indexUna vicenda che ha conosciuto nel tempo una crescente attenzione:   ricerche storiche, iniziative culturali e didattiche, mostre fotografiche, programmi televisivi.. ma mai si è posto concretamente il tema della costruzione di un luogo di memoria che ne raccontasse la storia, ricchissima di implicazioni e di respiro pienamente europeo. Ed è quello che con questa iniziativa si vuol fare.

fondazione villa emmaDopo il convegno verranno messi  a disposizione gli esiti della ricerca intrapresa , nelle intenzioni c’è la volontà  di inaugurare una stagione destinata alla progettazione del futuro luogo di memoria. Successivamente al convegno verrà pubblicato un bando di concorso che fisserà norme e criteri per i partecipanti.

Per questi motivi sono invitati architetti, studi professionali e artisti (per i quali il bando prevede precisi mandati) che dalle giornate trascorse a Nonantola potranno trovare spunti e ispirazione per dare forma al luogo di memoria che intendiamo costruire.

cop_Bacchi_Roveri-641x1024Durante il convegno viene presentato il libro appena pubblicato:  L’età del transito e del conflitto Bambini e adolescenti tra guerre e dopoguerra 1939-2015  Il volume, curato da Maria Bacchi e Nella Roveri, raccoglie saggi e interventi di: Eraldo Affinati, Guido Armellini, Maria Bacchi, Lorenzo Bertolini, Pierre-Jérôme Biscarat, Luce Bonzano, Edith Bruck, Fausto Ciuffi, Marcello Flores, Ajna Galičić, Marco Gay, Francesca Grisot, Donatella Levi, Giulia Levi, Elvira Mujčić, Iael Nidam Orvieto, Cettina Nicosiano, Guido Pisi, Clotilde Pontecorvo, Rocco Raspanti, Marco Rossi-Doria, Nella Roveri, Mirsad Tokača, Valeria Verdolini, Klaus Voigt.  Il libro inaugura una serie di pubblicazioni a cura della Fondazione Villa Emma presso l’editrice il Mulino.

Quali fili collegano le vicende dei ragazzi e delle ragazze ebree provenienti dai paesi dell’Europa centro-orientale nascosti e salvati a Villa Emma (Nonantola) tra il 1942 e il 1943 e quelle di bambin* e adolescent* che oggi arrivano sulle coste del Mediterraneo in fuga da guerre e povertà? Che ruolo hanno avuto e possono avere le comunità che accolgono, le relazioni educative, gli incontri con i coetanei, nella possibilità di riparare i traumi subiti e di darsi un futuro? Come e quando i memoriali che ricordano storie di bambini e adolescenti nelle guerre e nei genocidi, anche recenti, aprono la strada a un presente che garantisca diritti e prospettive a chi è ancora minorenne?

Questo libro raccoglie, inquadrandole dal punto di vista storico, antropologico e giuridico, voci di chi ha vissuto l’infanzia durante la Shoah, le guerre di disgregazione della Jugoslavia, le partenze dall’Afghanistan dei talebani, le pericolose rotte delle fughe dall’Africa attraverso il Mediterraneo. I temi del trauma, della violenza subita, del complesso rapporto con la parola e con la narrazione s’intrecciano con i problemi legati a un modo di accogliere e di educare che possibilmente faccia leva sulla valorizzazione della soggettività, nonché sulla capacità di resistenza che ragazzi e ragazze possono ricavare da un gruppo forte di coetanei: il «collettivo», come lo chiamavano a Villa Emma.

Programma dei lavori

VENERDÌ 17 GIUGNO
15.30 saluti Federica Nannetti, Sindaco di Nonantola – Massimo Mezzetti, Assessore alla Cultura Regione Emilia-Romagna Giuseppe Boschini, Assemblea Legislativa Regione Emilia-Romagna
introduzione Questo convegno e il cammino svolto fino a oggi Fausto Ciuffi, Fondazione Villa Emma
16.30 – 19.00 prima sessione coordina: Alberto Cavaglion, Fondazione Villa Emma Ragazzi ebrei a Villa Emma: viaggi, transiti, crocevia tra più nazioni Maria Laura Marescalchi, Ricercatrice – Europa, Italia, Nonantola: persecuzione, internamento, deportazione (tempi e luoghi) Costantino Di Sante, Ricercatore – Ragazze e ragazzi nel secondo
conflitto mondiale: quali coordinate storiche per la costruzione di un memoriale? ne discutono Maria Bacchi, Fondazione Villa Emma, Bruno Maida, Università di Torino.
21.00 incontro serale coordina: Mostafa El Ayoubi,Fondazione Villa Emma –  Le strade per Villa Emma: altre migrazioni, altri incontri. Quale solidarietà? ne discutono Anna Brambilla, Associazione studi giuridici sull’immigrazione
Franco Lorenzoni, Casa Laboratorio di Cenci, Amelia (Tr) Luigi Monti, Associazione Giunchiglia-11, Modena.
Presentazione del libro L’età del transito e del conflitto. Bambini e adolescenti tra guerre e dopoguerra a cura di Maria Bacchi e Nella Roveri Il Mulino, Bologna 2016
SABATO 18 GIUGNO
9.30 – 13.00 seconda sessione: Klaus Voigt, Fondazione Villa Emma Un dispositivo di memoria: luoghi, testimoni, documenti Guido Pisi, Ricercatore – Un luogo a questa storia: strutture, itinerari, centro di interpretazione Daniele Jalla, Presidente Icom Italia.
discussione plenaria 15.30 – 19.00 terza sessione coordina: Fabio Levi, Università di Torino – Nascondersi e fuggire:ragazzi ebrei nel secondo conflitto mondiale Nicholas Stargardt, Magdalen College Oxford University –  Un paese solidale e le storie di sangue risparmiato Anna Bravo, già Università di Torino – Un memoriale per una storia del bene: un ossimoro? Stefano Levi Della Torre, Politecnico di Milano –  Visitare i luoghi del passato e del presente ne discutono
Carlo Greppi, Ricercatore, Guri Schwarz, Università di Pisa
DOMENICA 19 GIUGNO

9.30 – 13.00 quarta sessione coordina: Micaela Procaccia, Fondazione Villa Emma – La figura del Giusto tra vittime e carnefici: una lettura a partire dal racconto del cinema israeliano Asher Salah, Hebrew University of Jerusalem –
Il paesaggio memoriale dell’Emilia-Romagna Elena Pirazzoli, Fondazione Villa Emma – Musei e memoriali esemplari
Adachiara Zevi, Architetto e storica dell’arte –  Linee-guida del bando di concorso internazionale Carla Di Francesco, Ministero dei Beni Culturali
Conclusioni Stefano Vaccari, Presidente Fondazione Villa Emma

 

foto-di-gruppoQUESTA LA STORIA DI QUELLE RAGAZZE E QUIEI RAGAZZI  che Il pomeriggio del 17 luglio 1942 arrivarono  alla stazione di Nonantola. Quaranta  giovanissim* esul* ebre*, provenienti da Germania e Austria, insieme a nove adulti.

Diretti in Palestina, sono rimasti bloccati a Zagabria dall’invasione tedesca del 6 aprile 1941. Da lì, sotto la guida di Josef Indig e con un’autorizzazione straordinaria del Ministero dell’Interno italiano, sono passati in Slovenia. Raggiunti dai combattimenti a Lesno Brdo, dove hanno soggiornato per un anno, sono costretti a un ulteriore trasferimento.

È allora che la Delasem (Delegazione Assistenza Emigranti Ebrei) individua a Nonantola Villa Emma, da tempo disabitata, come luogo ideale dove ospitare i ragazzi.

Il 10 aprile 1943, si uniscono al gruppo altri trentatré ragazzi fuggiti dalla Bosnia e dalla Croazia. Arrivano da Spalato accompagnati da Jakov Maestro, anche loro con un’autorizzazione ufficiale. Sono in media più piccoli di quelli che già si trovano a Villa Emma. Ciò, insieme alla differenza linguistica, rende un po’ complicata la relazione tra i due gruppi.

L’approvvigionamento di un gruppo così numeroso in tempi di razionamento alimentare è molto difficile e oneroso. Il mercato nero è inevitabile, e per fortuna ci si ritrova in un contesto agricolo. Benché gli accompagnatori siano abili nel procurare generi di prima necessità, i ragazzi a volte soffrono la fame.

I ragazzi ebrei arrivati a Nonantola si trovano in un universo contadino molto distante per mentalità e condizioni materiali dai loro luoghi di provenienza. Nonantola è un paese della campagna modenese che nel 1942 conta 10.746 abitanti, molti dei quali residenti nelle frazioni limitrofe. L’agricoltura è la principale risorsa economica e assorbe circa l’80% della popolazione attiva; i professionisti, compresi maestri elementari e sacerdoti, non sono più di una trentina.

A guardarli da vicino, i ragazzi di Villa Emma appaiono distribuiti per età e per sesso (34 femmine e 39 maschi) lungo una gamma davvero varia: tredici bambini e bambine tra i 6 e i 12 anni, quarantadue adolescenti tra i 13 e i 17 anni, diciotto giovani tra i 18 e i 21 anni.

Scartata l’idea di mandarli alla scuola ebraica di Modena, verso la metà di ottobre del ‘42 si organizzano, presso la Villa, quattro classi per diverse fasce d’età. Vi si insegnano musica, letteratura, storia, filosofia, antropologia, giudaismo, sionismo ed ebraico moderno; in più si studia l’italiano. Viene inoltre istituito l’obbligo di tenere un registro di classe; la partecipazione alle lezioni è obbligatoria, mentre gli esami sono facoltativi.

A sostegno delle attività scolastiche, i ragazzi possono contare su una fornita biblioteca, il cui nucleo centrale è costituito da libri provenienti da Lesno Brdo, cui se ne aggiungono molti altri procurati dalla Delasem, quasi tutti in lingua tedesca. Vi sono anche spartiti per pianoforte e canto, dischi e un grammofono. A fianco dei corsi scolastici, l’addestramento ai lavori agricoli e artigianali, in cui sono coinvolti contadini e persone di Nonantola.

Presto però si crea un contrasto nell’organizzazione delle attività culturali: il direttore Umberto Jacchía, nominato dalla Delasem, vorrebbe dare più spazio alle tradizioni ebraiche e alla letteratura italiana. Indig, giovane attivista sionista di tendenze laiche e socialiste, non è d’accordo: “È una farsa, se si considera che questo gruppo di ragazzi è capitato per caso nell’Italia fascista e dovrebbe invece essere preparato alla sua futura vita in Palestina!” (J. Indig).

Qualsiasi discussione con Jacchía risulta però inutile. Gli ebrei italiani presenti a Villa Emma, dove la Delasem sposta anche il suo magazzino, hanno paura. Ma da quando per ogni uscita diventa necessaria un’autorizzazione scritta del direttore, soprattutto per i più grandi è uno spasso andare “clandestinamente” in paese e tornare con la sensazione di aver vinto una sfida.

Nei primi tempi si registrano anche altri motivi di disorientamento, che agiscono sia sulla sensibilità dei ragazzi, sia sulla società statica e chiusa dei nonantolani: gli uni e gli altri si trovano di fronte a persone che non rientrano nel loro immaginario. Ci sono differenze di lingua, di stili di vita, di mentalità. Questi ragazzi che vengono da lontano, che parlano lingue diverse e imparano in fretta l’italiano sono dunque oggetto della curiosità dei locali, perché appartengono a mondi sconosciuti e non rientrano nei loro abituali parametri di giudizio, fatto che però non contrasterà le dinamiche positive dell’accoglienza.

L’impressione che Indig matura è che a Nonantola pochi aderiscano al fascismo e che quei pochi lo facciano “per ragioni più o meno pratiche” (J. Indig), tanto più che il regime, in zona, ha di fatto assunto il volto burocratico e piccolo borghese dell’avvocato Carlo Zanni, podestà dal 1930 al 1943.

Fino all’estate del 1943, ai ragazzi di Villa Emma la guerra sembra lontana. Il 25 luglio, a Nonantola, come in altri luoghi, si festeggia la caduta di Mussolini, nonostante il Maresciallo Badoglio, nuovo capo del governo, dichiari: “La guerra continua”.

Come misura precauzionale, nel mese di agosto, i responsabili di Villa Emma provvedono a richiedere in municipio nuove carte di identità, che vengono rilasciate senza l’annotazione “appartenente alla razza ebraica”.

Tutto cambia l’8 settembre, all’annuncio dell’armistizio con gli angloamericani. I responsabili del gruppo chiedono immediatamente aiuto a Giuseppe Moreali, medico condotto del paese, che nei mesi precedenti aveva intrecciato significativi rapporti con la comunità di Villa Emma. Capiscono che la situazione sta diventando pericolosa e occorre procurare nascondigli ai ragazzi, poiché la residenza non offre più un rifugio sicuro.

Il medico pensa che la soluzione migliore sia rivolgersi a don Arrigo Beccari, economo del seminario adiacente all’abbazia: con il consenso del rettore, mons. Ottaviano Pelati, ospiterà per alcune notti un numero consistente di ragazzi nelle stanze dei seminaristi.

Quando, la mattina del 9 settembre, le truppe tedesche entrano a Nonantola, Villa Emma viene dunque abbandonata. La maggior parte del gruppo si nasconde nel seminario; gli altri sono ospitati da numerose famiglie del luogo.

I ragazzie le ragazze, però, non possono rimanere a lungo nascosti a Nonantola: la possibilità di un rastrellamento nazista è sempre più concreta. Hanno nuove carte d’identità, che permetteranno loro di passare indenni i controlli della Feldgendarmerie tedesca e della polizia italiana. Tramontata rapidamente l’idea iniziale di portare il gruppo a sud, incontro agli Alleati (dove solo alcuni tra i ragazzi più grandi si dirigono), l’unica alternativa rimane la Svizzera.

Dopo i primi tentativi finiti col respingimento alla frontiera, i nostri riescono a mettersi in contatto con le organizzazioni ebraiche presenti in territorio elvetico, che intercedono presso le autorità.

Lasciano così Nonantola divisi in tre gruppi, tra il 6 e il 16 ottobre 1943, e raggiungono in modo avventuroso la Svizzera, dove troveranno finalmente asilo. Dopo un periodo trascorso in vari campi di raccolta, il gruppo si ricostituisce a Villa des Bains, presso Bex. Finita la guerra, partiranno quasi tutti alla volta della Palestina, che raggiungeranno via nave da Barcellona, il 29 maggio 1945.

Tutti salvi, eccetto Salomon Papo e Gofferdo Pacifici. Il primo, quindicenne, giunge a Nonantola con il gruppo di Spalato; malato di tubercolosi, viene presto ricoverato nel sanatorio di Gaiato di Pavullo: non può quindi seguire gli altri in Svizzera. Arrestato nel marzo 1944, il suo nome compare nella lista di deportati da Fossoli ad Auschwitz con il convoglio del 5 aprile 1944. Il secondo, funzionario della Delasem, aveva soggiornato a Villa Emma e seguito il gruppo nella fuga verso la Svizzera. Sulla frontiera decide però di fermarsi, per aiutare altri ebrei a passare dall’altra parte. Verrà arrestato con suo fratello da militi fascisti e deportato ad Auschwitz.

Per informazioni più dettagliate sul convegno www.villa emma.org