“Il Desiderio Profondo. Essere imprendibile senza negarsi” – Il libro di Adriana Sbrogiò
Desidero presentare un libro che mi è costato una gran fatica, un librettino minuscolo con una bellissima foto: c’è una donna seduta su una pietra, davanti a tante tracce di passaggi di sci sulla neve. Se ne sta quieta ai lati della pista segnata da binari di ghiaccio, paralleli e opposti. Assiste, ed è tutt’uno con quello che ha intorno. Mi è sembrata l’immagine giusta per la copertina di “Il Desiderio Profondo. Essere imprendibile senza negarsi” di Adriana Sbrogiò, una raccolta di suoi saggi che ho pubblicato in pochissime copie, al momento una trentina e lo stiamo ristampando, per Edizione dell’Autrice, il mio veicolo autoeditoriale. Poiché Edizione dell’Autrice non è in commercio, ma si diffonde per i più svariati canali, chiedo al Paese delle Donne di allegarlo al mio pezzo (tutta Edizione dell’Autrice è “Fuori mercato”, titolo del primo manifesto della testata). Penso infatti che incontrare libri importanti sia il premio di chi li cerca e che non siano le grandi tirature (ben vengano, comunque) a decretare la qualità. Farvelo avere in questo modo è, per dirla con Adriana, “allargare l’ambito del possibile”. Almeno una volta l’anno, dedico una pubblicazione ad altre, o altri, per affinità elettiva. Questa è la volta di Adriana. La mia fatica? Tanta! Ma è consistita soprattutto nel riuscire a convincerla, dopo qualche decennio di insistenze e il suo rimandare per il gran da fare nel far incontrare donne e uomini affinché imparino a parlare tra loro, convincerla a pubblicare qualcuno dei suoi saggi.
ALLARGARE L’AMBITO DEL POSSIBILE – Ho dovuto lottare non contro una resistenza caratteriale, ma contro un profondo convincimento che altro non saprei definire che filosofico: la sua convinzione – praticata – che sia necessario “farsi da parte” purché si manifesti quella che lei chiama – come dice la sua amica Graziella Borsatti, ex sindaca di Ostiglia – “autorità circolante”. Quando ho conosciuto Adriana, nel 1996, ero rimasta colpita dalla tenacia e dall’umiltà con cui sbobinava i dialoghi degli incontri, arrivando a farli rivedere a tutti e tutte nel caso desiderassero rendere più completo il proprio discorso. La conferma che Adriana fosse di qualità diversa è però venuta quando, trovandomi in un cul-de-sac relazionale, le ho chiesto come uscirne. Risposta: “Allargando l’ambito del possibile”. Il suggerimento, che è anche uno dei motivi ricorrenti del suo pensiero, era il titolo di un suo intervento durante uno dei seminari da lei ideati e realizzati con donne e uomini dell’associazione da lei presieduta, Identità e Differenza (Asolo 1998 – Stare in relazione – Un sapere che fa politica). Le sue elaborazioni funzionano nella micro dimensione di un discorso a due così come nella dimensione macro di un incontro pubblico. Quando mi raggiungono nell’empatia del discorso diretto, a me le sue sintesi fanno l’impressione di riscoperte leggi universali. Non fatevi ingannare, se la incontrate, dalla sua semplicità, dall’orizzontalità del suo sguardo.
AMORE PER LA MADRE REALE – Il primo saggio, che dà titolo al libro, espone il concetto base del suo sistema: il “Desiderio Profondo”, motore dell’essere al mondo (Dante non mi risulta tra le sue fonti, almeno non in questa vita, che ha avuto dura e combattuta, ma illuminata dall’amore per la propria madre reale). “Chiamo Desiderio profondo – spiega l’autrice – quella spinta vitale, quell’energia, quella forza che proviene dall’interiorità e che permette a ciascun essere umano, che in sé se lo riconosce, di passare da una vita che trascorre in funzione della sopravvivenza ad una vita che prende senso proprio a partire da sé, dal proprio desiderio appunto, per progettarsi nel tempo, finalizzarsi e qualificarsi”. Il Desiderio è anche motore di una politica capace di confrontarsi davvero con la controparte nella differenza senza perdere la propria identità (da qui il nome dell’associazione sopra citata): una politica che è ancora qualcosa di più – e dovrebbe/potrebbe esserne origine o presupposto – della politica delle donne: è la politica delle relazioni non strumentali, alla quale lei ha grandemente contribuito. Affinché la politica esca dai suoi binari di ghiaccio, paralleli e opposti che mai si incontrano, facendo strage nel frattempo delle risorse comuni. Ne è disceso che, nonostante le plurime offerte, l’attività di Identità e Differenza non si è mai incanalata in direzioni partitiche, pagando i prezzi connessi a questa scelta, scegliendo e autofinanziando ogni iniziativa e rischiando l’incomprensione: ecco perché ne scrivo. Voglio precisare anche la mia posizione riguardo a Identità e Differenza: ho partecipato ai laboratori sulla politica per progetti e agli incontri di Asolo e Torreglia, ma – dato l’interesse della materia – ho scelto poi di esserne solo testimone, in questo caso da giornalista, come sto facendo qui, senza rinunciare alla soggettività di scrivente, come è tradizione delle testate delle donne a cui collaboro con discontinua continuità dagli anni ‘70.
QUELLO CHE NESSUNO PUÒ TOGLIERCI – La scoperta del desiderio ultimo e primo, sottaciuto, le radici dell’albero che Adriana annaffia, non sono scontate. L’avvicinarci alla profondità desiderante è assai difficile senza conoscere molto bene se stesse, tanto a fondo da capire qual è veramente il TUO Desiderio. Una volta raggiunto, niente ci ferma: “Sono convinta – scrive tra l’altro Adriana – che, una volta riconosciuto e autolegittimato, nessuno ha il potere di togliercelo e che ciascun essere umano può avere la signoria sul proprio desiderio”. Se il femministico “partire da sé” è atto politico (e lo è), per Sbrogiò il Desiderio Profondo ne è l’incondizionato incipit: “Penso che tutti, le donne e anche gli uomini, benché i secondi siano più in difficoltà, in quanto poco avvezzi a riflettere su di sé, devono riconoscersi il proprio desiderio originale e originario, nominarlo come primo atto del partire da sé e imparare ad amarlo per realizzarlo”. Amare in primo luogo il proprio Desiderio, prima ancora che amare l’altra, l’altro. Eh! La comunicazione, il comunicare, come vedremo è uno dei gradini, se non la conditio sine qua non del suo testardo e profondo anelito amoroso (obietto io: “Ma se non hai l’hardware per leggere il software, non puoi leggere né il tuo né l’altrui desiderio…”). Chi è riuscita a tradurre bene il suo pensiero, a renderlo in forma artistica ed euristicamente comunicabile, è Donatella Franchi, artista, con “Riparare le relazioni”, installazione di pensieri ricamati (nelle foto) realizzata qualche anno fa a Spinea. “L’idea di questa installazione – spiega Donatella, coadiuvata nell’allestimento da Franca Bertagnolli – mi è venuta dalla relazione con Adriana e dal fatto che lei con grande pazienza, per moltissimi anni, ha organizzato gli incontri, prima ad Asolo poi a Torreglia, con la sua associazione Identità e Differenza, quindi con le amiche e amici di Identità e Differenza. Volevo mettere insieme la mia passione per l’arte visiva con la parola, perché ogni tanto, a questi incontri di parola, mi veniva voglia di fare qualcosa di visivo, che mettesse insieme queste passioni e Adriana che ama mettere insieme le persone ed ama cucire. Quindi ho messo insieme il suo amore per cucire, per il cucito e il suo amore per le relazioni, per creare relazioni. In certi momenti mi sembra che lei voglia cucire il mondo”.
COME LIEVITO – L’autrice de “Il desidero profondo” usa spesso la narrazione in prima persona, seppure con autorevolezza non confidenziale: la piena realizzazione della comunicazione non avviene senza mettersi in gioco, senza rischiare personalmente. Gli exempla le sono necessari, il vissuto non eliminabile, quando si è deciso di guardarlo negli occhi. Una volta convinta a cominciare a pubblicare autonomamente i suoi saggi (ma tanti altri sono nei materiali pubblicati e non, catalogati da Gabriella Cimarosto, dei quali Identità e Differenza ha fatto recentemente dono alla Biblioteca comunale di Spinea), Adriana ha scelto di accompagnarli in questa pubblicazione con una scelta di poesie discorsive, o parabole di relazione, dalle quali emerge la sua formazione originaria, cristiana. Da Ildegarda, che nelle vesti di badessa è riuscita a praticare le proprie arti, alle Nuove Beghine di oggi (contigue per frequentazione ed elaborazioni ad Adriana) il cristianesimo può riservare sorprese interessanti. Facile chiedere sacrifici agli altri, alle altre. Resta che se vuoi “Amare il prossimo tuo come te stesso” devi prima amare te stessa o te stesso. Una posizione quasi buddista, a dispetto del credo comune che il buddismo significhi eliminazione di ogni desiderio, se non che a condurre Adriana su questa strada è stata invece la più grande maestra: a rodarla è stata la sofferenza. Per questo ha voluto abbinare ai saggi le poesie coeve, esperienze di dolore distillate in ragionamenti che, rielaborate, sono confluite nei saggi. Il suo pensiero non è dissociabile dal proprio praticarsi e la narrazione in prima persona è uno dei modi di darsi di una pensatrice il cui Desiderio Profondo è “mettere l’Amore nella Storia”, grandezza che giustifica quella metodologia del “ritrarsi” per far spazio ad altre e ad altri, praticato in cinquant’anni di incontri di donne e uomini sui grandi temi della politica delle donne (lo stesso ritrarsi io uso affinché si liberi l’energia creativa, per questo capisco Adriana un po’ più di altre, ma il rischio nel cedere il posto è il non riconoscimento, peggio è quando non colgono il procedere nel suo farsi). Se glielo chiedi, se le chiedi come si autodefinisce, interrogata Adriana risponde con immodesta modestia: “Io mi sento come lievito” (“Lievito madre”, scriverà poi la Biblioteca di Spinea). Definizione che non va distribuita e tributata a chiunque solo per averla orecchiata.
CIÒ CHE È CONDIVISIBILE – Tra i saggi del libro, c’è “Imprendere la propria vita”, pubblicato nel 1989 sulla rivista “Confronto”, primo testo che ho letto di Adriana subito dopo l’illuminante “Allargare l’ambito del possibile”. In questa piccola opera filosofica Adriana rovescia e travalica l’usuale concetto di impresa, che diventa centro di un discorso tutto imperniato sulla comunicazione. Una genialata: se l’uso corretto della grammatica ci porta senza difficoltà ad un uso non sessista della lingua e cominciare a eliminare le metafore guerresche ci inizia ad un minimo di governo dei campi semantici, questo sgambetto che Adriana fa al senso comune economicista è a mio avviso l’inaspettato semantico che ne sortisce (e al quale si rinuncia abdicando alla coscienza del dire, omologando linguaggio e pensiero a contenuti desueti). Per Adriana, l’impresa è quella del comunicare e la comunicazione è reciprocità: “Sono talmente convinta della sua qualità che, dopo il primo impatto fatto di delusione e spesso anche di sofferenze lunghe e profonde, cerco di vivere il fallimento come uno stimolo per ricercare nuovi strumenti adatti e necessari perché la mia azione diventi sempre più comprensibile e mi torni indietro con la qualità desiderata. Non rimetto in discussione la mia intenzione perché non ho dubbi su ciò che voglio ottenere: sono convinta infatti che provare gioia nel vivere in pace e con gusto mediante rapporti interpersonali autentici, è un obiettivo condivisibile da tutti”.
RICONOSCERE LA MADRE – Ultimamente ho dovuto precisarle, a costo di addolorarla, che la mia stima per i suoi lavori sulla comunicazione non è dovuta solo all’affetto che provo per lei (che c’è ed è tanto) o alla femminista che è in me, ma anche alla mia competenza in materia di comunicazione in quanto studente di Paolo Fabbri e di Umberto Eco messa a dura prova da trent’anni di Ansa. Posso quindi dire con cognizione di causa che Adriana è una pensatrice che ha aperto la strada alla comunicazione e al dialogo tra donne e uomini, indirizzando decine di associazioni, direttamente o indirettamente, con il suo stare ai lati della pista. Dunque, se il valore comune è il riconoscimento della creatività femminile (la Madre), perché sento ripetere le sue parole come se fossero di nessuno o come fossero di altri o altre? Assecondando con ciò i suoi piani. Con la sua testarda volontà di Amore. Smembrata, come nei miti di Tiamat e Osiride. Il mio desiderio profondo, invece? Karma pesante: la Giustizia.
L’AUTORITÀ CIRCOLANTE E LA LIBERTÀ – “Il Desiderio profondo” non è che un assaggio di tanti materiali prodotti e diffusi negli anni da Adriana, buona parte dei quali oggi nella Biblioteca di Spinea alla portata di studiose/i e studenti. È necessaria una disamina sistematica, anche cronologica, dei suoi lavori. Stupirà rintracciare la fonte di concetti elaborati in scritti ancora precedenti che hanno preso piede nel tempo, questo è rielaborato nel 2014, ma antecedente (fine anni ’70), per uno dei Laboratori di Identità e Differenza: “Sovranità vuol dire massima apertura verso gli altri/e. Si manifesta nella capacità di mettere e fare ordine in una determinata situazione storica, pubblica e politica, nella capacità di governo, nella disponibilità e generosità. Bisogna avere la consapevolezza della propria e altrui complessità”. Con una precisazione: “ne discende che ciascuna è sovrana, in primo luogo, di se stessa e poi lo si diventa tutte attuando l’autorità circolante”. Tributa grande importanza, Adriana, al suo incontro con “L’ordine simbolico della madre” di Luisa Muraro e famose sono le loro tenzoni, non ultime sull’amore e sul senso della relazione, il contrario di prendere appunti zitte zitte. Per Adriana, “L’autorità femminile nella politica è quell’invisibile avvertito dentro di sé e intorno a noi che diventa realtà quando si esercita la Sovranità personale, non conflittuale, con le altre sovranità che la riconoscono. Si attiva, prima di tutto, per la libertà propria, delle altre e degli altri, per dare vita all’Autorità Circolante che non permette di ottenere posizione di rendita proprio perché è circolante”. Una delle condizioni per “mettere l’amore nella storia” è la libertà: “Saper distinguere le relazioni dispari, paritarie e di scambio tra tutte le sovranità, così da vedere l’autorità che circola da una sovrana all’altra, con libertà”. Penso che non le farò leggere questo pezzo: non vorrei si contraddicesse cercando di censurarmi qualche passaggio che, poiché riconosco l’origine di pensieri nutrienti per tutte e tutti, potrebbe suonare polemico. Tranquille: è sempre e soltanto eretico, cioè: questione di scelte. Buona lettura.
Qui sotto è possibile scaricare il libro di Adriana Sbrogiò