NON LASCIAMOCI SOLE. L’appello della CGIL, promosso da Susanna Camusso
Il Paese delle donne aderisce all’appello NON LASCIAMOCI SOLE.
E’ una pandemia e non una guerra. Siamo confinate, distanziate, o al lavoro per tutelare la salute e la possibilità di vivere. Lo siamo per vivere, non per conquistare terra o difenderci da nemici visibili ed individuabili. Non ci sono armi o munizioni che servono ad uccidere utili a difendere la salute ed il diritto alla cura. Abbiamo bisogno di non sentirci sole e non del proliferare di delatori e rancorose invidie.
Abbiamo bisogno di vivere e non di aspettare. Abbiamo bisogno di progettare oggi il dopo, perché il dopo ci sarà e come reagiamo oggi lo condizionerà.
Non lasciamoci sole potrebbe essere l’imperativo di oggi. Rendiamo disponibile e certa quella rete e quel movimento che oggi appare offuscato dall’ossessivo ritornello “state a casa”, che non parla a tutte coloro per le quali casa non è “casa dolce casa”.
Non è dolce casa per quella lavoratrice, o quel lavoratore, che torna dall’ospedale, che sia medico, infermiera o addetta alle pulizie poco importa, perché porta con sé la paura del contagio, la sensazione che l’hanno dichiarata eroe ma non si curano delle sue paure, della sua condizione.
E non lo è nello stesso modo per chi torna dal lavoro nel supermercato, nelle consegne, nei lavori essenziali. Non lo è per quell’anziana sola, che ha passato la vita al lavoro, ad occuparsi degli altri, della famiglia, che fino a qualche giorno fa magari era nonna, ed adesso si sente sola, magari spaventata, e non esce neanche a fare la spesa, oppure chiama le forze dell’ordine solo per sapere che non è sola.
Non lo è per quelle donne che insieme al chiudersi della porta di casa vedono la prigione fatta di violenza fisica e psicologica, senza vie di fuga o di comunicazione.
Non lo è per quelle donne che devono decidere se possono o no avere un figlio, che si sentono respinte come se anche per loro il tempo e la decisione non fossero una grande emergenza.
Non lo è per tutte quelle donne che vivono nella precarietà, che hanno perso il lavoro, che lo hanno in nero, come tante delle collaboratrici famigliari, tra cui le badanti come colpevolmente le chiamiamo, che perdono il lavoro o lo continuano senza avere certezza delle condizioni o del reddito.
Non lo è cioè per tutte quelle donne che già avevano poca voce e sembrano sparire oggi. Cominciamo a non lasciarci sole dando loro voce, creando una rete ed inventandoci ogni giorno una soluzione, una risposta, un segnale di collettività.
Bene continuare a dichiarare che il 1522 funziona, bisogna dirlo di più, su tutti i mezzi. Si può andare oltre? Possiamo come in Spagna decidere una parola, ebbene sì un codice, che sussurrata o dichiarata a un telefono, alle forze dell’ordine, ad una commessa faccia scattare l’allarme? Possiamo dare parola, visibilità e sostegno ai centri antiviolenza e alle case delle donne che ovviamente soffrono della chiusura generale, ma devono invece poter essere attive.
Possiamo decidere che, se il tema è la salute, sul servizio sanitario pubblico deve funzionare anche per l’applicazione della 194, che fa parte degli interventi non rinviabili.
Anche innovando e sperimentando come in altri paesi telemedicina ed altre tecniche. Serve, in parte si sta facendo ma bisogna qualificare di più, che nelle forme di sussidio ci sia attenzione vera perché la violenza economica contro le donne non la faccia da padrone. Serve il reddito, ma servono idee nuove: un tablet ed una connessione per le anziane sole? Si dirà che sono piccole cose, che parliamo di poche.
Non sappiamo se sono poche e non vorremmo che si rincorresse una statistica da muoiono più gli anziani come se questo rendesse meno feroce il lutto che Covid 19 lascia dietro di sé. Certo non sono piccole cose, sono gesti piccoli, attenzioni, che possono cambiare in meglio non solo la solitudine di oggi, ma permetterci di non essere sole neanche domani.