Messaggi problematici per una giusta causa: ed è subito dibattito
{Donna Moderna}, il settimanale della Mondadori diretto da Patrizia Avoledo e Cipriana Dall’Orto ha promosso in occasione dell’otto marzo 2008 una campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne.
La campagna ha preso il via con un convegno tenutosi a Milano cui hanno partecipato, tra le altre, Livia Turco, Cipriana Dall’Orto, Lella Costa e Ombretta Colli ed ha fin da subito suscitato un dibattito, su cui vale la pena soffermarsi.
Se infatti l’impegno diretto di {Donna Moderna} si è fermato al convegno ed alla pubblicazione di un numero del cartaceo della rivista dedicato al tema – quello del 12/03/08 -, la raccolta delle testimonianze, il forum, il blog continuano ad essere occasione di confronto sul {{sito appositamente creato per l’iniziativa}} (http://www.noallaviolenza.donnamoderna.com/).
Oltre alla sensibilizzazione, la campagna ha infatti anche il dichiarato obiettivo di raccogliere fondi da destinare ai Centri antiviolenza, attraverso un progetto che nasce dalla collaborazione tra l’Associazione {{Pangea}} ed alcuni dei medesimi Centri{{ (Casa delle Donne Maltrattate di Milano, Centro Antiviolenza Donna Lilith di Latina, Cooperativa sociale Cerchi d’acqua di Milano ed Erinna, Centro antiviolenza di Viterbo),}} e che consiste nell’attivazione di un apposito numero, il {{48584}} cui chiamare o indirizzare sms, per ciascuno dei quali sarà destinato un euro ai Centri antiviolenza (due nel caso di chiamate da rete fissa).
Questo perlomeno all’avvio dell’iniziativa, posto che tra i quattro Centri italiani coinvolti nella raccolta fondi, la {{Casa delle donne maltrattate di Milano,}} {{dopo poche settimane prende le distanze in modo pubblico,}} denunciando in un comunicato stampa{{ l’utilizzo di immagini che rendono la donna solo vittima}}, e che propongono “la solita vetrina degli orrori”.
Le strategie di uscita dalla violenza invece, si legge nel comunicato, si fondano su “un patto simbolico stretto con le donne che prevede anonimato e segretezza”, e, precisano ancora le operatrici “una donna che è uscita dalla violenza è una donna libera, non una reduce che deve mostrare le ferite per avere attenzione ed essere aiutata”.
{{Anche il manifesto che pubblicizzava l’iniziativa, firmato da Oliviero Toscani, ha fatto discutere}}, dato che rappresenta un bambino nudo, dall’aria innocente, fotografato in piedi sopra la scritta “carnefice”, e accanto a lui una bambina, nuda, sopra la scritta “vittima”.
L’impatto tanto del manifesto di Toscani, quanto quello delle immagini scelte per rappresentare e denunciare il fenomeno della violenza subita dalle donne, è effettivamente molto forte e, come notano le operatrici della Casa di Milano, sul sito si susseguono volti di donna tumefatti, corpi offesi e pieni di lividi, sguardi di paura e sofferenza.
{{I dubbi quindi sull’opportunità di questa scelta}} sono del tutto condivisibili, anche perché il messaggio che tali rappresentazioni possono veicolare rischia di essere ambivalente.
Da un lato infatti, ci si prefigge di far uscire dal silenzio il dramma della violenza contro le donne e della sua enorme diffusione che a tutt’oggi continua ad essere trasversale e ad interessare tutte le fasce sociali, etnie, età (una donna ogni tre ne è vittima, e una ogni tre giorni viene uccisa), dall’altro si relega la donna che la subisce al mero ruolo di vittima.
E, {{quasi come se il ruolo di vittima fosse un destino}}, si utilizza l’immagine della bambina nella foto di Toscani per rappresentarlo.
Quando non è certo pensandosi e riconoscendosi vittime che le donne possono intraprendere {{qualsiasi percorso di uscita dalla violenza}}, ma lavorando sulle proprie risorse personali e sulla comprensione che l’uomo violento ha necessità di annullare nel corpo ciò che vuole annullare simbolicamente della donna.
Altra questione su cui riflettere riguarda proprio la {{costruzione di un immaginario in cui}} {{il ruolo della forza è appannaggio del maschio}} che perpetra la violenza, laddove la donna che la subisce incarna la debolezza, nel quale alcune vedono un potenziale incoraggiamento all’emulazione.
{{Molti i limiti pertanto dell’iniziativa di {Donna Moderna}, che però non devono farne trascurare del tutto l’importanza}}.
Il supporto infatti di uno strumento come un periodico, del più diffuso periodico femminile italiano in particolare, che raggiunge un numero altissimo di donne, tra loro molto diverse, incluse quelle lontane dal mondo della politica attiva o dell’associazionismo femminile, può rivelarsi di per sé molto utile ai fini della sensibilizzazione e della raccolta di risorse e consenso a vantaggio del lavoro dei Centri antiviolenza, e di conseguenza al contrasto della violenza medesima.
Anche il fatto che per l’iniziativa ci si sia valse dell’apporto di {{Pangea}} (http://www.pangeaonlus.org), l’unica fondazione in Italia che raccoglie fondi esclusivamente per i progetti di e per le donne nel mondo, appare significativo.
Va inoltre tenuto in considerazione che {{attraverso questa iniziativa a Pangea sarà consentito finanziare anche molte associazioni di donne che hanno a disposizione poche risorse economiche}}, e che quindi faticano non solo a costruire progetti per le donne maltrattate, ma altresì a sopravvivere.
Se è vero infatti che negli ultimi tempi il tema della violenza sulle donne ha assunto un livello di attenzione significativo, e se è vero pure che il raggiungimento di questo si deve principalmente alla forza ed alla determinazione delle donne, di quel cosiddetto {{“sommovimento femminista”}} che ha saputo rioccupare le piazze, come è accaduto lo scorso 24 novembre e costringere sia la politica che l’opinione pubblica a misurarsi con il tema e le cifre spaventose della violenza sulle donne, è anche vero che la strada da percorrere è ancora lunga.
Pur nel susseguirsi di dichiarazioni e di impegni da parte di politici e rappresentanti istituzionali, chi quotidianamente deve far fronte a questo fenomeno sa che ci si muove in contesti di risorse limitate, che garantire servizi e supporto alle donne maltrattate, richiede ingenti disponibilità materiali, anche per approntare quel necessario lavoro sulla formazione e la cultura del rispetto dell’altra, che solo può portare al cambiamento delle relazioni fra i generi.
Si può a nostro parere concludere che un’iniziativa come quella di {Donna Moderna}, anche se attraverso messaggi problematici e non condivisi dal mondo dei Centri antiviolenza, avrà {{una ricaduta importante nella sensibilizzazione di una larga fascia di donne,}} mentre la raccolta fondi – per quanto non se ne conosca ancora l’entità – può essere un supporto fondamentale soprattutto per quelle associazioni che non hanno alcun sostegno da parte degli Enti locali, e che invece quotidianamente devono far fronte alla richiesta di sostegno nel contrasto alla violenza contro le donne.
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