Per Marina Pivetta – Costanza Fanelli: come descrivere questo vuoto?
Quello che lega la storia di ogni donna che è stata protagonista dei movimenti delle donne a tutte le altre è qualcosa di indicibile. Ogni volta che scompare una di loro, una di noi, ci interroghiamo su questo. Come descrivere questo vuoto? Come pensare a qualcosa che non sia un solo il ricordo di una donna, nella sua unicità, come descrivere quello che significa la non presenza nella ”comunità” delle donne? Ci sono donne con cui abbiamo condiviso per lungo tempo esperienze e lotte, ci sono donne con cui abbiamo fatto pezzi alterni di strada. Ci sono legami forti anche sul piano affettivo, ci sono legami fondati sul riconoscimento reciproco. Riconoscimento di storie diverse ma che hanno tante cose in comune. Riconoscimento delle coerenze profonde in termini di valori vissuti dal lato delle donne per i quali ci si sente impegnate tutta la vita. Riconoscimento delle intelligenze e delle competenze diverse ma che sappiamo diventano risorse di tante. Quando una di loro non c’è più e capisci che non la potrai più salutare con quei gesti e sguardi che richiamano alle tante cose vissute insieme, senti in profondità quanto è unico e speciale il legame, anche fisico, che caratterizza la storia delle donne e dei movimenti femministi. Marina è stata ed era tante cose: giornalista prima di tutto, amante del giornalismo vero, della ricerca di verità ovunque si trattava di raccontare storie e vicende di diritti negati e/o affermati, e non solo delle donne. Attenta ai movimenti globali, oltre i confini. Appartiene a quelle donne che hanno visto nella informazione uno degli strumenti di libertà e autonomia più importanti che le donne hanno in mano per dire che “un altro modo” è possibile. Autonomia individuale e professionale ma anche la sfida della creazione di fogli e giornali di informazione gestiti dalle donne stesse. La storia delle testate delle donne è lunga, ricca, discontinua, sempre faticosa ma appassionata e appassionante. Storie che meritano di essere riraccontate in un periodo in cui l’informazione, anche per sopravvivere, corre soprattutto attraverso il web e in questo svanisce presto. Forse Marina sarebbe contenta se qualcuna di noi prendesse una iniziativa in questo senso. Non per ricordare qualcosa di passato ma per raccontare come si può fare giornalismo vero e dalla parte delle donne. Ciao Marina