Entro maggio, dovrebbe arrivare nell’aula della Camera la riforma della legge sul divorzio per abbreviare i tempi della richiesta: uno sguardo alla realtà europea.{{Una donna scrive all’On.le Binetti:}} “Io, moglie di un’altra famiglia. Cattolica, sposata in Chiesa, catechista, timorata di Dio, dopo sedici anni certifico il fallimento del progetto che credevo eterno. ..Mi separo legalmente: ma, nonostante un’udienza in Tribunale e una sentenza, io resterò ancora moglie di mio marito per altri tre anni, fino al divorzio. Moglie di quello stesso uomo che, a fine udienza, mi ha informata di avere già un’altra compagna e un figlio. E dunque io oggi sono la moglie di un’altra famiglia. Per i prossimi tre anni, mentre mio marito si dedicherà alla famiglia (quell’altra), è invece a lui che dovrò chiedere il permesso se dovrò rifare il passaporto, e lui, che da me figli non ne ha avuti, resta mio erede universale, avrebbe diritto alla mia liquidazione, qualora ne avessi una, e a diventare proprietario di qualsiasi cosa mi appartenesse.
_ Io resto sposata ad un’altra famiglia e lui a un asse ereditario.
_ Perché mio marito, per i prossimi tre anni, non potrà sposare se lo volesse la madre di suo figlio? E perché questo bambino per i prossimi tre anni non avrà diritto ad essere tutelato come lo sono i figli di genitori sposati? Sono cattolica: vent’anni tra volontariato e movimenti ecclesiali, dieci da catechista e da animatrice negli oratori. Lo sono abbastanza per dire che non mi sento minacciate dalle battaglie dei laici quanto piuttosto dai comportamenti diseducativi e purtroppo spesso inqualificabili di tanti difensori dei valori cattolici? Lei, che per fortuna di quest’ultima categoria non fa parte, potrebbe buttare un occhio anche a quell’altro tipo di scorciatoia, di chi predica bene e razzola malissimo?”

Ebbene,{{ entro maggio}} la riforma della legge sul divorzio arriverà all’aula della Camera.{{ Il relatore Maurizio Paniz}} ha dichiarato che “a maggio saremo in aula con un provvedimento che sta incontrando una valutazione positiva trasversale e che credo passerà nella sua versione attuale, anche se non mancheranno emendamenti.”

La riforma prevede la possibilità di chiedere il divorzio dopo due anni (anzicchè tre) nel caso in cui ci siano figli minori e dopo un anno nel caso in cui non ci siano figli, oppure sono maggiorenni.

Non è una svolta epocale, ma certo un miglioramento.

Diamo {{uno sguardo all’Europa}}: soltanto in Italia , Polonia, Malta e Irlanda del Nord esiste ancora la fase della separazione. Come si è visto oggi occorrono tre anni per ottenere il divorzio, gli italiani stanno ovviando a tale situazione tentando di ottenere un divorzio immediato (in Francia, Inghilterra, Spagna o Romania), in pochi mesi, recandosi all’estero.

La legislazione interna e comunitaria, la dottrina e la giurisprudenza più recente (L.31.5.1995 n.218, Reg. Ce n. 2201/2003) hanno introdotto{{ interessanti novità}}, consentendo anche alle coppie italiane, a determinate condizioni, di avvalersi del cosiddetto “divorzio express” spagnolo, e di adire l’autorità giudiziaria iberica ( o di altre nazionalità) per chiudere , definitivamente ed in tempi brevi, una esperienza matrimoniale giunta al capolinea.

In particolare {{la vicina Spagna}} ha recentemente introdotto la Ley 15/2005, il cosiddetto “divorzio express”. Questa legge prevede la possibilità per le coppie sposate, decise ad interrompere definitivamente il rapporto matrimoniale, di richiedere un provvedimento di divorzio, senza dover prima affrontare il procedimento di separazione. Unico presupposto per adire l’Autorità Giudiziaria spagnola è essere sposati da almeno tre mesi.

Anche {{la Grecia}} ha approvato una legge che rende possibile alle coppie sposate di divorziare in poche settimane. Le leggi sul divorzio breve esistono già in Francia, Germania, Olanda, Belgio, Portogallo, Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia, Islanda, Lussemburgo, Croazia, Gran Bretagna, Svizzera, mancano all’appello solo Irlanda, Malta, Polonia e Italia.

Esaminiamo {{alcune realtà fuori dai nostri confini}}: in Gran Bretagna il divorzio si ottiene tramite Internet, attraverso siti come “Divorce on line”, grazie ai quali si pagano appena 65 sterline. In Svezia è ancora più facile Basta che la coppia prenda atto, sotto la propria responsabilità, che il matrimonio è finito, si può andare direttamente in Comune e apporre una firma alla presenza di un semplice funzionario amministrativo.

In Italia no, si discute, da anni, nel frattempo le famiglie, i figli, i minori, le nuove compagne e nuovi compagni restano imbrigliati nelle maglie di una politica farraginosa che non funziona e non tutela.

Vediamo le modifiche alle norme attuali : se ci sono figli minori due anni anzicchè tre!! Vi sembra un meraviglioso traguardo?

In realtà, l{{a separazione pone una distanza fisica, non psicologica,}} ci si sente ancora marito e moglie; il triennio che segue, in attesa che maturino i tempi per chiedere il divorzio, non aiuta ad elaborare il distacco perché il rapporto coniugale è come se non fosse terminato, per cui ci sono rivendicazioni, ripicche, malesseri che hanno invitabili ricadute sui figli. Passano i tre anni, marito e moglie, prima di poter affrontare con serenità un altro procedimento, devono elaborare e fare proprio il “divorzio psichico” dall’altro, percorso non sempre sereno.

Il periodo dalla separazione al divorzio è molto più conflittuale rispetto a quello che segue lo scioglimento del matrimonio.

Anche illustri sociologi, come {{Chiara Saraceno}}, dichiarano che “ tutti i consulenti familiari concordano che l’incertezza nello statuto del rapporto dei genitori (il limbo dei tre anni tra separazione e divorzio), unito ai contenziosi che ne scaturiscono, rendono più difficile ai figli l’elaborazione della separazione e la ridefinizione delle relazioni.” Insomma, tempi di attesa troppo lunghi possono causare disagio soprattutto ai figli minori.

Auguriamoci che una nuova e auspicata visione politica, meno confessionale e più laica, riuscirà a prenderne atto e liberare i cittadini da una situazione che crea malessere, fin da troppi anni.

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Simona Napolitani, Presidente dell’associazione “Codice Donna” ,
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