Mortalità e morbosità materna in Italia: stato dell’arte e prospettive di miglioramento della rilevazione
A Roma, presso l’Istituto Superiore di Sanità, lo scorso 25 maggio, un Convegno ha reso pubblici i risultati di una ricerca sulla mortalità e morbosità materna condotta dalla dott.ssa Serena Donati, dalla dott.ssa Sabrina Senatore del Centro Nazionale di Epidemiologia dell’ISS e dal Gruppo di lavoro ”Mortalità materna ISS-regioni”.La folta e partecipe presenza di operatori del settore ha evidenziato l’interesse su un argomento che purtroppo viene considerato, a livello di mass media e quindi di opinione pubblica, solo nel caso di morti che acquistano rilevanza giudiziaria, che invece “rappresenta un evento drammatico ed un indicatore cruciale, benché complesso delle condizioni generali di salute e di sviluppo di un paese”.
In quanto a salute e sviluppo in Italia dovremmo stare tranquilli infatti, secondo una ricerca pubblicata da {{ {Lancet} }} il 14 aprile, il sistema sanitario italiano garantisce il “parto sicuro” poiché, sempre per Lancet, le donne che muoiono durante un parto (o entro i 42 giorni successivi) sono poco meno di 4 per ogni 100 mila nati vivi.
Un dato sicuramente molto lontano dalla media globale (influenzata dalle tendenze negative dei Paesi in via di Sviluppo), cioè 251 decessi, ma anche dalle cifre di Paesi altamente avanzati come gli Stati Uniti, il Canada o la Gran Bretagna, ma c’è la sottostima del rapporto di mortalità materna (numero di morti materne ogni 100.000 nati vivi) sia in Italia che in altri paesi occidentali.
E il lavoro presentato dalla Dott.ssa Donati affronta proprio questo problema a partire dallo studio realizzato con la collaborazione di sei regioni (Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Lazio,Campania, e Sicilia), in cui la sottostima risulta pari al 75% rispetto al dato nazionale fornito dall’ISTAT, dedotto dal flusso informativo dei certificati di morte (3 casi di morte ogni 100.000 nati vivi), mentre bisognerebbe analizzarne le cause mettendo in rapporto i dati dei certificati di morte con quelli delle schede di dimissione ospedaliera.
” La sottostima – per la dott.ssa Donati- non dipende da un’errata rilevazione da parte dell’ISTAT, ma dal fatto che i certificati di morte non sono in grado di rilevare il fenomeno in maniera appropriata. Ciò è dovuto alla complessità della definizione di morte materna che comprende non solo il decesso di una donna durante la gravidanza ma anche quello entro 42 giorni dal suo termine.”
Le regioni coinvolte nello studio comprendono il 48% delle donne italiane in età feconda.
_ In Toscana risultano i valori più bassi(8 morti per 100.000 nati vivi), i più elevati nel Lazio(13 morti per 100.000 nati vivi) e in Sicilia (22 morti per 100.000 nati vivi).
_ I maggiori fattori di rischio sono: l’età della donna, il parto cesareo, essere immigrate,avere un basso livello di istruzione. Le principali cause di morte sono emorragie, trombo embolie, ipertensione.
Quindi, conclude la dott.ssa Donati ”Occorre attrezzarsi con un metodo di sorveglianza attiva, per rilevare prospetticamente tutti i nuovi casi di morte materna ed esaminali attraverso indagini confidenziali. Solo l’analisi delle cause e appropriati percorsi di audit clinico tra i professionisti possono consentire lo studio dei fattori di rischio e la prevenzione dei casi evitabili grazie al miglioramento della pratica clinica.”
Gli operatori delle regioni presenti in sala si dichiarano disponibili a proseguire il lavoro e a proporlo a livello nazionale.
_ Occorrono finanziamenti, non tali da essere impossibili anche in tempo di crisi, ma il dott.re Giovanni Ascone, del Ministero della salute, direttore dell’ uff. X per la salute della donna e dell’età evolutiva, dichiara immediatamente che un lavoro così prezioso deve certamente spalmarsi a livello nazionale ma senza nuovi finanziamenti, lavorando con quanto le regioni possono fornire…..
Breve {{intervista alla Dott.ssa Donati}} circa alcuni argomenti emersi durante il dibattito.
{{Quali sono in Italia, rispetto all’Europa e soprattutto rispetto all’Inghilterra, gli ostacoli maggiori alla definizione delle cause della mortalità materna? Si è parlato di SDO (scheda dimissione ospedaliera), di blocco medico legale, di disseminazione efficace … }}
Questo studio ha permesso di analizzare retrospettivamente non solo l’incidenza, ma anche le cause associate alle morti materne attraverso un linkare tra le schede di morte e le schede di dimissione ospedaliera delle donne decedute. Tuttavia per comprendere a fondo i determinanti delle morte materne e promuovere la prevenzione di quelle evitabili occorre istituire un sistema di sorveglianza. Solo questo permetterà di analizzare a fondo i nuovi casi mediante indagini strettamente confidenziali che forniranno informazioni relative alla qualità dell’assistenza in grado di promuovere la prevenzione dei casi evitabili che, nei paesi europei che hanno già provveduto ad attrezzarsi con un sistema di sorveglianza, sono stimati pari al 50% circa delle morti delle donne che affrontano una gravidanza.
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Sono possibili alcune riflessioni circa la questione finanziamenti?}}
Questo progetto è stato finanziato dal Ministero della Salute e speriamo di poter ricevere un nuovo finanziamento per attivare un sistema di sorveglianza pilota nelle 6 regioni coinvolte in modo da validare il modello per poi allargarlo all’intero contesto nazionale. Al momento siamo ancora alla ricerca di un finanziamento e considerata l’importanza di salute pubblica dell’argomento anche in considerazione dell’elevata quota di evitabilità dell’evento e la necessità di correggere l’importante sottostima (da 2 a 7 volte il dato ISTAT) confidiamo che le istituzioni competenti possano sostenere l’iniziativa nonostante l’attuale riduzione di risorse destinate alla ricerca.
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