Fabio Cammalleri   da la vocedinewyork

In una foto degli anni Settanta, Paolo Borsellino con la famiglia: Fiammetta è tra le sue braccia

Tutti gli atti investigativi e processuali scaturiti dalle dichiarazioni del “pentito” di mafia Vincenzo Scarantino, sono passati al setaccio da Fiammetta Borsellino; riguardano magistrati; magari potrebbero anche riguardare il CSM. Dopo le dichiarazioni della figlia del magistrato, abbiamo gli stessi dubbi: come sono potuti avvenire certi depistaggi sulle indagini delle stragi dell’estate del 1992    E’ stato annunciato che, analogamente a quanto disposto per il XXV Anniversario della Strage di Capaci, anche per la stessa ricorrenza di Via D’Amelio, il Consiglio Superiore della Magistratura rimuoverà il segreto dalle audizioni di Paolo Borsellino, o comunque, dagli atti a lui pertinenti. Saperne di più, è sempre bene: sicché, è una buona notizia.    Tuttavia, il CSM non è un istituto archivistico: è l’Organo di autogoverno della magistratura italiana. Oggi, è formalmente accertato che la menzogna è stato il motore dei processi Borsellino I e II. Pertanto, potrebbe volgere la sua azione, giusto per contribuire ad onorare la Memoria con la nota “ricerca della verità”, anche su atti e vicende di pubblico dominio.

Per riassumerle, sarà sufficiente riesaminare alcune dichiarazioni rese da Fiammetta Borsellino, nel corso di un’intervista resa qualche settimana fa al giornalista Sandro Ruotolo,  e svincolarle dal silenzio che pare già averle prese in consegna.    In quella occasione, la figlia minore di Paolo Borsellino, dice: che la verità è stata “allontanata da 25 anni di grossissimi buchi neri e di grossissime lacune”; e fin qui, sembra facile; ma prosegue; “lacune” e “buchi neri”  “sono riscontrabili sia in campo investigativo sia in campo processuale”; “processuale” è di competenza del CSM, tanto più che viene distinto da “investigativo” e , perciò, non si fa coincidere con esso; quindi, aggiunge che “a mio padre stava a cuore il legame tra la mafia e gli appalti”; “Mafia e Appalti” non è un’endiadi a caso, o il titolo di un convegno; è il nome che i ROS di Palermo attribuirono ad un’indagine (diretta, in campo investigativo, dal Colonnello dei Cc, allora, Mario Mori), compendiata in un rapporto del Febbraio 1991; questa indagine è stata archiviata il giorno dopo la Strage di Via D’Amelio; anche le archiviazioni sono provvedimenti di cui può occuparsi esclusivamente il CSM; alcuni magistrati non furono mai assunti a sommarie informazioni; uno fu il Procuratore della Repubblica di Palermo al tempo delle stragi, dott. Pietro Giammanco (deceduto): ritenuto ininfluente tanto nelle indagini su Capaci, quanto su Via D’Amelio; l’altro fu Paolo Borsellino, mai convocato su Capaci; anche queste scelte sono materia per il CSM, dato che si tratta di scelte di una Procura della Repubblica (in questo caso, Caltanissetta); ancora: bisogna accertare quello che è avvenuto “prima, prima, la morte di mio padre”.

E, ora, bisogna fare attenzione: il “prima” è apparentemente fatto coincidere con lo spazio temporale della “trattativa”: la quale, nelle sua varie articolazioni ipotetiche, è comunque compreso in quelli che anche Fiammetta Borsellino chiama “i 52 giorni” fra le due stragi; ma poi precisa, “anche il pregresso”; così, ogni riferibilità della causale, per la strage di Via D’Amelio, alle ipotesi fin qui coltivate, viene categoricamente smentita; “anche il pregresso”, significa anche prima di Capaci: che è, invece, il periodo prima del quale nessuna “trattativa” (Stato-mafia) è stata mai ipotizzata. Altro è, allora, valorizzare “i 52 giorni” fra le due stragi, in relazione anche al “pregresso”: altro è considerarle in sè. Cambia tutto (e qui Ruotolo interviene: smistando questa fondamentale precisazione, interrompendo, e riprendendo il termine “trattativa” nella consueta accezione: senza il “prima”). “Prima” c’è Mafia e Appalti, l’indagine del Generale Mori, la sua archiviazione, e nulla di ciò che ha occupato indagini e processi in questi 25 anni.

Un “tutto” e un “niente” di cui ancora potrebbe occuparsi il CSM; due magistrati, Ilda Boccassini e Roberto Saieva, dopo aver partecipato a due interrogatori del collaboratore di Giustizia Vincenzo Scarantino: uno nel Giugno e un altro nel Settembre 1994, scrissero che costui diceva “cose inverosimili”; e mandarono tutto alla Procura di Palermo; Fiammetta Borsellino, ritiene di distinguere l’operato di questi magistrati da quello di altri: il Procuratore di Caltanissetta del tempo, dott. Giovanni Tinebra (deceduto), i sostituti, del tempo, Carmelo Petralia, Anna Maria Palma, e “Nino Di Matteo, che si introduce nel Novembre del 1994”; sempre che lo ritenga necessario, solo il CSM può precisare se, ed in che termini, questa distinzione (“una riflessione a parte va fatta per il dottor Saieva e la dott.ssa Boccassini”), per la ricerca della verità, cui è votata l’annunciata desecretazione di cui sopra, presenti interesse ed abbia un fondamento; “chi gestisce in maniera preponderante” il pentimento di Scarantino “sono la dottoressa Palma e il dottore Petralia”, “come già accennavo, si introduce nel Novembre del 1994 il dottore Di Matteo”; è precisato che vi ebbero parte anche funzionari della Polizia di Stato, ma queste competenze, sfuggono al CSM;      j Scarantino è stato affidato, senza che constasse, sostiene Fiammetta Borsellino, autorizzazioni al riguardo, al “Gruppo Falcone-Borsellino”: cioè all’unità investigativa facente capo al dott. Arnaldo La Barbera (deceduto), anziché al Servizio Centrale di Protezione; tuttavia, è da escludersi che questo significasse ignoranza della singolare circostanza, in capo ai magistrati: perché, ancora si osserva, “furono autorizzati” “colloqui investigativi”: “ben dieci, dopo il pentimento di Scarantino”.

L’autorizzazione è di competenza di magistrati e, quindi, ove ritenesse, del CSM; e, viene ancora notato, tali autorizzazioni intervennero “svilendo anche quella che è la ratio dell’istituto…perché il colloquio investigativo viene fatto prima che una persona inizi a collaborare, per convincere questa persona a collaborare”; dopo, “viene sentito con tutte le garanzie previste dalla legge”; prima, pare di capire, l’atmosfera potrebbe essere “diversamente garantita”, diciamo (su questo punto, è comunque consigliabile osservare la mimica dell’intervistata);      non sono mai stai disposti confronti fra Scarantino, Francesco Andriotta e Salvatore Candura (durante le indagini, collaboratori di giustizia); si fa notare, che “dai loro interrogatori si evince un progressivo aggiustamento delle loro dichiarazioni”, “era chiaro che questi pentiti si rincorrevano l’un l’altro perché le loro dichiarazioni dovevano convergere in un’unica direzione”; il 13 Gennaio 1995, viene invece eseguito dai Pubblici Ministeri un confronto, in sede di indagine (altra, rispetto al processo, Borsellino Uno, che era invece già in corso dall’Ottobre 1994), fra il collaboratore di giustizia Salvatore Cancemi e Vincenzo Scarantino; osserva Fiammetta Borsellino che “Scarantino viene letteralmente umiliato da Cancemi”, quindi ne è scossa plasticamente la credibilità; però “il confronto non viene depositato” (in vista della successiva udienza dibattimentale del Maggio 24 1995, nel ridetto processo Borsellino Uno) “noi ci chiediamo perché questo confronto non viene messo a disposizione delle difese degli imputati e del giudice terzo”; forse anche il CSM potrebbe volerlo sapere; tanto più che, infine si chiosa, “il deposito di questo confronto sarebbe stato fondamentale”; “deposito avvenuto solo nella primavera del 1997, e solo a seguito di una durissima battaglia con le difese degli imputati”.

 

 

Paolo Borsellino con la famiglia nell’agosto del 1985 nell’isola dell’Asinara: Fiammetta sempre tra le sue braccia

E varie altre cose dice Fiammetta Borsellino, figlia di Paolo, ucciso il 19 Luglio 1992. E magari non meritano l’attenzione del CSM. Ma il CSM è stato sempre un organo di grande curiosità intellettuale; come dimostrano proprio quelle audizioni di Paolo Borsellino, che saranno desecretate in pompa magna giusto domani, 19 luglio: chiamato a spiegare perché non fosse uno “scippatore” di processi altrui; o come del pari dimostrano quelle di Giovanni Falcone: convocato a dimostrare di non essere un “insabbiatore” di processi propri.    Qui non ci sono denunce; solo domande. E, come si dice, domandare si può; rispondere è cortesia. Anche per il CSM.