Più servizi e meno sportelli per le donne
Nell’Italia dove la nuova parola d’ordine sembra essere fare e soprattutto fare presto piuttosto che fare bene, vi segnalo la nascita dell’ennesimo “sportello” che in questo caso si propone come la soluzione ai problemi delle donne che hanno abortito e che, per questa ragione, …”si trovano a vivere un forte disagio emotivo e psicologico (depressione, ansie, fobie, disturbi sessuali)”. E’ quanto si legge in una lettera del Movimento per la Vita Italiano indirizzata ai Direttori Sanitari delle Asl, con la richiesta di affiggere nelle sedi sanitarie… “la locandina allegata al fine di sensibilizzare e offrire un servizio gratuito alle utenti che purtroppo sono sempre più numerose.”
Lo sportello si chiama “Da Donna a Donna” ed è cofinanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Sarebbero tante le osservazioni da fare a proposito dei cosiddetti tecnici del governo Monti, che sono più volte intervenuti con provvedimenti a contenuto ideologico estremamente elevato (vedi Piano Famiglia del ministro Riccardi), ma voglio limitarmi ad alcuni punti essenziali: le interruzioni volontarie della gravidanza, come è noto, sono in costante calo da trent’anni, e questo è affermato in tutte le relazioni annuali dei ministri della salute sull’applicazione della legge 194, che sottolineano soprattutto la funzione dei consultori nel ridurre il ricorso all’aborto.
il ‘disagio emotivo’ delle donne, oltre che dall’aver abortito, può derivare anche, e direi per qualcuna forse ancora di più, dal trovarsi senza lavoro, dal non avere servizi, dal non poter andare in pensione quando avevano già maturato il diritto ad andarci.
Tra l’altro – a proposito di disagio emotivo – il Ministero del Lavoro ha definanziato e quindi annullato il bando 2012 per il progetto sulla parità tra uomo e donna a favore dell’inserimento lavorativo delle donne, attivo dal 1991.
lo sportello è pagato da tutti i cittadini. Perché affidare una competenza pubblica- peraltro già istituzionalmente affidata ai consultori familiari – ad un ente privato, per di più così connotato dal punto di vista ideologico e storicamente così contrario alla libera decisione e all’autodeterminazione delle donne?
Perché non utilizzare quelle risorse per implementare la presenza e l’operatività dei consultori pubblici?
Lo abbiamo sottolineato più volte e voglio ribadirlo anche a commento di questa iniziativa: il sistema dei servizi sociali e sanitari è vasto e costoso e non possiamo permetterci di sprecare risorse destinandole a progetti autoreferenziali, che si pongono come ‘doppione’ o addirittura in antitesi con il mandato istituzionale dei servizi pubblici.
Finanziare progetti paralleli e alternativi al sistema pubblico dei servizi sociali e sanitari, oltre a disperdere le risorse, confonde e indebolisce il sistema di promozione e di protezione dei cittadini, e genera insicurezza e sfiducia nei confronti delle istituzioni.
Occorre invece avere un progetto unico, con obiettivi e finalità che si rivolgano e sostengano le esigenze di tutti, e che rappresenti una garanzia per tutti i cittadini in quanto essi sono parte – nella loro diversità e unicità individuale – di questo nostro Stato, anzi sono essi stessi lo Stato.
Per quanto riguarda la salute della donna, il progetto esiste già: è infatti questo il senso della legge 405/75 che ha istituito i consultori per la tutela della salute psicofisica della donna, della legge 194/78 per la procreazione cosciente e responsabile, che disciplina l’interruzione volontaria della gravidanza, ed è il senso che anima il Progetto Obiettivo Materno Infantile (DM 24 aprile 2000) che individua risorse, tempi, modalità d’intervento necessari ad assicurare la prevenzione di patologie psichiche e fisiche che interessano la donna, i bambini, gli adolescenti e la promozione e la tutela della salute sessuale e riproduttiva dei singoli e delle aggregazioni familiari scaturite dalle loro scelte libere.
Basta con sportelli costosi ed effimeri che servono più a chi li apre che a dare risposte adeguate ai problemi che pretende di risolvere, non ne possiamo più! E’ ora di capire quali sono le esigenze concrete e reali dei cittadini italiani e organizzare senza sprechi un sistema di servizi territoriali certo ed efficiente, che pensi e realizzi risposte valutabili e modificabili, ma costanti nell’assicurare la presa in carico e nel trasmettere alle persone la certezza della risposta rispetto alle necessità esistenti e ai diritti che devono essere garantiti.
Se tutti i finanziamenti destinati negli ultimi vent’anni a progetti, iniziative creative e multiformi sportelli a tempo dedicati alle donne fossero stati concentrati nel migliorare o aprire nuovi servizi come i consultori, i centri antiviolenza, i servizi per l’infanzia… le donne e le famiglie avrebbero adesso un sostegno reale alle loro difficoltà di vita e sarebbero più contente.
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