QUELLE DONNE COSI’ SCOMODE per i parroci, per i compagni e per le comari
Gisella Modica interroga le testimoni di una stagione dimenticata, quella dell’occupazione delle terre in una Sicilia tra Fascismo e Dopoguerra, dove a comandare erano i latifondisti spalleggiati dalla Mafia e i braccianti morivano di fame. Un racconto in due tempi, anzi tre: il tempo dei fatti, quello della ricerca, e infine quello in cui le voci raccolte, che dapprima appaiono confuse, diventano finalmente una Storia restituita alle protagoniste.
Figure indimenticabili per forza e intelligenza, eppure dimenticate anche dallo stesso Partito per cui militavano a rischio della loro stessa vita. Ma che i “compagni” ritenevano inaffidabili perché donne, il parroco teneva fuori dalle chiese perché comuniste e le comari criticavano perché non stavano al posto loro. Ma loro c’erano, e nei cortei dirette verso gli sterminati feudi dei padroni portavano le bandiere rosse e lo stendardo con il cuore di Gesù. Tra la nascita di una figlia e la morte della madre, le voci di quelle contadine restano mute per vent’anni. È il divenire adulta, il rinascere madre a se stessa, che consente all’autrice di trovare il filo che intreccia la sua con quelle di altre vite, vite che ci parlano da una realtà lontana nel tempo – il tempo delle lotte dei braccianti e della strage di Portella della Ginestra – ma che, ben prima del femminismo, ci mostrano quella differenza che la politica si ostina a ignorare.