Pasqua, aborto e solitudine: chi insegna a chi
Potrebbe far sorridere leggere di suore di clausura che si affacciano ad un social così antitetico alla meditazione come facebook per offrire consigli contro l’ansia da isolamento e aiutare a superare la paura, mettendo a frutto il tempo sospeso che a noi pare perso e che invece per loro è feconda norma di vita.
Ma questa epoca eccezionale ci sta rivelando che gli insegnamenti, i consigli utili e le soluzioni inaspettate, troppo evidenti per essere viste davvero, arrivano da dove meno te li aspetti: quelle donne così lontane dalla mia vita e dalla mia visione del mondo mi possono suggerire strade vantaggiose tanto quanto io penso di avere qualcosa di valido da insegnare all’uomo che guida il gregge del dio misericordioso della resurrezione.
E allora ecco: in una immaginaria interlocuzione con Francesco, il papa non ordinario che per fortuna oggi ispira il cattolicesimo, gli direi che anche io, come tutte le femministe del pianeta, desideriamo con tutte le nostre forze che guerre e aborti scompaiano dalla faccia della terra, come da lui auspicato nel discorso della veglia paquale.
Ma, aggiungerei, è profondamente fuorviante accostare la guerra all’aborto.
Le donne hanno duramente lottato nella seconda parte del ‘900 per avere una buona legge come la 194, che non a caso non si chiama legge sull’aborto ma Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza e sempre non casualmente nel primo articolo recita: ”Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite”. Quindi non si tratta di uccidere e distruggere ma, al contrario, di garantire dignità e spazio vitale alla scelta più definitiva nell’esistenza umana, che solo le femmine della specie hanno facoltà di fare: mettere al mondo, in sicurezza e responsabilità.
Il paragone con la guerra regge solo nel caso in cui, e purtroppo nel mondo ci sono paesi dove questa guerra ancora è in corso, le donne non abbiano accesso alla possibilità di interrompere una gravidanza.
Sappiamo molto bene che si muore, di aborto clandestino, e se ne moriva anche in Italia, prima del 1978, ricordo a chi è più giovane e anche al pontefice: morivano a migliaia, le donne. Questa strage non era (e non è ancora) una guerra senza bombe?
Basta aborti clandestini lo gridavano, con disperazione e indignazione, per prime le donne, nei cortei degli anni ’70, così come ultimamente nella cattolicissima Irlanda, dove solo dal 2018, finalmente, si può accedere all’aborto senza essere arrestate, o, appunto, rischiare di morire dissanguate per le conseguenze di un intervento in condizioni non sicure.
Quindi sono anche io in sintonia con il pontefice, che spesso ha parole e gesti emozionanti su temi che stanno a cuore chi si muove nel mondo per cambiarlo radicalmente: nelle relazioni umane, nei confronti del pianeta che oggi scopriamo fuori tempo massimo ferito e avvelenato, per attuare una economia generativa e non tossica.
Ma no, la guerra non è l’aborto, e le due parole nella stessa frase, pronunciate da un uomo che mostra spesso sensibilità verso le ingiustizie, stridono come i chiodi nella carne del Cristo.