Presunta innocenza, “Palese” colpevolezza
Al di là dell’allusione ironica sulle responsabilità politiche del naufragio della Legge di iniziativa popolare “50 e 50” sostenuta da moltissime donne della nostra regione, con molte delle quali siamo in relazione, anche se non abbiamo fatto nostra questa battaglia, prendiamo parola su una vicenda certamente emblematica, ma per niente originale nell’esito. E’ orrore clamoroso la scelta del voto segreto, proposta da sei consiglieri di minoranza, il maschilismo trasversale che si fa maggioranza, la resistenza culturale alla differenza che dovrebbe permeare le istituzioni. Così clamoroso che verrebbe da cedere alla tentazione di evitare persino lo spreco di un commento.
Invece non restiamo in silenzio, perché la presa di parola pubblica delle donne sulle donne trascina con sé la propria storia, attraversa e sposta il desiderio della politica, non più in un altrove e in un altrimenti, ma nel cuore delle istituzioni.
Questa è la storia del percorso politico “delle donne” e di nessun altro sul tema della rappresentanza: dal suffragio femminile alla piattaforma di Pechino, e alla mancanza di entusiasmo delle donne per una visione contabile della democrazia.
Una storia che inverte continuamente il segno della differenza con il significato dell’uguaglianza: il sostanziale con il formale, il disincarnato con il sessuato.
Il desiderio delle donne del 50e50 non si pone, certamente, come risolutivo della “questione” del riequilibrio della rappresentanza, ma tenta di incidere nei contesti politici per trasformare; per una democrazia che tenga conto della presenza-esistenza dei due sessi in termini numerici e simbolico-culturali.
Perché la democrazia paritaria stenta a compiersi? Se lo domandassero a noi risponderemmo che lo scenario è profondamente mutato e che la nostra storia è continuamente in cammino e muterà ancora e ancora. Il mondo di oggi è abitato da eccellenza, libertà e protagonismo delle donne oltre che da discriminazioni e svantaggio.
Sicché la messa in scena dell’arretratezza culturale del paese comincia già dal carattere “popolare” che una proposta di legge -che parte dalle donne e si rivolge alle donne- deve avere per poter essere legittimata all’universalità. Tutte le forme di complicità, dirette o indirette, con quest’ottica sono per noi solo “presunte” innocenze. Mentre le argomentazioni becere e misogine di quelli che proponendo il voto segreto si espongono pensando di non esporsi ci fanno amaramente sorridere, come dire una risata li seppellirà.
Se non si tiene conto della presa di parola pubblica delle donne sul tema della rappresentanza, della loro storia e soprattutto dell’assunzione di responsabilità su di sé che fanno le donne della politica non ci sarà mai traduzione in progetto politico dell’autorevolezza che le donne si riconoscono continuamente, del loro darsi valore, ma sempre e soltanto un perpetuarsi, ormai stanco e obsoleto, delle prestazioni del potere maschile nel quale non desideriamo “ritagliarci” alcuno spazio.
Noi continueremo a sorridere…
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