Minareti e campanili: quale multiculturalismo?
Il 57% della popolazione svizzera ha raccolto l’invito della destra conservatrice che con un referendum apposito ha fatto passare il divieto alla costruzione di minareti in Svizzera. Un segnale di chiusura della società svizzera, commentano da varie parti; e probabilmente è questo il messaggio che viene dalla società svizzera che ha rifiutato contemporaneamente il referendum contro l’esportazione delle armi proposto da un cartello di associazioni, fra cui quelle di pacifiste e femministe.Il fatto avrà probabilmente un suo seguito perché le comunità mussulmane non potranno accettare che un simbolo forte come il minareto non possa essere costruito come richiamo “all’unità” della comunità sociopolitica che lo sostiene. Le stesse Chiese cristiane non potranno non sostenere questa esigenza: in fondo non continuano a chiedere fondi per costruire o ricostruire (anche con l’8 per mille allo Stato) chiese e campanili annessi?
Non è la prima volta che ci si pone davanti un segnale pesante su dove sta andando in Europa la propsettiva di un milticulturalismo culturale che non sia giustapposizione di identità forti anche religiose (magari chiuse nelle solide mura di templi) ma scambio vitale di tensioni spirituali libere di assumere e di giocare in proprio i pacchetti di valori normativi che le religioni propongono.
Sposto cioè il dibattito anche ad altri simboli: immagini nei luoghi pubblici (crocefisso si, crocefisso no). insegnamento della religione cattolica, islamica… nella scuola pubblica. Non si tratta infatti di avere una pluralità di simboli religiosi uno a fianco all’altro nello spazio pubblico a simboleggiare comunità che si costruiscono solo su un rafforzamento della tramissione della loro tradizione religiosa. Ma di avere uno spazio veramente laico in cui tutto la cultura dell’oggi, ormai giustamente segnata da contaminazioni, si rilegga e rilegga quelle tradizioni per ricavarne stimoli alla costruzione di una società che sia veramente feconda nel mescolare ciò che ogni uomo ed ogni donna può portare con sé all’altro/altra.
Religioni e cultura nel loro complesso son fortemente intrecciate: che senso ha pensare ad un insegnamento di storia delle religioni, ognuna pacchetto chiuso, al posto degli insegnamenti delle varie religioni e non invece puntare ad una scuola che sappia evidenziare e trasmettere attraverso storia, letteratura, arte, filosfia la vasstità di quegli intrecci?
Tornando ai luoghi di culto: sicuramente va garantito il diritto a manifestare il proprio credo e a trovare luoghi idonei a farlo. Sempre in luoghi separati? Ricordo che nel 1994, a Roma, in occasione del progetto del Comune “50 nuove chiese” per la città in espansione, alcune comunità cristiane di base proposero che si costruissero luoghi dove ogni comunità religiosa ma anche laica presente nel quartiere potessere trovare uno spazio idoneo al “convenire”. La comunità migrante era già una realtà.
Ovviamente nessun potere civile o religioso ha dato ascolto ad una istanza che non era poi tanto avveniristica. Le Chiese hanno continuato ad essere costruite (non so francamente se tutte e cinquanta o anche di più). Ora, nel referendum svizzero, tanti sindaci troveranno un buon appiglio per non far costruire moschee.
Lascia un commento