Omaggio a Billie Holiday
È di pochi mesi fa la notizia dell’uccisione di George Perry Floyd, avvenuta nella città di Minneapolis, nel Minnesota. La morte è avvenuta dopo il suo arresto da parte di quattro agenti di polizia intervenuti in seguito alla chiamata di un negoziante.
Il filmato dell’arresto, in cui l’agente di polizia Derek Chauvin tiene immobilizzato Floyd tenendo per molti minuti il suo ginocchio sul collo, ha avuto vasta diffusione nei media internazionali cui sono seguite molte manifestazioni di protesta contro l’abuso di potere da parte della polizia, accusata anche di comportamenti razzisti.
Questi avvenimenti mi hanno riportato alla memoria – senza che ci fosse un legame razionale – la figura della cantante Billie Holiday.
Una mamma-bambina l’aveva messa al mondo ad appena tredici anni! Non che il papà ne avesse di più! La sua mamma pensava che essendo stati tutti quanti creati da Dio, necessariamente almeno un lato buono deve esserci in tutti quanti! Insomma, si può scovare una virtù anche nei ruffiani, nelle puttane e perfino nei ladri e negli assassini!
Billie una bambina non lo è stata mai.
Si racconta che guardarla quando si avvicinava al microfono era già uno spettacolo nello spettacolo. Si avvicinava con passi corti, aggraziati e poi diventava tutt’uno col microfono. E l’avresti ascoltata per ore intere! Persino quando era completamente “fatta”. Nessuno può dire da dove le venisse quella forza magnetica. Ognuno aveva la sensazione che stesse cantando per te, solo ed esclusivamente per te che ti stava facendo un dono, sì, proprio così, ti stava facendo un dono: eccoti me stessa, l’altra parte di me, quella più intima, più segreta… Ecco, io la condivido con te e quando finiva l’ultimo brano, ti regalava un sorriso. Non il classico inchino. No! Solo un sorriso, sensuale e pudico insieme, con la testa che si abbassa appena… e, in quel momento, ti sembrava una dea scesa dal cielo, non un idolo della notte anche se, forse, in lei, c’era più notte che giorno, ma, in quel preciso istante, luce e buio si mescolavano insieme come fosse una magia!
Certo, a volte era sgarbata, irritante, volgare.
La sua canzone più famosa è “Strange Fruit”. Billie era andata a lavorare in un club appena aperto che si chiamava Café Society. Era gestito da Barney Josephson, un ex venditore di scarpe che voleva un posto in cui il pubblico bianco e quello nero potessero mischiarsi con dignità e rispetto reciproco. A Billie piaceva l’atmosfera e così ci è rimasta per un po’ di mesi. Era un giovane insegnante che si chiamava Abel Meeropol ad aver scritto quella canzone intitolata “Strange Fruit”. Aveva visto una fotografia… ed è da questa fotografia che la canzone era nata.
“…Gli alberi del Sud danno uno strano frutto, sangue sulle foglie e sangue sulle radici, un corpo nero dondola nella brezza del Sud, strano frutto appeso agli alberi di pioppo”.
Una quarantina di persone sono lì per assistere ad un linciaggio, c’è anche un ragazzino e qualche donna… molti portano il cappello, qualcuno fuma, qualcuno regge il bastone con la mano guantata e tutti guardano verso la macchina fotografica con aria sorridente e trionfante… Insomma, è come se i linciaggi fossero diventati uno spettacolo che sostituiva la giostra, i teatri, i concerti…
Billie non aveva mai assistito ad un linciaggio, ma da come cantava quella canzone sentiamo che la sua mente e il suo cuore sapevano immaginarlo fin troppo bene… All’inizio, forse, non aveva capito bene cosa diavolo volessero dire quelle parole. Non si sentiva a suo agio con quella canzone perché la sentiva diversa dalle altre del suo repertorio. Solo dopo, il significato fece breccia in lei. e che breccia! Quando la cantò riuscì a farne un’interpretazione da lasciare tutti a bocca aperta…
Nel periodo in cui si esibiva con l’orchestra di Artie Shaw ed è stata in tournée nel Sud, a lei venne rifiutato l’ingresso negli alberghi in cui stavano i musicisti bianchi, né poteva mangiare insieme a loro nei ristoranti o bere con loro nei pub. Era costretta a entrare e uscire dalla cucina di nascosto e doveva restarsene sola nel suo camerino per tutta la sera, finché non veniva chiamata per eseguire il suo numero. Era una specie di fuggiasca, non poteva nemmeno utilizzare i bagni pubblici e doveva essere sempre pronta a nascondersi in caso di pericolo.
Quando, poi, l’orchestra tornò a New York e suonò al Lincoln Hotel, persino lì, in un edificio intitolato alla memoria del Presidente che ha proclamato l’uguaglianza di tutti gli americani, Billie è stata trattata come una cittadina di serie B. In seguito l’orchestra venne scritturata per una serie di programmi radiofonici, la ditta di tabacchi che li promuoveva non la volle e così fu rimpiazzata da una cantante bianca.
C’è stato un periodo in cui Orson Welles era un po’ “preso” da Billie… Certo, una coppia così non poteva passare inosservata! Fecero di tutto per separarli.
Lady, così l’avevano soprannominata i colleghi, ha raccontato una volta che l’unico periodo in cui nessuno le ha detto niente per il colore della sua pelle, è stato quando da ragazzina faceva la vita e… i bianchi li aveva come clienti! Lei si ribellava a tutto questo… A modo suo, naturalmente! Per esempio spaccando una bottiglia di birra in testa a un ufficiale della marina che dopo averla avvicinata in un bar le aveva dato della “negra” e un’altra volta prendendo a calci da sola tre tizi bianchi che, per dispetto, le avevano bruciato la giacca di visone con i mozziconi delle sigarette!
Il pubblico accorreva numeroso per sentire “Strange Fruit”. Ma per via di quella canzone, l’Agenzia Federale per i Narcotici e l’FBI la perseguivano. Era una canzone che dava fastidio!
John Levy, il suo terzo marito, la picchiava. “Stasera non posso lavorare” si scusava lei. Era piena di lividi. “Non riesco neanche a respirare”. I musicisti dell’orchestra
decisero di procurarsi del nastro adesivo. Glielo avvolsero intorno alle costole, il più stretto possibile. E così anche quella sera – grazie al cielo! – riuscì ad andare in scena!
In molti commentavano che a lei piacesse avere un uomo che la picchiava, intascava i suoi soldi e la maltrattava. Insomma era una masochista.
Billie come artista era eccezionale. Una volta a San Francisco insieme a tre musicisti, provò per cinque ore consumando solo caffè, tornò in albergo per un’ora di sonno e poi cantò per quattro spettacoli in un locale gremito di gente che la implorava ogni volta per il bis… Tutti erano prevenuti per la sua tossicodipendenza, ma alla fine, erano tutti d’accordo che l’avrebbero scritturata ogni sera!
Billie, è vero, viveva tra disordine e sporcizia… In quel vuoto angoscioso, si percepiva una malinconia più profonda del nero dei suoi occhi, un abisso in cui era risucchiata ogni domanda, senza avere risposta.
Il suo corpo era grande, voluminoso, decisamente ingombrante. Forse anche a lei era sempre sembrato troppo ingombrante, forse quella violenza subita da bambina era rimasta scritta là sul suo corpo ed è forse per questo che lei sentiva il bisogno che questo sua carnalità venisse continuamente aggredita e punita.
Billie sapeva, dentro di sé, che niente poteva risarcirla delle umiliazioni subite durante la sua infanzia. Da quella prigione non si esce così come non si esce dall’eroina e per di più ogni volta si illudeva di aver incontrato il Grande Uomo Salvifico della sua esistenza, lo incoronava “dio” che tutto può, ma Lui era solo un tipico sfruttatore: prosperava grazie al potere che donne come lei gli avevano conferito.
Spesso mi è capitato di pensare che il suo corpo tumefatto fosse il suo “spettacolo” nello spettacolo, un atto di vendetta nei confronti di tutti coloro che l’avevano privata del loro amore. E’ per questo che si compiaceva di legami luridi e brutali… voleva essere castigata… voleva ridurre la propria anima in cenere così da non sentire più niente… si illudeva di essere Lei a guidare i giochi… si sentiva forte, è come se, senza esserne pienamente cosciente, Lei volesse gridare al mondo, non sono gli altri a derubarmi dell’amore, sono io stessa a farlo… insomma Lei si comprava l’amore con il dolore… solo questo sapeva fare, solo questo poteva fare… oltre che cantare meravigliosamente!