Donna Strickland

Il premio Nobel per la Fisica 2018 è stato assegnato a Donna Strickland, Arthur Ashkin, Gérard Mourou per le loro “invenzioni rivoluzionarie nel campo della fisica dei laser”. L’annuncio è stato fatto questa mattina poco prima delle 12 durante una conferenza stampa presso la Reale Accademia delle Scienze di Svezia, a Stoccolma.

Donna Strickland è canadese e  ha 59 anni mentre  Arthur Ashkin è statunitense e  ha 96 anni. Entrambi hanno aperto la strada nel campo delle ricerche per ottenere gli impulsi laser più potenti mai prodotti nella storia dell’umanità. A metà degli anni Ottanta, hanno lavorato a un sistema per ottenere laser ad alta intensità, senza che questo distruggesse i materiali necessari per amplificare il segnale. Il loro metodo prevedeva di modulare la lunghezza d’onda della luce, amplificarla e poi comprimerla. Il sistema di compressione dell’onda è ciò che aumenta l’intensità dell’impulso luminoso.

Arthur Akin, Gerard Mourou (Jeremy Barande/Ecole Polytechnique via AP), Donna Strickland (via University of Waterloo)

La nuova tecnica sviluppata da Mourou e Strickland sarebbe diventata nota in seguito come chirped pulse amplification (CPA), ora uno standard per i laser ad alta intensità. Negli ultimi decenni il sistema ha trovato impieghi in moltissimi ambiti, compreso quello sanitario. Viene per esempio usato per le operazioni agli occhi, in modo da correggere i difetti della vista. La CPA ha grandi potenzialità e sono allo studio numerosi suoi altri impieghi sia nell’ambito della ricerca, sia per applicazioni nella vita di tutti i giorni.

Pinzette laser

Negli anni Sessanta la serie tv di fantascienza Star Trek immaginava un futuro in cui fosse possibile utilizzare un “raggio traente” per spostare gli oggetti con la luce, senza toccarli fisicamente. Ashkin pensava di poter fare qualcosa di simile e in quegli anni iniziò a condurre gli esperimenti sui laser, da poco inventati. In un fascio laser, le onde luminose si muovono in modo coerente tra loro, a differenza della luce “normale” dove i raggi si propagano in tutte le direzioni. Ashkin pensò che le caratteristiche del laser fossero ideali per spostare piccole particelle.

Nei suoi primi esperimenti, Ashkin espose minuscole sfere trasparenti (con diametro nell’ordine di un millesimo di millimetro) a un raggio laser notando che queste si muovevano. Si accorse inoltre che le sfere tendevano a spostarsi verso il centro del raggio laser, dove era più intenso: per quanto possa essere concentrato, un raggio di questo tipo perde sempre intensità nelle sue parti più esterne per fenomeni di dispersione. La pressione che esercitava il laser era quindi variabile, osservò Ashkin, e faceva sì che le sfere fossero spinte verso il suo centro.

Ashkin pensò poi di aggiungere una lente, in modo da concentrare e orientare meglio il raggio laser. Il punto di massima concentrazione del raggio luminoso si comportava come una trappola per le particelle: erano nate le pinzette ottiche.

Furono necessari molti anni di lavoro ad Ashkin per perfezionare il suo sistema. Dopo molte difficoltà e insuccessi, il sistema si rivelò ideale anche per intrappolare singoli atomi, senza modificarne le proprietà. Il passo successivo fu orientato a elaborare sistemi ancora più raffinati per lavorare con le particelle subatomiche. Fu durante quegli studi che Ashkin scoprì per caso che il suo sistema poteva anche essere utilizzato per isolare e trattenere singoli batteri. Sviluppò un laser più debole, in modo da mantenere vitali i suoi campioni.

Ispirandosi al lavoro di Ashkin, molti altri ricercatori hanno potuto utilizzare sistemi per manipolare e spostare oggetti microscopici senza toccarli mai direttamente, evitando quindi il rischio di contaminazioni o di modificarne le proprietà fisiche. Le pinzette laser sono diventate centrali nello studio delle singole proteine, del DNA e del funzionamento delle cellule. Le sperimentazioni si sono spinte ancora oltre, con soluzioni che un giorno potrebbero permettere di isolare dal sangue le cellule malate da quelle sane.

Raggi laser ad altissima intensità

Negli anni Ottanta, Donna Strickland si era da poco trasferita dal Canada alla University of Rochester negli Stati Uniti, dove aveva iniziato a interessarsi alla fisica dei laser, collaborando con il suo supervisore Gérard Mourou. Entrambi erano interessati a una possibilità che all’epoca sembrava altrettanto fantascientifica: amplificare gli impulsi laser a livelli mai prodotti prima nell’umanità.

Semplificando molto, un raggio laser viene prodotto attraverso una catena di eventi, nella quale i fotoni (le particelle di luce) producono altri fotoni, che possono poi essere emessi con vari impulsi, la cui intensità può essere regolata. A metà anni Ottanta si pensava di avere raggiunto il limite, perché non c’era possibilità di amplificare l’intensità senza evitare che lo stesso materiale utilizzato per farlo venisse distrutto.

Strickland e Mourou elaborarono insieme una via alternativa, la CPA. Il concetto di per sé è semplice: prendi un impulso laser, lo stiracchi nel tempo, lo amplifichi e poi lo comprimi nuovamente. Quando avviene lo stiracchiamento, il picco di potenza del laser – che aumenta con la frequenza – è molto più basso e quindi può essere amplificato enormemente senza rovinare ciò che lo sta amplificando. Se vi sta girando la testa, il grafico qui sotto dovrebbe darvi una mano a farvi un’idea del sistema ideato da Strickland e Mourou.

Furono necessari diversi anni prima che i due ricercatori riuscissero a mettere in pratica con successo il loro sistema. Dopo numerosi fallimenti, problemi tecnici alle strumentazioni e difficoltà nel sincronizzare tutti i dispositivi necessari per stiracchiare e ricomprimere il laser, a metà anni Ottanta furono ottenuti i primi risultati positivi: la CPA era appena nata. Grazie a Strickland e Mourou fu possibile raggiungere campi ancora inesplorati nella fisica dei laser, aprendo la strada a nuove ricerche in molti altri campi oltre la fisica, come la chimica e la medicina.

Oggi la CPA è usata in molti campi, oltre a quello delle operazioni agli occhi. È per esempio impiegata per creare gli stent, le minuscole retine che rinforzano i vasi sanguigni indeboliti e molti altri condotti del nostro organismo. Nello studio del microscopico, i laser di questo tipo sono utilizzati per vedere al rallentatore processi che avvengono in pochi istanti, come i cambiamenti a livello molecolare. Ultimamente, si stanno sperimentando impulsi laser con una durata di un centesimo di attosecondo (un attosecondo equivale a un miliardesimo di miliardesimo di secondo) per studiare gli elettroni. Non è una cosa da poco: gli elettroni sono al centro dei processi chimici e molte delle loro caratteristiche ancora ci sfuggono. In futuro potremmo imparare non solo a osservarli, ma anche a controllarli e tutto grazie a studi come quelli di Strickland e Mourou. (Da il Post.it)