Nei pressi di via della Bontà
A Via della Bontà, a Viterbo, è accaduto, in questi primi di maggio, un episodio di ordinaria
violenza e di coraggio non ordinario. Accade che un uomo di 37 anni, padre di un
bimbo di 3 anni e marito di una giovane signora, rientrato in Italia da poco tempo,
picchia selvaggiamente la moglie, le sottrae soldi, documenti e chiavi di casa e la
tiene sotto sequestro.La signora però, riesce ad accompagnare il marito per delle
commissioni presso un’agenzia di viaggi e in una breve tappa ad un bar , attira
l’attenzione della cassiera le mostra i segni inequivocabili delle percosse e lascia
l’indirizzo: Via della bontà a Viterbo.
_ Una volante non si è fatta attendere e di lì
a poco è arrivata nella casa prigione, in tempo per appurare gli evidenti segni
delle percosse e delle violenze subite e rinchiudere in una prigione vera, quella di
Mammagialla, il signore in questione.
Il fatto che entrambi i protagonisti siano romeni, mi sembra del tutto secondario.
Di buono in questa storia “locale” c’è poco oltre il nome della via.
_ Rimane {{la forza della denuncia}}, la volontà di questa donna nello scegliere la
faticosa solitudine con il suo bambino che aveva affrontata da tempo, libera, a Via
della Bontà, di vivere. Tuttavia, e sopratutto il fatto, fa pensare come donna e
cittadina non solo di questo paese ma in termini internazionali, all’indomani
dell’ennesima poltrona di sindaco, occupata dalla destra conservatrice a Londra,
come la nostra di Roma.
Alla signora romena che ha trovato il coraggio di denunciare e affrancarsi dalla
violenza domestica, {{non corrisponde un’efficiente servizio di sicurezza}} e protezione
sceriffale, non corrisponde nemmeno l’inefficienza dell’amministrazione della
sinistra che delega al volontariato laico e religioso sopratutto il durante e dopo
violenza sulle donne.
Il tema dei {{diritti della donna e della donna immigrata}}
comporta oltre alle valenze psico sessuali, altre di natura politica vastissime.
_ Il
terrore con cui vivono le donne la violenza della segregazione in casa, con
l’aggiunta per molte straniere di vedersi tolti i documenti necessari per
vivere liberamente nel paese d’accoglienza, la paura di non sapere come vivere
magari anche con i figli la propria esistenza al di fuori del padre padrone che
porta a casa soldi e botte, ha portato dunque le {{donne italiane, vittime della paura}}
reale o immigrata anch’essa, a votare chi ha dato loro più garanzia.
Si arriva così
ad aver eletto deputata, {{Souad Sbai}}, direttrice del mensile in lingua araba
al-Maghrebiya e presidente dell’associazione delle Donne marocchine in Italia
(Acmid-Donna), nel Popolo delle libertà.
_ Era candidata in Puglia, e già aveva dato avvio al {{call center “Mai più sola”}} dove le donne che subiscono maltrattamenti
e violenze dentro e fuori le mura domestiche possono contattare il numero verde
800.911.753 e ricevere assistenza in arabo, francese e in italiano.
Non solamente, la
stessa Souad Sbai in merito alla {{proposta di far indossare alle donne un
braccialetto antistupro avanzata dal candidato sindaco per il Pd Francesco Rutelli}}, aveva
replicato: “Sono indignata per le parole di Rutelli, che con la trovata del
collarino tratta le donne alla stregua di animali”.
Ritornando alla cronaca della
signora romena che ha trovato il coraggio di uscire di casa con il marito e con uno
stratagemma velocissimo di segnalare la sua richiesta di aiuto ad una cassiera di
bar, penso a tutti i casi non dichiarati e riposti tra mura domestiche.
_ La signora Sbai, ha fatto notare che il Pd non aveva presentato nelle sue liste
neanche un immigrato, figurarsi poi donna.
Ripenso ad agosto del 2006, a {{Hina, la ragazza pakistana uccisa dal padre a Brescia}},
ripenso all’agosto del 2006 quando mi piovve il caso di una ragazza viterbese,
vittima di violenze familiari da quando aveva 17 anni e cercai insieme ad un’altra
amica del mio paese un aiuto con l’unica associazione riconosciuta sul territorio,
{{Erinna, Associazione antiviolenza per le donne}}, che vide nel 2005 l’assegnazione di
una sede dopo dieci anni di attività, che si fonda sull’aiuto volontario di poche
che rispondono in alcuni giorni della settimana senza poter garantire alcuna reale
protezione se non ascolto e attenzione e cura nel coinvolgimento di figure
professionali nell’ambito psico-giuridico per mancanza di fondi.
Ripenso al disegno di legge a firma Pollastrini-Bindi-Mastella: “[Misure di
sensibilizzazione e repressione dei delitti contro la famiglia, per l’orientamento
sessuale, l’identità di genere ed ogni altra causa di discriminazione->http://www.senato.it/leg/15/BGT/Schede/Ddliter/27549.htm]” , che non so
quale fine abbia fatto.
Ripenso ai primi di maggio dell’anno passato, quando con “gioia” vennero raccolti
ottocento euro per il centro antiviolenza sulle donne gestito dall’associazione
Erinna, il primo ed unico nel suo genere nella Tuscia, ad una vendita di beneficenza
durante la manifestazione ‘San Pellegrino in Fiore’, grazie alla collaborazione tra
l’allora assessore ai Servizi sociali della provincia di Viterbo, Giuseppe
Picchiarelli di Rifondazione comunista e la consigliera di Parità, Daniela
Bizzarri,dell’area Pd.
San Pellegrino in Fiore oggi mostra tutta la sua meravigliosa immagine a Viterbo, in
questa prima domenica di maggio e l’unico “fiore” reale, mi è sembrato il coraggio
di questa romena che non avrà mai gli onori di nessuna cronaca da prima pagina, nè
nera nè rosa.
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