da malattie, rapporti sessuali dolorosi,
infertilità, infezioni e parti pericolosi.
Il [progetto STOP MGF->http://stopmgf.altervista.org/gli_obiettivi.html], iniziato nel febbraio 2007, si è sviluppato attraverso tre fasi: formazione
degli operatori socio sanitari, curata dal San Camillo – Forlanini, ricerca del fenomeno,
realizzata dall’IRPPS-CNR, e sensibilizzazione/prevenzione delle comunità interessate, seguita
da NoDi.
In venti mesi l’associazione NoDi ha mappato i luoghi d’incontro e dei servizi utilizzati dalle
comunità a rischio sul territorio laziale, ha incontrato i mediatori culturali, ha prodotto e
distribuito materiale cartaceo sul tema.
Ha quindi realizzato incontri di sensibilizzazione e
informazione con gruppi di vittime o a rischio di MGF nelle cinque province laziali per un totale
di 800 donne. Infine ha realizzato il sito d’informazione [www.stop-mgf.org->http://stopmgf.altervista.org] che ospita
anche un forum per lo scambio di esperienze.
Se nel parlare dell’argomento la prima reazione delle donne coinvolte è la diffidenza, la parola
chiave per rompere il silenzio è quella della salute, un diritto garantito dalle leggi nazionali dei
paesi a rischio, che tendono a contrastare tali pratiche pur trovando grandi difficoltà nella loro
applicazione, soprattutto nel contesto rurale.
In Italia le MGF sono un reato punibile con il carcere ([Legge 9 gennaio 2006 n. 7->’http://www.camera.it/parlam/leggi/06007l.htm]): l’obiettivo è
quello di scoraggiare l’uso di queste pratiche nella società italiana.
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