Modelli femminili nella politica e nei media
“Voci e sguardi di donne” così è intitolata la giornata di riflessione sulle rappresentazioni e i modelli femminili nella politica e nei media italiani che il Laboratorio di studi femministi Sguardi sulle differenze ha organizzato venerdì 21 maggio; L’incontro era patrocinato dall’Ateneo delle Scienze Umane delle Arti e dell’Ambiente dell’Università La Sapienza di Roma.Il dibattito si è articolato in due tavole rotonde alle quali sono state invitate donne di età, professioni ed esperienze di vita diverse.
La prima – “{Libertà e silenzi}” – coordinata da Fabrizia Giuliani, approfondiva i temi politici legati ai modelli di libertà femminili proposti sulla scena pubblica ed è stata arricchita dalla partecipazione di Maria Grazia Calandrone, poetessa e performer; Mariella Gramaglia, giornalista e politica; Francesca Izzo, docente di filosofia politica; Eleonora Palma, giurista e politica; Paola Piva, sindacalista e studiosa del lavoro, e Sara Seghizzi, mediatrice culturale.
La seconda tavola rotonda – “{Fotografie e caricature}” – coordinata da Maria Serena Sapegno, si centrava sull’immagine femminile proposta dai media e dall’industria dell’intrattenimento e ha visto la partecipazione di Antonella Bonauro, dottoranda in Scienze cinematografiche e animatrice del blog “Diversamente Occupate”; Loredana Cornero, Segretaria Generale Comunità Radiotelevisiva Italofona e Presidente Gruppo Donne COPEAM; Simona Filippini, fotografa; Silvia Giacomini, associazione per i diritti e le libertà “Ora d’aria”; Isabella Mezza, conduttrice del settimanale di informazione del TG3 “Punto Donna”; Patrizia Rappazzo, direttrice del festival cinematografico “Sguardi Altrove”; Flavia Rossi, studentessa, e Annamaria Tagliavini, direttrice della Biblioteca Nazionale delle donne di Bologna e parte del centro Orlando.
La discussione era stata preparata dalle riflessioni collettive sullo scambio tra sesso, potere e politica che hanno animato le riunioni degli ultimi mesi del Laboratorio Sguardi sulle differenze, sulla spinta dei recenti fatti di cronaca (dalla lettera di Veronica Lario fino alle dichiarazioni di Patrizia d’Addario); dalle riflessioni sono emerse delle domande proposte alle relatrici come punto di partenza per la discussione. Le relazioni hanno proposto elaborazioni originali, andando oltre alle denunce di rito, sulla discrepanza tra i modelli del femminile nello spettacolo televisivo e le voci e i corpi delle donne reali.
Le domande che hanno aperto la prima tavola rotonda ponevano la questione di quanto i recenti fatti di cronaca, con l’insistenza sul nodo sesso/ potere/ politica, coinvolgano le donne.
{{Francesca Izzo}} ha sottolineato come in questione non sia un semplice affare privato né il frutto di un generico degrado morale, come si dice troppo spesso: siamo piuttosto di fronte a fatti che riguardano il tema della libertà femminile, declinata secondo la formula “del mio corpo posso fare tutto quello che voglio”.
Una libertà femminile che non si conquista mai individualmente, da sole, hanno spiegato, da punti di vista diversi, Mariella Gramaglia e {{Maria Grazia Calandone}}; {{Mariella Gramaglia }} ha attribuito la perdita di alcune conquiste fondamentali del femminismo italiano alla debolezza strutturale della nostra democrazia.
_ La libertà femminile è un’ideale lontano da raggiungere, soprattutto se ci fermiamo ad analizzare la situazione delle donne migranti e delle clandestine che abitano e lavorano nel nostro paese, ha ricordato {{Sara Seghizzi}}.
{{Eleonora Palma}} ha lamentato la cronica assenza maschile dalle occasioni di dibattito sull’argomento, come se non si parlasse anche del maschile e del suo rapporto con il potere e la sessualità.
L’intervento di {{Paola Piva}} era centrato sul nesso potere-autorevolezza: il secondo termine è parte del primo ma non lo esaurisce; ragionando sui limiti del movimento femminista italiano, Piva ha affermato che
ci siamo sbagliate a volere solo l’autorevolezza e non il potere.
Nessuna delle presenti concordava con l’affermazione di {{Luisa Muraro}} che
il nostro paese è uno straordinario laboratorio della libertà femminile.
Secondo il parere di tutte è invece di fondamentale importanza acquisire visibilità e autorevolezza creando reti di collaborazione tra singole e gruppi, facendo in modo che le singole esperienze diventino modello, si connettano, facciano sistema.
Nella seconda tavola rotonda ci si chiedeva se le donne dei reality, le escort e le veline, per quanto figure caricaturali ed eccessive, abitassero in qualche angolo della dimensione più profonda delle donne italiane, se fossero un sogno inconfessabile e nascosto anche di quelle che non vogliono fare le modelle.
Il ragionamento di {{Loredana Cornero}} è iniziato con una provocazione:
quello che è cambiato con la TV è che prima la prostituzione era una scelta di cui vergognarsi, ora è diventata un valore e motivo di vanto.
{{Simona Filippini }} concordava aggiungendo che, nella sua esperienza, le donne desiderano rappresentare liberamente il proprio corpo.
_ {{Antonella Bonauro}} ha rilevato tra l’altro come le spettatrici di reality e programmi della tv spazzatura che si identifichino con lo sguardo maschile.
{{Isabella Mezza}} ha raccontato cosa significa provare a realizzare in RAI una trasmissione che parli di donne “diverse”, quelle che solitamente non trovano né voce né ascolto.
_ {{Patrizia Rappazzo}} pur confermando tale difficoltà, ha però sottolineato come le donne abbiano una marcia in più:
sanno raccontare le storie in modo diverso, dando particolare attenzione a ciò che normalmente viene tralasciato.
{{Annamaria Tagliavini}} ha
rimarcato il paradosso della coesistenza nella scena pubblica italiana “delle veline e delle velate.”
{{Flavia Rossi }} ha acceso il dibattito esprimendo le ragioni di chi fa la velina per guadagnare i soldi per studiare:
non c’è niente di male, il problema è quando fare la velina è l’unico obiettivo che si ha nella vita.
{{Silvia Giacomini}} ha raccontato della contraddittorietà delle immagini del corpo femminile a partire dalla propria esperienza professionale nelle carceri e in particolare nel rapporto con i transgender.
_ A svolgere il ruolo di raccordo tra le due tavole rotonde è stato il film documentario “{{Di questa donna e delle {altre}}”} (32′, Italia 2010).
Preparato per l’occasione da {{Sara De Simone}}, il video raccoglie una serie di interviste a donne italiane e straniere residenti in Italia – lavoratrici, artiste, rappresentanti della cultura e dello spettacolo, giovani studentesse – tutte poste di fronte alla stessa questione: la rappresentazione dell’immagine della donna nel nostro paese, in questo momento storico.
Il documentario si propone di raccontare in trenta minuti le opinioni di donne molto diverse fra loro – per contesto sociale, lavorativo, culturale – provando, per quanto possibile, a restituire un panorama vario, complesso, lontano dalle immagini cartonate che abitano quotidianamente la nostra scena pubblica.
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