PALERMO – QUANDO UN SOGNO si fa STORIA – Così nasce ARCHIVIA
Nel novembre di 3 anni fa , l’appartamento del 1 piano dello stabile a Palermo in cui abito da molti anni, si è svuotato nel breve giro di pochi giorni. Era stato abitato per 25 anni da mia madre e poi da mia zia per più di 15 anni. In pochi giorni era rimasto vuoto di cose e persone e in me aveva provocato un incredibile stupore e forse anche sbalordimento e spiazzamento perché era come se il presente si fosse fermato e di fronte al grande dolore dell’assenza si era creato un vuoto di parole e un arresto del tempo.
Contemporaneamente in quello stesso mese di novembre mio nipote aveva deciso categoricamente di ritirarsi dal penultimo anno di liceo, le motivazioni erano molte. Nella confusione generale io presi la decisione di accollarmi lo studio delle 3 letterature, della storia e della filosofia. Mentre potevo cavarmela con le prime, con la storia cominciarono gli intoppi ma fu con la filosofia che dovetti gettare la spugna. La mia sofferenza di fronte ad una filosofia letta da uno sguardo esclusivamente maschile fu indicibile.
Avevo finito il mio saggio su Anna Banti che però doveva ancora essere rivisto e ho finito soltanto l’inverno scorso. Attraverso questa scrittrice acquistava un significato forte il mettere in scena donne famose e donne anonime. Banti, attraverso i suoi romanzi e raqcconti, inaugurava concretamente un presente del tempo in cui, allargandone i confini, queste vite non erano più insignificanti.
Diventò a quel punto necessario uscire da quello stupore e prese forma in me l’idea che bisognava introdurre le donne nella storia e nella letteratura non in modo estemporaneo e vago, anche se attraverso scritti e saggi critici, ma concreto e fondante con un archivio innanzitutto che le comprendesse e ne fornisse l’ampiezza con uno sguardo diverso su quanto era accaduto e accade nel movimento del tempo. Quindi una mobilità del vissuto del tempo che in genere studiamo immobile e ingessato in una linearità che come donne non ci appartiene. Il vissuto del tempo diventa con i nostri scritti che accompagnano ogni donna, vivo anche attraverso il nostro immaginario narrativo della loro storia che però non è mai fantasia.
Ma come fare per andare avanti concretamente? Avevo bisogno di amiche di cui fidarmi completamente per mettere a punto questo metodo che sarebbe divenuto chiaro con la presenza e la partecipazione di altre. Così sono andata a Roma e per prima ho incontrato la mia amica Donatella Barazzetti di cui mi fido nel senso che non interpreta superficialmente né fa giochi di potere. Subito dopo ho incontrato sempre a Roma, Marta Garimberti con cui avevo avuto anni di vicinanza nella lotta politica che abbiamo portato avanti insieme a Palermo. Da tramite per Maria Sandias che non conoscevo è stata Maria Teresa Giuffrè. Maria, scrittrice di opere teatrali, ha un meraviglioso buon senso molto lontano dalla mia natura spesso irruenta. Insieme abbiamo lavorato per un anno e mezzo al metodo e qualche inizio di storie. Dopo è arrivata Margherita Cottone la cui sensibilità affettiva è veramente preziosa così come la sua bellissima scrittura. Per ultima ho incontrato Rita Alù , la più giovane di noi, che ammiro e stimo per la sua capacità di avere riconvertito la sua vita dando spazio alle sue doti di storica.
La scelta di partire dal ‘900 dipende dalla vicinanza: molte donne ancora viventi, o con figli ancora viventi che potevano raccontare e noi registrare dal vivo in modo da non perdere quel colore dei sentimenti con cui via via che ci addentriamo nei secoli passati è più difficile l’accostamento. Questo lavoro di archiviazione faceva in sostanza una scommessa con il tempo nel senso che in modo molto presuntuoso voleva mettere i puntelli per una stagione in cui veniva riconosciuto diffusamente il bagaglio della sapienza circolare delle donne e il diverso concetto di etica e di legge. Le donne da me raccontate : Lina Colajanni, Teresa Gentile, Maria Occhipinti sono state viste da me anche attraverso lo sguardo di un’altra donna con cui mi sono confrontata per essere aiutata nella decifrazione. Per Lina ho utilizzato Crista Wolf come per Maria il pensiero materno di Sarah Ruddick-.
Si tratta per tutte noi di uno spiazzamento: noi di Archivia parliamo di donne rivolgendoci soprattutto ad altre donne e nello stesso tempo parliamo di noi; questo è un triplice rispecchiamento. Noi, scrivendo, non siamo lontane e distanti dalle donne di cui parliamo. Prendere le distanze sarebbe fingere. Invece man mano che andiamo avanti ci accorgiamo che ognuna di queste donne è stupefacente e bisogna essere pronte ad accogliere lo stupefacente cosa che succede quando si fa una cosa per amore.
Il nostro quindi è uno sguardo fuori campo che contemporaneamente è dentro le situazioni che osserva, in un altro modo sarebbe difficile rinnovare l’incanto di queste vite schiacciate dall’insignificanza politica e sociale in cui le riduce il sistema in cui viviamo. Così nascono e prendono forma vite che come farfalle escono dal bruco. Donne che cerchiamo di tirare fuori dal disordine simbolico che ha umiliato il loro ingegno e la loro identità, senza per questo tradire la loro verità che attraverso le carte e le registrazioni ci consegnano. Donne che hanno bisogno di volare alto.
E’ per noi anche di grande importanza occuparci e raccogliere quanto hanno fatto i movimenti in cui le donne si sono inserite o sono state direttamente protagoniste così come sta indagando Marta Garimberti sulla ricostruzione del Belice o Maria Sandias sulla ricostruzione del tessuto sociale di Alcano dopo la 2 guerra mondiale. O, ancora, per il recupero dei collettivi femministi che sono sorti in varie parti della Sicilia negli anni ’70. Per costruire genealogia abbiamo bisogno di auto significare quello che è stato fatto singolarmente e collettivamente e quindi non leggeremo i fatti nel modo in cui si legge di norma ma li leggeremo fuori dalla norma da un punto di vista a-normale quindi da di dentro senza escludere i sentimenti e le correlazioni che come donne ci stanno a cuore.