MANTOVA – dando voce a decine di donne un riconoscimento all’eccellenza femminile. – Impegnate in un altrove poco appariscente, ma illuminante per leggere anche la storia umana
Voci di donne – Il 7 giugno, all’Archivio di Stato di Mantova, nella bellissima sagrestia che ospita conferenze, incontri, mostre, è stato presentato il volume Voci di donne, edito da Publi Paolini, alla presenza di moltissime donne, molte delle quali sono intervenute, e diversi uomini. Sono 26 le donne che si raccontano nel volume curato da Ornella Crotti, diventano 28 se si aggiungono la stessa Ornella e Irma Pagliari che scrive la postfazione. Diventano anzi 29 con Judith Butler, per il frammento riportato in calce e tratto dal libro del 2013, pubblicato da Nottetempo, A chi spetta una buona vita?
Comincerei proprio da queste parole: La mia vita è questa vita qui, nell’orizzonte spazio-temporale stabilito dal mio corpo, ma anche fuori di qui, nell’interazione con altri processi viventi di cui io non sono che una parte. Per quanto in forme minime e vitali, raccontare e ascoltare una storia sono ancora una maniera per “condurre una vita”, poiché attraverso questi atti si afferma che in qualsiasi occasione possiamo riconoscere la vita e la sofferenza dell’altro.
Come in risposta alle parole di Butler, il numero 29 si rende più ampio, perché ogni voce chiama altre voci, di donne e uomini, ma soprattutto di donne. Molte sono chiamate con il nome, altre appena evocate, altre sono immaginabili dietro le parole che alludono a complicità, collaborazione, compiti, scambi. In una occasione, con le parole di Teresa, un intero gruppo di donne dice la sua storia. Conosco solo alcune delle donne che scrivono nel libro, ma ne ho potuto riconoscere molte, amiche, maestre, qualcuna non c’è più: Nives, che ci raccontava degli incontri con Delfina, qui ricordati, Ivana…
Le autrici sono tutte mantovane di città, quasi tutte… ma il libro sa bene di raccogliere una porzione soltanto di un universo che appartiene alla città, alla sua periferia, ai suoi luoghi lontani, al mondo. Una sorta di esempio, di modello esemplare.
Ornella Crotti, nell’Introduzione, dice di voler dare riconoscimento all’eccellenza femminile, di voler sottolineare una maniera peculiare di esplorare il mondo comune. E se tutte le donne che firmano le parti di questo volume sono giunte a livelli professionali, artistici, culturali molto alti, ci sono con loro tutte quelle che non hanno avuto la stessa strada, ma sono ricche di una sapienza, meno visibile forse, ma non meno grande. C’è infatti innanzi tutto un presupposto da cui partire: il buon lavoro, la carriera, il prestigio nel contesto delle relazioni, pur importanti, aggiungono poco al privilegio di essere donna che apre a una grandezza di altro tipo.
Una grandezza che c’è da prima, che non appare, che è piuttosto un’avventura segreta, spesso posta in ombra dai problemi e dalle difficoltà, dalle visioni e dai racconti correnti sui media di giustizia negata, e che, nonostante questo, non va mai in perdita, anzi produce il bene della politica, perché non si confonde con la lotta per il potere e neppure con i proclami d’impegno per la costruzione della “società giusta”.
Questi ultimi sono modelli maschili che hanno a che fare con il loro bisogno di protagonismo. Le donne sono impegnate in un altrove poco appariscente, ma illuminante per leggere anche la storia umana. La loro eccellenza va riconosciuta per sé, non si sottopone al giudizio storico, anzi è la storia che, se vuole acquisire credibilità e valore, deve sapere riconoscere questa eccellenza.
Insomma l’eccellenza femminile si mostra, non si dimostra. Non è da tutti. L’indicibile fortuna di nascere donna, è il titolo, solo apparentemente provocatorio, di un libro di Luisa Muraro, uscito per Carocci nel 2011.
Qui, in Voci di donna, attraverso diverse forme di scrittura, c’è il racconto appassionato di storie molteplici: giudice, medico, giornalista, storica dell’arte, formatrice, studiosa, performer, volontaria in associazioni, iconografa, docente, direttrice di prestigiose istituzioni, mediatrice sociale, psicologa…
Il quadro che si compone è di grande ricchezza e in ogni racconto emergono scelte importanti, svolte, desideri, la consapevolezza piena del proprio lavoro, il coinvolgimento in prima persona, una pratica costante, declinata nelle diverse forme, di amore del mondo.
Un amore attivo che si fonda su competenze, intelligenza e immaginazione, sa interiorizzare e far propri i punti di vista altrui, è capace di vedere le possibili varianti della realtà intorno, le rispetta e sa partire proprio da lì per generare qualcosa di innovativo, talora positivamente eversivo.
Non so se sia in questo l’autorità femminile di cui molte filosofe ci hanno parlato in questi anni, penso che sia anche in questo. Nella forza politica che queste storie narrano.
Vorrei dirlo con gli esempi tratti da ciascuna, perché in ciascuna è possibile rinvenire quel tracciato di volontà, convinzione, intelligenza, abilità di mediazione che conferisce autorità e non rischia di confonderla con potere. Non posso perché sono tante, e farei torto alle altre citandone alcune, ma è facile accorgersi che l’autorità valorizza chi la riconosce, anzi costituisce uno scambio di valore, aiuta a uscire da un vortice mondano, sedicente politico, che separa e distrugge.
Allora questo libro è uno spazio comune, esemplare, come dicevo prima, un cuore in cui viviamo l’esperienza di riconoscere e ricevere autorità, insieme tutte, anche quelle che non vi hanno scritto.