Perle… che non si fanno infilare
Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Francesca Palazzi Arduini che si interroga sull’opportunità di svolgere il Festival nazionale “PERLE per le donne che cambiano – il divenire della differenza” organizzato, in occasione dell’anno europeo della Pari opportunità, dalla Provincia di Pesaro e Urbino dal 13 al 16 settembre in una casermaIncontri, dibattiti, mostre, spettacoli (letteratura, cinema, musica, editoria, fotografia, video-arte, teatro,dibattiti,…), si sono svolti presso la caserma Del Monte-Cialdini di Pesaro. La provincia ha valutato positivamente l’afflusso di pubblico e il sottosegretario alla difesa Forcieri si augura che altre caserme italiane si aprano ad iniziative esterne.
{{cara Assessora}},
attratta dalla grande campagna pubblicitaria che da quasi due anni
preannuncia {{l’evento “Perle”,}} sono entrata ieri in Caserma. Ho avuto modo così di approfondire non solo la conoscenza del programma ma anche di verificare ciò che Lei affermava nell’introduzione a “Perle”: “Perle si svolgerà infatti {{nella caserma militare -Del Monte-Cialdini- che si è generosamente fatta}} {{invadere dalle donne}}”.
A me piuttosto è sembrato il contrario: metal detector, documenti filmati,
esibizione degli oggetti personali, telecamere ovunque, personale in
mimetica …veramente {{la mia impressione è stata subito che semmai}} {{noi donne ci fossimo fatte invadere,}} e non il contrario.
Ho letto che il Reggimento ospitante “Pavia” si occupa di comunicazione
operativa nelle missioni militari, oggi chiamate “di pace”: ritengo quindi
che aprire la caserma abbia fornito semmai {{un guadagno d’immagine
all’istituzione militare}}, rendendo ai mass media un’impressione, seppur
blindata, di disponibilità.
Mi chiedo cosa abbia guadagnato il tanto citato “pensiero della differenza” femminile da questa operazione di scambio di cortesie, della quale il risultato è stato quello di rendere un’immagine “normale” del mondo militare, così come fosse normale per una donna, forse femminista, recarsi ad un dibattito dovendo prima vuotare le tasche in una vaschetta di plastica trasparente. {{Ma non dovevamo dare importanza …al simbolico?}}
Se è vero che la quasi totalità di noi donne, e uomini pacifisti, sono
rabbrividiti alle parole del presidente degli Stati Uniti “niente sarà più
come prima”, se è vero che la fobia dell’aggressione ormai imperversa
ovunque e travalica la realtà per divenire arma di dominio, {{dove sta la
“differenza” di noi donne nell’accettare come normali i metodi del più
efficiente controllo sociale?}}Mi è sembrato, visto anche l’assurdo sovradimensionamento dello spazio della caserma rispetto alle attività ed all’affluenza in “Perle”, che la regia dell’evento abbia scelto il luogo non per reale necessità di spazi mastodontici ma per mero opportunismo, forse dettato da strategie (stavolta non militari …ma politiche) volte ad {{incrementare l’ingresso delle donne
in questo mondo.}}
Mi lasci dire: se le donne cambiano ed acquisiscono ora più che mai anche ruoli di potere quali quelli “in uniforme” ciò non nobilita quei ruoli o li rende innovativi. E il fatto che ora le missioni militari vengano chiamate
“missioni di pace”, con l’introduzione quindi di una {{differenza}} nel
linguaggio, forse questo significa solamente che è peggiorato il significato della parola “pace”.
{{In questo gioco di significati noi donne “di pace” occidentali siamo strumentalizzate così come quelle vittime di guerra.}}
{{Sempre a proposito di termini, definirei “indelicatezza” l’aver voluto
intitolare luoghi della caserma a donne antimilitariste quali {{Virginia
Woolf, Carla Lonzi, o addirittura ad Ilaria Alpi}}, che è morta per essersi
permessa di indagare sulla “missione di pace” in Somalia e sul traffico di
armi legato all’influenza occidentale in quel paese!}}
A mio avviso, organizzare una festosa kermesse di donne attive e creative all’interno di una caserma tutt’ora operativa è paragonabile a spegnere una torta di compleanno in un cimitero.
L’ipotesi che il mondo militare non sia più nel suo significato politico e simbolico quello dei tempi della Woolf è cosa della quale dubito fortemente e della quale dubitano tutti coloro che come me hanno votato a sinistra, eleggendo involontariamente il signor Lusetti, sostenitore dell’impegno militare italiano in Irak…mi lasci quindi citare un brano della grande scrittrice sulle donne e la guerra, argomento diplomaticamente trattato in “Perle” nel dibattito {{“Forze…amate”…}} spinosa questione, seppur già risolta nel titolo, anche in un mondo dove ormai le occupazioni militari in altri paesi si presentano come “benevole” e solo un pochino colonialistiche: {{“il modo migliore per aiutarvi a prevenire la guerra non è di ripetere le vostre parole e seguire i vostri metodi, ma di trovare nuove parole e inventare nuovi metodi”}} ({Le tre ghinee},1938).
Vi sono luoghi da abbandonare, altri da costruire. Forse quest’epoca di
decadente “grandeur” e di minacce ha bisogno ora di una nuova fresca modesta ondata di femminismo multietnico, al di fuori delle solite collane.
cordialmente
Francesca Palazzi Arduini
Allego {{una foto di una storica burla pacifista}} riguardante proprio Virginia
Woolf: il 16 febbraio 1910 con l’amico Horace Cole, sedicente funzionario
del Foreign Office che conduce in visita alla “più moderna nave da guerra di
Sua Maestà” l’imperatore di Abissinia ed il suo seguito: in realtà amici di
Virginia, lei stessa cammuffata visibile a sinistra.
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