E’ lungo circa 20 metri il nuovo murale realizzato da Banksy insieme a l’artista Borf ed è apparso nel cuore di Manhattan a New York. Il famoso e misterioso street artist ha dedicato l’opera all’artista e giornalista turca, di origine curda, Zehra Dogan, che nel marzo 2016 è stata condannata a quasi tre anni di carcere per aver raffigurato una città in macerie sulla quale sventolavano bandiere turche. L’opera di Dogan era esplicitamente una denuncia nei confronti del regime di Erdogan e, in particolare, faceva riferimento alla violenza perpetrata dal governo turco nella regione di Nusaybin, perlopiù abitata da Curdi.
Una volta arrestata l’artista è stata condannata e le mancano ancora 18 mesi da scontare.
Nel murale Banksy ha rappresentato una serie dilinee nere oblique, che rappresentano le sbarre di una cella, dietro le quali si vede il volto dell’artista curda.
Come di consueto ha poi pubblicato una foto sui social accompagnandolo alla scritta “Free Zehra Dogan”. Lo street artist ha inoltre dichiarato al New York Times: “mi dispiace molto per lei. Ho disegnato cose che avrebbero meritato molto di più una condanna”.

il Governo turco ha svuotato le prigioni dai delinquenti per mettere gli oppositori. Ma i media italiani a queto problema dnno poca rilevanza. Nel proporvi di puntare i riflettori, come ho fatto sul mio Bog La bottega del Barbieri, 

voglio ricordare che questo terribile silenzio è stato rotto da Roberta Zunini – su “Il fatto quotidiano” del 29 luglio, unico articolo apparso su un quotidiano italiano – non era mai capitato che qualcuna/o finisse in cella con l’accusa di essere del PKK a causa dei propri DIPINTI… Ovviamente i quadri e i fumetti sono un pretesto e il terrorismo un’invenzione del regime turco: sarebbe stato meno furbo accusarla apertamente di aver denunciato gli abusi contro le donne, sia turche che curde, in un Paese con un triste record di femminicidi. Qui in “bottega” ci eravamo chiesti, a fine luglio, se si poteva “sfruttare” giornalisticamente il paradosso dell’arresto “con reato di pittura” per parlare di Zehra e di tutte le altre, di tutti gli altri sotto la feroce repressione di Erdogan. Speravamo che qualche giornalista prima o poi sollevasse il caso anche in Italia. FINORA TUTTO TACE. Così qui in Bottega abbiamo iniziato  a tradurre qualche materiale non italiano ma anche a sollecitarvi: cioè a chiedervi di far circolare questa storia e/o a promuovere iniziative solidali, magari che gruppi di artisti si sentano chiamati in causa da un arresto per “arte terrorista”. Sempre sperando che – MEGLIO PRIMA CHE POI – qualcuno che lavora nei massmedia italiani racconti questa vicenda al “grande pubblico”.

Zehra Dogan

Zehra Dogan, giornalista e artista è stata incarcerata per il suo lavoro di informazione e denuncia sul regime oppressivo turco. Zehra Dogan,  scrivendo e dipingendo,ha riportato la realtà di città assediate come Cizre,  Derik, Dargetic e Nusaybin, ritraendo la devastazione portata dai conflitti, la disperazione di mamme che cercano di recuperare i figli minori e le urla delle donne.
Zehra, dopo essere stata arrestata proprio nella città di Nusaybin, in attesa di essere processata per aver mostrato al mondo la realtà dei fatti, ha diffuso una lettera attraverso la quale traspare tutto il coraggio di chi non si piega alle discriminazioni e alle violenze subite da tutta la vita, esprimendo la ferma volontà di continuare la lotta anche dall’interno di uno dei simboli dell’oppressione.

Ho sempre cercato di esistere attraverso i miei dipinti, le mie notizie, e la mia lotta come una donna. Ora, anche se sono intrappolata tra le quattro mura, io continuo a pensare che ho fatto assolutamente il mio dovere in pieno. In questo paese, buio come la notte, dove tutti i nostri diritti sono stati incrociati con sangue rosso, sapevo che stavo per essere imprigionata.
Voglio ripetere l’insegnamento di Picasso: pensi davvero che un pittore è semplicemente una persona che usa il suo pennello per dipingere insetti e fiori? Nessun artista volta le spalle alla società; un pittore deve usare il suo pennello come arma contro gli oppressori. Nemmeno i soldati nazisti hanno cercato Picasso a causa dei suoi dipinti, e tuttavia io sono a giudizio a causa dei miei disegni.
Terrò disegno. Quando una donna rilascia fiumi di colori, è possibile lasciare la prigione. Ma sono solo pennellate …. Non dimenticate mai, è la mia mano che tiene il pennello!

QUESTI I LAVORI PER I QUALI ZEHARA DOGAN E’ STATA CONDANNATA