Partire dal sessismo e dalle sue cause per eliminare il razzismo
Il sessismo che resiste ostinatamente in tutte le comunità patrifocali, differenziandosi solo per il grado di coercizione, e le altre forme di razzismo che, latenti in alcuni periodi, esplodono in altri sfacciatamente, sono la spia della peculiare prospettiva con cui gli uomini accostano il reale. Nell’articolo {[Il peccato della sodomia->http://cerca.unita.it/data/PDF0114/PDF0114/text34/fork/ref/091859fl.HTM?key=Moni+Ovadia+&first=61]}, apparso su l’Unità del 4 luglio u. s. e ripreso il giorno dopo da “La domenica della nonviolenza” n.223, {{Moni Ovadia}} per criticare il famigerato pacchetto sulla sicurezza ricorda l’episodio biblico in cui la città di Sodoma fu da Dio rasa al suolo perché ostile verso “lo straniero e il debole” ({Genesi,} 19:8). Riportando il tentativo di Lot di salvare due ospiti da una folla minacciosa {{ha però omesso il racconto di come egli abbia offerto in cambio le sue due figlie vergini e di come nella Bibbia non ci sia il minimo cenno di riprovazione nei confronti di un padre così snaturato}}. Anzi, poiché gli ospiti erano angeli, quando Dio decise di distruggere Sodoma e Gomorra, premiò Lot risparmiandolo assieme alla sua famiglia, mostrando in tal modo di approvare un costume tanto diffuso e socialmente accettato che il capitolo 9 del {Libro dei Giudici} racconta una storia analoga: un altro padre offre la figlia vergine e la concubina del suo ospite, un uomo della tribù di casta alta dei Leviti, minacciato da una masnada di ubriachi, con queste parole: “…Ho una figlia che è vergine, e il mio ospite ha la moglie; le condurrò a voi: abusatene e fate di loro quel che vi piace, purché non commettiate tale infamia contro il mio ospite”. Alla fine la concubina, consegnata dallo stesso levita alla banda di depravati, venne violentata per tutta la notte e morì.
Malgrado {{il sessismo}} sia la prima, più irrazionale e nociva forma di razzismo, in quanto colpisce una parte dell’umanità rilevante non solo numericamente ma soprattutto perché è quella a cui la specie deve la sua esistenza e la sua conformazione, esso {{costituisce ancora oggi la struttura portante di tutte le organizzazioni sociali androcentriche}}. Ha senso allora indignarsi e pretendere di cancellare le altre forme di intolleranza riguardanti la razza, la nazionalità, la classe sociale, l’appartenenza ad altre religioni e culture se non ci si indigna di fronte alla brutale, pervasiva oppressione esercitata dai figli sulle madri della specie? Nonostante la preoccupante escalation di violenze perpetrate sulle donne perlopiù in famiglia, {{da parte degli uomini non c’è traccia di sdegno genuino, né volontà di interrogarsi sulle reali cause di questi come di altri comportamenti maschili chiaramente irrazionali}}, fatto salvo uno sparuto numero di volenterosi.
Il sessismo che resiste ostinatamente in tutte le comunità patrifocali, differenziandosi solo per il grado di coercizione, e le altre forme di razzismo che, latenti in alcuni periodi, esplodono in altri sfacciatamente, sono la spia della peculiare prospettiva con cui gli uomini accostano il reale. {{Il loro sguardo si sofferma su singoli aspetti}}; se l’aspetto fissato è, ad esempio, il colore, l’uomo bianco riterrà di essere l’esemplare unico e inarrivabile dell’intera specie, ma così si percepiranno anche gli altri. Lo stesso meccanismo scatta qualunque sia l’aspetto considerato, come il ceto, la nazionalità, le convinzioni politiche, religiose, etc.; naturalmente la donna è l’aliena per eccellenza, perciò viene discriminata sempre e dovunque. {{Altri fattori concorrono a predisporre la mente maschile all’esclusione}}, qui basta evidenziare che il razzismo in tutte le sue forme nasce da difficoltà interne a tale mente la quale, non cogliendo l’insieme, non ravvisa in ciascuno un essere umano al di là delle differenze individuali.
{{Annamaria Rivera}} nel suo articolo [{Peggio delle leggi fasciste},->http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/in-edicola/numero/20090704/pagina/04/pezzo/253984/] riportato da “il Manifesto” sullo stesso numero de “La domenica della nonviolenza”, sottolinea la “{{mercificazione totale dei corpi femminili}}” e l’“{{espropriazione e marchiatura simbolica dei corpi degli stranieri e dei minoritari}}…gli uni e gli altri deumanizzati, dunque esposti ad ogni insulto ed arbitrio”. Ora, si può ridurre a merce e deumanizzare un essere umano solo se non lo si riconosce. Tale misconoscimento balza agli occhi se si riflette sul fatto sorprendente che la politica non ha come fine il sostegno dei viventi umani ma la conquista di una impossibile primazia da parte del genere maschile e che, inoltre, le sofferenze e i lutti imposti a gran parte degli abitanti del pianeta sono assolutamente gratuiti perché le risorse ci sono per soddisfare i bisogni di tutti e le tecnologie esistenti, se usate correttamente, potrebbero realizzare il sogno di ogni madre di assicurare alle proprie creature la sopravvivenza e una buona qualità della vita. Se questo non avviene è solo perché il maschio umano non accoglie nella sua mente non solo l’altro ma neanche se stesso, tant’è vero che l’individualismo di cui si fregia, obliando i caratteri di connessione e interdipendenza del mondo vivente, alla lunga si rivela deleterio per il suo stesso portatore.
Naturalmente condivido la necessità del momento di resistere ai colpi mortali inferti dalla destra oggi al potere, ma se davvero non vogliamo più assistere all’eterno ritorno dell’ottusità distruttiva che persegue con tenacia la riduzione a niente della vita, così ben descritta da Nietzsche, occorre indursi a vedere quanto la realtà che esperiamo ci rimanda inequivocabilente e cioè {{l’inadeguatezza dell’assetto cognitivo che si picca di governare un mondo di viventi a lui sconosciuto}}. Seppur necessarie, le denunce, le manifestazioni e le lotte più o meno pacifiche contro qualcuno o qualcosa, da sole non sono in grado di portare alla formazione di belle menti aperte, capaci di stringere in un accogliente abbraccio il mondo vivente e non vivente, né sono sufficienti gli appelli di cambiamento ai partiti di una sinistra che non c’è e, se sono corretti i presupposti del superiore discorso, non c’è mai stata.
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