Per Fatema Mernissi
“Venni al mondo nel 1940 in un harem di Fez, città marocchina del nono secolo, cinquemila chilometri crica a ovest della Mecca e solo mille chilometri a sud di madrid, una delle terribili capitali cristiane”. Così apriva quella intensa memoria d’infanzia La terrazza proibita. Vita nell’harem, Fatema Mernissi, sociologa e scrittice, morta ieri 30 novembre. “Une grande femme” dice il messaggio arrivato dalle donne della “Caravane du livre” (iniziativa di una associazione internazionale per la valorizzazione della lettura nelle aree di lingua francofona). E la sociologa Maria immacolata Macioti, in un messaggio email registra così la notizia della sua morte: “… per me leggere i suoi scritti, già parecchi anni fa, è stato un fatto importante e significativo ai fini della comprensione di una realtà che conosciamo troppo attraverso stereotipi. Una grande perdita”.
Per tante di noi, donne della sua generazione che vivevano nei paesi “cristiani” la lettura dei suoi libri ha spalancato finestre sul suo mondo, facendoci immergere in quella realtà di un paese troppo spesso visitato con gli occhi occidentali affascinati dall’esotico.
Anche altri suoi titoli (Chaherazade non è marocchina, Le donne del Profeta,Le sultane dimenticate ) ci hanno testimoniato del suo impegno per la libertà femminile, conciliabile per lei con il Corano. Significativa, in questo senso la chiusura de La terra proibita: “… ‘una frontiera cosmica spacca il pianeta in due metà. E la frontieera indica la linea del potere, perché dovunque esiste una frontiera , ci sono due categorie di esseri che si muovono nella terra di Allah: i potenti da una parte e i senza potere dall’alttra.’ Chiesi a Mina su quale parte del pianeta mi trovassi io. La sua risposta fu rapida,breve e chiara: ‘Se non puoi uscrne, allora sei dalla parte di quelli che non hanno potere”.
Si è impegnata nella “Caravane Civique”, progetto per consentire a piccole realtà Onlus di trovare luoghi di confronto e sviluppo delle loro attività nella linea di una cittadinanza partecipativa, recuperando tradizioni di spazi (le medine) presenti nella civiltà marocchina.
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