PIMPACCIA, al secolo DONNA OLIMPIA PAMPHILI
I centri storici delle città, svuotati dai turisti, hanno improvvisamente, come per un incantesimo o sortilegio, permesso un rapporto ravvicinato con i tanti capolavori che popolano le nostre città. E’come se, lasciati più soli, avessero trovato loro, prima ancora di noi, la forza e la volontà di porsi al centro della scena come attori consumati, quasi dicendoci: “Noi siamo qui per voi, ora potete ammirarci da vicino e con calma e chissà quanti particolari potrete scoprire che prima restavano nascosti ai vostri occhi“.
Piazza Navona, per esempio, si offre al nostro sguardo in tutta la sua bellezza e imponenza. A chi dobbiamo tanta meraviglia?
Nelle notti di plenilunio – secondo la leggenda popolare – Donna Olimpia partiva in carrozza dalla sua villa sul Gianicolo e…. al galoppo si lanciava verso Ponte Sisto!
Il suo passaggio era segnato da una lunga scia di fuoco. Dove andava così di fretta questa signora? Ad un incontro con Satana, si mormorava. Un’esagerazione? Certamente, ma lei non era amata dal popolo romano anzi,,,,
L’avevano infatti soprannominata “Pimpaccia” e dicevano che era tirchia, ipocrita, avida di potere e di denaro. E rincaravano: è pure brutta!
Per un faccia a faccia con “Pimpaccia”, al secolo, il Cinquecento, donna Olimpia Pamphili, cognata del papa Innocenzo X, basta andare alla galleria Doria Pamphili in Piazza del Collegio Romano 2, dove si trova il suo busto. L’ha scolpito con perizia Alessandro Algardi. L’espressione è certamente dura, volitiva e in più il viso se ne sta incorniciato sotto un velo di marmo. A voi l’ardua sentenza!
Per rastrellare scudi e arricchire la sua famiglia, donna Olimpia aveva perfino escogitato una tassa di licenza sulle cortigiane, le quali, volendo restituirle “pan per focaccia” ogni volta che lei passava in carrozza la salutavano con fischi, pernacchie e lancio di uova marce.
A “Pimpaccia”, Pasquino, celebre statua parlante, dedicava, un giorno sì e l’altro pure, i suoi pungenti attacchi: “Per chi vuol qualche grazia del sovrano/aspra e lunga è la via del Vaticano./ Ma se è persona accorta/ corre da donna Olimpia a mani piene/ e ciò che vuole ottiene./ E’ la strada più larga e la più corta.”
“Pimpaccia”, infatti, era una gran trafficona. Fu grazie ai suoi maneggi che Gian Battista Pamphili iniziò una brillante carriera ecclesiastica che lo condusse sul soglio pontificio. Ma se “Pimpaccia” aveva tanti difetti, aveva anche una grande virtù. Possedeva talento edilizio. Così noi, oggi, le dobbiamo una gratitudine immensa: se abbiamo Piazza Navona è merito suo.
La prima decisione di donna Olimpia fu che suo cognato Innocenzo X, diversamente dagli altri papi suoi predecessori, non avrebbe dovuto acquistare un palazzo principesco per la sua famiglia, ma conservare la casa nel quartiere dove era nato, ingrandendola e abbellendola. L’abitazione si affacciava su Piazza Pasquino, ma donna Olimpia progettò di estenderla frontalmente lungo Piazza Navona che così, da luogo popolare e di mercato qual’era, si trasformò in sontuosa corte d’accesso del nuovo palazzo. Ogni giorno il Papa l’avrebbe attraversata per recarsi in visita ai suoi parenti nella Sala del trono che gli era riservata.
Si racconta che l’idea di un’alta sagoma architettonica con fontana al centro della piazza, sia balenata nella mente di Olimpia Pamphili durante la grandiosa giostra del Saracino, organizzata nel 1634 in Piazza Navona dal cardinale Antonio Barberini. A quel tempo c’era, al centro, solo un semplice abbeveratoio per il bestiame.
Quando, dopo la corsa della Quintana, sulla piazza apparve una nave, con le vele di seta turchina e un alto albero al centro, che scivolando su ruote invisibili, andò a fermarsi davanti a casa Pamphili… Donna Olimpia ebbe una visione.
Urbano VIII aveva progettato di portare in piazza Navona l’acqua di Trevi e inaugurarvi una grande fontana. Un’opera idraulica conferiva sempre grande prestigio a un pontificato solo che, per motivi economici, non l’aveva potuta realizzare.
Innocenzo X affidò a Borromini i lavori di conduttura dell’acqua Vergine, ma sulla costruzione della grande fontana centrale si aprirono non poche discussioni dentro e fuori le Mura vaticane.
Già Sisto V aveva pensato di innalzare due obelischi sulle fontane laterali piazza Navona. Ma a nessuno era venuta l’idea di un obelisco centrale simile all’albero di una nave. A chi affidare un’impresa simile – vagheggiava donna Olimpia – se non a Bernini? L’architetto, sotto Urbano VIII aveva disegnato i condotti delle acque a Piazza Navona, ma era sotto processo, incriminato perché un suo campanile aveva provocato alcune lesioni sulla facciata di San Pietro. Un affaraccio, visto che il suo grande rivale Borromini era nella commissione d’inchiesta!
Fortunatamente, il principe Niccolò Ludovisi, genero di donna Olimpia e nipote di Gregorio XV, l’altro papa per il quale il Bernini aveva lavorato, favorì l’incontro tra la potentissima “Pimpaccia” e l’architetto in disgrazia. Donna Olimpia, dopo avergli assicurato il suo interessamento, gli chiese un parere sulla costruzione di un obelisco al centro della fontana.
Bernini, nella speranza di cancellare tutti i suoi guai, si diede da fare immediatamente per escogitare la tecnica per sostenere un altissimo obelisco su uno spazio vuoto e disegnò così la celeberrima Fontana dei quattro fiumi. Inoltre preparò per “Pimpaccia” un bozzetto, non in cera come si usava, ma in argento massiccio. Quando donna Olimpia lo vide, ne restò entusiasta. In uno dei colloqui che aveva quotidianamente con il Pontefice, lo persuase a preferire il progetto di Bernini a quello di Borromini. Bisognava, però, agire con tatto perché il Papa aveva già preso un impegno con quest’ultimo. Furbescamente, donna Olimpia predispose una scena con testimoni, per dimostrare che Innocenzo X aveva deciso spontaneamente di scegliere Bernini.
L’”affaire” si svolse così: il Papa attraversò i saloni di palazzo Pamphili, diretto alla sala da pranzo, ma ecco che si arresta estasiato davanti al bozzetto argenteo e alla presenza di tutto il suo seguito, esclama: “Questo disegno non può esser di altri che del Bernini. Bisognerà per forza servirsi di lui a dispetto di chi non vuole”.
Bernini si impegnò ad anticipare di tasca propria le spese per la conduttura dell’acqua e donò a donna Olimpia l’artistico bozzetto di argento massiccio.
Ma l’alleanza tra donna Olimpia e Bernini non finì lì. C’è anche la storia della Lumaca da raccontare. Lui l’aveva scolpita per il centro di una delle vasche di Piazza Navona. Tre piccoli delfini che con le code reggevano il guscio di una lumaca. Una bellissima scultura ma con un difetto: dalle sue finestre donna Olimpia non riusciva a vederla. Così, senza tanti complimenti, “Pimpaccia” la fece rimuovere. Bernini non se la prese e disegnò la poderosa statua del Moro.
Ma poiché la “Pimpaccia” aveva gusto, si tenne anche la Lumaca che fece collocare al centro di una piccola vasca nella villa al Gianicolo, chiamata Belrespiro, proprietà di Camillo, suo unico figlio maschio che prima si fece cardinale, ma poi vi rinunciò per sposare la principessa Aldobrandini.
Nella villa donna Olimpia aveva voluto, per arricchirne il fascino, un Casino dell’allegrezza, un giardino segreto e un teatro all’aperto.
Villa Doria Pamphili, oggi il più vasto parco romano, è meta preferita dai patiti del jogging i quali corrono ignari sopra un tesoro: sotto sotto, nel “giardino segreto” voluto da “Pimpaccia”, potrebbe infatti nascondersi il baule di scudi d’oro dal quale mai si separava.
E poiché “Pimpaccia” è uno spettro a lei si devono dei sortilegi. Se una coppia di innamorati fa il giro della fontana di Piazza Navona in senso antiorario, la fine del loro amore è sicura. E se il giro lo facessero da sinistra verso destra? “Pimpaccia” non ci risponde, sogghigna. Ahi! Ahi!
Arcigna o non arcigna, poiché i romani hanno fama di essere “boni de core”, nonostante tutto a donna Olimpia sono grati tanto che le hanno dedicato una strada e pure una piazza!