Migranti in transito, perché ROMA non riesce a fare come Milano e Parigi? Volontari e associazioni chiedono a Raggi e Giachetti di prendere posizione
DA AGENZIA REDDATORE SOCIALE – Quello che sta accadendo all’ex centro Baobab è emblematico. Nell’ultimo anno si è discusso sulla necessità di creare nella Capitale un centro per transitanti, ma sia la giunta Marino che l’amministrazione Tronca non sono riusciti a portare avanti un modello sostenibile. Volontari e associazioni chiedono a Raggi e Giachetti di prendere posizione
ROMA – L’accampamento davanti al cimitero monumentale del Verano è stato rimosso, le tende a via Cupa, invece, restano ma sotto la minaccia costante di uno sgombero (per ora solo parzialmente scongiurato). Quello che sta succedendo davanti all’ex centro Baobab da due giorni, tra forze dell’ordine che minacciano di togliere tutto e i volontari che difendono il presidio per transitanti, è l’emblema della difficoltà di affrontare a Roma il tema dell’accoglienza. Nell’ultimo anno, infatti, nella Capitale si è discusso sulla necessità di un centro per i migranti in transito, prima con la giunta di Ignazio Marino poi con l’amministrazione del commissario Francesco Paolo Tronca. Ma, ad oggi, una reale soluzione non è stata trovata. A doversene occupare sarà quindi il nuovo sindaco, che i romani sceglieranno il prossimo 19 giugno, tra Virgina Raggi (M5s) e Roberto Giachetti (Pd). Ai due candidati, in queste ore, i volontari ormai riuniti nell’associazione Baobab Experience chiedono una presa di posizione: un appello che però finora è rimasto senza risposta. In altre città, però, modelli alternativi ci sono, perché è così difficile replicarli anche a Roma?
Negli stessi giorni a Parigi, la sindaca Anne Hindalgo ha annunciato un centro di accoglienza umanitario, per far fronte all’emergenza rifugiati nelle strade della sua città. Il modello che verrà seguito è quello del campo di Grand Synthe, nel nord della Francia, che ha accolto in questi mesi circa 1500 migranti in transito, in attesa di raggiungere l’Inghilterra. “Quello che serve a Roma è un centro per migranti transitanti, in grado di garantire almeno gli standard minimi – sottolinea Alberto Barbieri, di Medu, l’associazione che offre assistenza sanitaria in via Cupa -. Ora chiederemo ai candidati sindaco al ballottaggio se hanno intenzione di fare come a Parigi dove il sindaco ha deciso di aprire un centro per migranti come principio umanitario, perché non farlo, ha detto, sarebbe omissione di soccorso”. Anche per Andrea Costa, uno dei portavoce di Baobab experience, ora più che mai serve un’alternativa: “I migranti qui sono i sopravvissuti degli ultimi naufragi di queste settimane. Sappiamo che i centri a Roma sono pieni, ci chiediamo ora dove dormiranno gli altri migranti che continuano ad arrivare nella Capitale. In questo momento non ci sono alternative. Con gli sgomberi non si va avanti. Noi – aggiunge – comunque continueremo a stare qui ed assicurare l’accoglienza”.
Ma il prossimo sindaco di Roma è pronto a raccogliere la sfida di Milano e Parigi? In una città colpita da uno scandalo come quello dell’inchiesta Mafia Capitale, un modello di accoglienza dal basso, a costo zero e portato avanti con le risorse di cittadini e associazioni è forse la migliore risposta a chi dice che accogliere è solo un business fatto sulla pelle dei migranti. Ma non è chiaro se i candidati alle amministrative sono pronti a raccogliere la sfida e lanciare un nuovo “modello Roma”. I volontari di Baobab experience e tutte le organizzazioni che aderiscono al progetto continuano a chiedere, in queste ore, a Virginia Raggi e Roberto Giachetti di prendere una posizione chiara, di dire se vogliono destinare una struttura a questo tipo di accoglienza, di indicarne le tempistiche e le modalità di realizzazione. Per ora i due candidati non hanno dato risposte precise e il progetto di un centro per transitanti non è contenuto nei loro programmi elettorali. Di sicuro dovranno trovare il modo di rispondere dopo le elezioni nei fatti, perché quello dei migranti transitanti a Roma è un problema non più rinviabile e che non può essere risolto con un’accoglienza fatta per strada. (10 giugno 2016)