Ministero “dell’Istruzione e del merito”? Quando assistiamo al cambio del nome…
Quando il Ministero della Pubblica Istruzione venne cambiato in Ministero della” Pubblica Istruzione ” dal Ministro Berlinguer, la scomparsa di “pubblico” portò con sé la legge di parità, l’Autonomia Scolastica, i tagli alla Scuola statale. Fu la porta aperta alla “buona scuola ” di Renzi. La” libertà di insegnamento”, riconosciuta costituzionalmente, elemento base delle democrazie (documento dei 500), come il tentativo di far esplodere l’unità della categoria dei docenti.
Un tratto comune a tutte queste contro-riforme fu il mantra del presunto “merito”, dietro al quale si nasconde l’attacco alla libertà d’insegnamento, riconosciuta costituzionalmente, elemento base delle democrazie, e il tentativo di far esplodere l’unità della categoria dei docenti, quindi il contratto nazionale.
Dal 1999, quasi tutti i governi hanno provato a scardinare questi due elementi, compreso l’ultimo di essi.
Ora, Meloni decide di cambiare addirittura il nome del Ministero, che diventa “dell’Istruzione e del merito”. Potrebbe sembrare semplicemente ridicolo: “è come se il Presidente della Repubblica diventasse di colpo “Presidente della Repubblica e dell’equità”, oppure “Presidente della Repubblica e della prosperità”(documento dei 500).
Di quale “merito” si parla?
Nel programma di Fratelli d’Italia troviamo: potenziamento delle scuole paritarie, voucher per le famiglie da poter spendere a scelta nelle statali o nelle paritarie, riduzione di un anno della scuola superiore, apertura ai privati per la scuola statale. Poi, naturalmente e come d’abitudine nel bla bla bla di tutti i programmi di tutti i governi, c’è la “valorizzazione dei docenti con avvicinamento agli stipendi europei”. Ma ad una condizione: la formazione continua.
E qui il gioco dell’oca riparte da capo, da Berlinguer, dalla Gelmini, da Renzi, da Draghi: volete uno stipendio decente, cari insegnanti? Piegatevi alla distruzione della libertà d’insegnamento.
E sì, perché l’ “aggiornamento” di oggi non è quello delle discipline, del sapere, della libera ricerca didattica e del confronto sui metodi: è quello ministeriale, dell’indottrinamento per imporre una didattica di regime, orientata a distruggere le discipline a favore di una scuola-animazione nella quale un po’ si lavora, un po’ si fanno “esperienze”, un po’ si parla di problemi sociali e personali in modo generico e propagandistico, un po’ si seducono gli allievi, il tutto in modo naturalmente “tecnologico”.
Per fortuna, tra il dire e il fare, c’è tutto lo spazio della lotta, più attuale che mai. Prepariamoci !!!
(Siamo pronti al Manifesto dei 500…)