MOLESTIE SESSUALI IN TV E LA RETORICA DELLO ‘SCHERZO’
Siamo una società schizofrenica e ipocrita, che bandisce dalla sua vetrina principale il porno e il sesso esplicito, ma poi si sganascia dalle risate di fronte a delle pesanti molestie sessuali spacciate per “scherzo”, come accaduto nella puntata di Amici di sabato scorso. La categoria dello “scherzo” è pericolosissima, perché è il più banale ma anche più efficace degli argomenti che i violenti, i bulli, gli aggressori – di tutti i generi e verso tutti i tipi di vittime – usano per giustificarsi. Il bullo che se la prende con il disabile, l’uomo che molesta una donna, tutti la buttano sul ridere: “non te la prendere, era uno scherzo”, “non hai senso dell’ironia”, il che ovviamente per le donne si traduce immediatamente in “scopa che ti passa” e analoghe spiritosaggini. Ovviamente è sempre il “carnefice” a stabilire i criteri di questo umorismo, e infatti anche il razzista che racconta barzellette sui neri pensa di essere spiritosissimo. Il fatto che talvolta la vittima rida davvero non fa che rafforzare la relazione di asimmetria fra vittima e carnefice: non ridere, non “stare al gioco”, equivarrebbe a una espulsione dal gruppo, esporrebbe probabilmente la vittima a una peggiore ritorsione.
Noi donne questa “retorica dello scherzo” la conosciamo fin troppo bene. O meglio, la viviamo costantemente ma facciamo spesso fatica a metterla a tema e dunque a riconoscerla, e spesso ne siamo complici. A chi di noi non è capitato di fare buon viso a cattivo gioco di fronte a battute presuntamente “spiritose”? Non stare al gioco non è facile: da un lato implica innanzitutto la capacità di riconoscere la dinamica violenta e asimmetrica che si cela dietro il presunto umorismo e, in secondo luogo, comporta assumersi la responsabilità come minimo di “rovinare l’atmosfera”, di interrompere le fragorose risate e raggelare gli interlocutori. Cosa che non sempre e non tutte hanno la voglia e la forza di fare.
Uno degli argomenti ricorrenti nelle conversazioni fra genitori è la paura che i figli si imbattano in contenuti porno navigando in rete. Come se il problema fosse il cosa e non le condizioni di più o meno autonomia e libertà delle persone coinvolte. Una esplicita scena di sesso fra adulti consenzienti in prima serata su Raiuno non sarebbe affatto oscena, ma anzi forse auspicabile, in un paese in cui i ragazzi sono ‘costretti’ ad andare a cercare sul web quello che non trovano, per esempio, a scuola. L’oscenità dello “scherzo” a Emma non sta affatto nell’alludere a atti e desideri sessuali, ma nel farlo contro la volontà dell’interessata, nello sdoganare e nel normalizzare, buttandola sul ridere, le molestie. Il sesso è innanzitutto relazione fra persone, ed è l’autodeterminazione e la libertà dei soggetti coinvolti a definirne la natura. Pare banale, ma evidentemente non lo è: è sul consenso che passa il discrimine fra sesso e stupro.