Per ogni donna uccisa, violentata, offesa siamo tutte parte lesa
Stamattina all’arrivo di Roberto Spaccino davanti al Tribunale di Perugia, oltre ad un gruppo di familiari e amici, che l’hanno salutato chiamandolo per nome c’erano donne di diverse associazioni ad attenderlo. La rete delle donne umbre, di cui fanno parte il Comitato 8 marzo, così come le ragazze del “Sommovimento Femministe” hanno espresso con striscioni, altoparlante e volantini il loro disappunto per il grave femminicidio di Barbara Cicioni. Con slogan del tipo “l’assassino ha le chiavi di casa” o “sicure da morire, la sacra famiglia uccide” donne di tutte le età, ma in maggioranza studentesse universitarie hanno protestato conto il continuo aumento della violenza alle donne. Una violenza che in Italia, in circa il 70% dei casi viene perpetrata fra le mura domestiche.
Quali strumenti adottare, quali politiche a contrasto di questo fenomeno dalle dimensioni allarmanti? Secondo {{Maria}}, 35 anni insegnante si stanno strumentalizzando questo tipo di violenze come pretesto per aumentare la “sicurezza” all’esterno, mentre invece non si va a guardare cosa accade all’interno delle case.
_ “Sento nelle ragazze la paura di uscire e una certa rassegnazione a vivere in un clima di paura che preclude loro la libertà all’esterno. Ma la paura va sfatata.” Ritiene Maria.
_ {{Michela}} che studia a Perugia afferma che “se accade un atto di violenza contro una donna da parte di un migrante la notizia ha un’eco molto maggiore. La cosa più grave è che per molte donne la violenza quotidiana, anche quando minima, faccia parte della normalità, soprattutto per le donne più anziane, ma non solo”.
Ci sarebbe, inoltre, un {{rapporto diretto fra aumento di misure di sicurezza e aumento di stupri e femminicidi}} secondo il sommovimento femminista, che scrive in un volantino: “E’questo sistema sociale che genera violenza, che rinchiude le donne dentro le mura domestiche, dentro i loro mattatoi, che nega loro l’emancipazione per la mancanza di un reddito, che nega loro spazi di socialità dove potersi confrontare e aiutare, che offre loro una città blindata e desertificata che alimenta paura e solitudine attraverso misure di controllo che … creano città “sotto controllo ove sono bandite, addirittura criminalizzate le normali libertà.”
{{Per la rete delle donne}} la sicurezza per una donna è soprattutto “un lavoro a tempo indeterminato, un salario che permette di arrivare a fine mese, è il non dover scegliere fra maternità e lavoro, è il diritto di esercitare l’autodeterminazione, cioè la libertà di disporre della propria vita e del proprio corpo in una città che sia aperta e solidale a misura di donne e uomini”.
E {{Beatrice}}, studentessa perugina di ventitré anni, esprime tutto il suo rammarico pensando alla fine fatta da Barbara. “Mi ha fatto effetto pensare che nessuno ha saputo aiutarla. A volte chi riceve segnalazioni sottovaluta la violenza reiterata. Barbara è vittima anche del silenzio che le si è creato intorno.”
Nell’udienza preliminare di oggi si sono costituite parte civile oltre all’associazione “Differenza donna”, al Comitato 8 marzo e al Telefono Rosa, anche l’associazione Ossigeno, e le Giuriste Democratiche
– {{Fonte}}: www.umbrialeft.it/node/3096
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