MIGRANTI – In Italia vi ricordate di quando si andava al lavoro in bicicletta, quando eravamo pover* ma dignitos* mort* di fame?
Le biciclette da lavoro testimoniano, ancora oggi, il sacrificio di tanta umanità su due ruote, tanto che a Filandari, in provincia di Vibo Valentia c’è il Museo del Legno “Riva 1920” che conserva ben ventitré biciclette da lavoro.
Veniamo all’oggi: “un 24enne ha investito a Giugliano,3 ciclisti albanesi che stavano andando al lavoro nei campi nel Napoletano ed è fuggito,è morto uno dei tre giovani albanesi che aveva 26 anni.Gli altri due lavoratori in bicicletta sono finiti in ospedale. Lui, l’italiano si ferma, ma solo per cambiare uno pneumatico dell’auto (con motore truccato). Tornato nella sua città, a Villa Literno, nel casertano, aveva portato la vettura dal suo carrozziere di fiducia chiedendogli di riparare le ammaccature e di sostituire il parabrezza rotto nell’urto.I carabinieri lo hanno identificato e hanno arrestato “il pirata” dal carrozziere dove si era recato per controllare lo stato dei lavori di riparazione del mezzo. E’ agli arresti domiciliari in attesa del processo per omicidio stradale e omissione di soccorso.””
Accade a Giugliano, nel comune non capoluogo più popoloso d’Italia, quella città che ha assunto nel tempo alcune denominazioni, come “La città della mela annurca” e “La città della Fiaba”, dove ormai non vivono più solo i locali ma anche persone di altri paesi, giunte da altri paesi, spesso per fare quello che in paese non vogliono fare i locali, stramaledettamente usati e malpagati, tutti.
E mi viene in mente Ermal Meta, cantautore, compositore e polistrumentista albanese naturalizzato italiano, nato a Fier, in Albania, che all’età di 13 anni si è trasferito con la madre, il fratello e la sorella a Bari, troncando ogni rapporto con il padre, da lui definito violento,cresciuto ascoltando musica classica (la madre è violinista professionista, primo violino dell’orchestra di Fier), ha cominciato a suonare a 16 anni pianoforte e chitarra. E’ albanese come lo era quel ragazzo che ancora non so il nome morto andando a lavorare in bicicletta, che chissà la sua famiglia quando lo saprà…”Scorre un fiume e assomiglia alla vita e la nostra sembrava in salita non è vero, era solo paura di affrontare la parte più dura”.
Per cronaca ho letto ora che questa estate, a luglio “Un uomo romeno di 45 anni a bordo di una bicicletta è stato investito e ucciso all’alba sull’Appia Vecchia a Genzano da un’auto pirata ed è morto sul colpo, stava andando a lavorare nei campi.” Non è mai stato trovato “il pirata” della strada.
Abbraccio tutte le persone che corrono, in bicicletta, che camminano, che continuano a resistere su questa terra che prova ad accoglierci tutti e ci ama, perchè l’amore è vita.