Maura Vagli ha tratteggiato un ritratto di Adriana Seroni   per la Collana Italiane, diretta e ideata da Nadia Verdile  (Pacini Fazzi editore). Il libro verrà presentato oggi alle ore 18 a villa Bottini durante una iniziativa per l’8 marzo a Lucca.

Mi piace ricordare oggi, 8 marzo questo lavoro  di Maura Vagli perché fu una delle donne che nel lontano 1985 si adoperò perché uscissero sul quotidiano Paese Sera, allora diretto da Claudio Fracassi, un inserto sul protagonismo delle donne, la testata  era IL PAESE DELLE DONNE . La stessa su cui ancora oggi molte donne continuano a scrivere.  Da alcuni anni non è più su carta ma su rete telematica. Maura Vagli, che allora assieme a Lalla Trupia lavorava alla Sezione Femminile Centrale di Botteghe Oscure, non ci pensò due volte a sostenere e promuovere un collettivo redazionale di donne la maggioranza delle quali non era iscritta al PCI ma si batteva con tutte le proprie forze per i diritti, l’autodeterminazione, la libertà delle donne. Maura Vagli  seppe allora cogliere quello che sarebbe stato il futuro del movimento politico delle donne. E, a testimoniarlo, anche un piccolo particolare IL PAESE DELLE DONNE è sopravvissuto non solo a Paese Sera, ma anche al PCI. Perché la voglia di libertà, del riconoscimento dei propri diritti, di felicità  non si fa imbrigliare da noiose logiche di potere.  Ho voluto così ricordare un momento della storia della nostra testata affiancandola alla storia di Adriana Seroni raccontata da Maura Vagli, sua compagna di viaggio nel difficile percorso della politica.

QUESTO QUANTO SCRIVE MAURA VAGLI NELLE PRIMA PAGINE DEL LIBRO:

Adriana abitava in Trastevere, in un antico appartamento, con il cotto per terra ed ampie finestre, luminoso, elegante, grande, pieno di libri. Tra i tanti libri di storia, di studio, di ricerca, di letteratura, i suoi preferiti: Gioacchino Belli, molto amato, Montale, Herman Hesse.

Una sera, Angela Bottari ed io, su richiesta di Adriana, andammo a dormire da lei. Non voleva dormire da sola, e Adriano, suo marito, quella sera non c’era. L’invito ci fece molto piacere e, uscendo dalla Camera, ci avviammo tutte e tre verso casa sua, parlando, chiacchierando e discutendo di tutto un po’. Spesso dormiva da lei Bianca Bracci Torsi, staffetta partigiana, dirigente dell’Anpi, e pur venendo da una grande famiglia pisana, fin da ragazzina, sogna la rivoluzione. La loro fu una grande amicizia che andava oltre gli ideali e il lavoro comune.

La sua persona incuteva timore, esprimeva forza, coraggio, determinazione, autorevolezza. Il suo carattere appariva burbero, ma sotto quella scorza più apparente che reale, vi era una umanità grande, vi era comprensione, e anche dolcezza.

Per capire come il suo modo di essere era percepito all’esterno dirò di uno schizzo che Antonello Trombadori fece in Aula, un giorno che eravamo vicini di banco. Si tratta di un disegno spiritoso e tuttavia anche bello, Antonello direbbe satirico, in cui spiccano riccioli di capelli e occhi grandissimi, accompagnato dalla seguente dicitura «io sono la Seroni, non mi rompete ‘e coglioni, venite avanti a ginocchioni, che vi do due bei ceffoni». Adriana però aveva avuto con Antonello una vera polemica pubblica, a proposito di un sonetto che Antonello aveva scritto, pubblicato da «L’espresso», un sonetto davvero offensivo, soprattutto verso le donne. A cosa si riferiva? al XV Congresso del PCi dove, per la prima volta nel vocabolario dei comunisti, per bocca della Seroni, entrava l’espressione «l’oppressione di sesso».

Da soggetto politico a soggetto politico, così si delineava il rapporto tra donne e classe operaia, e più esattamente «un rapporto tra uomini e donne che tende a superare la secolare divisione di ruoli e sia fondato sulla parità, per assicurare le condizioni in cui possa esprimersi pienamente la volontà delle donne di liberarsi da ogni oppressione, compresa quella che si è storicamente determinata nel campo della sessualità». Una cosa seria, dunque, visto che c’era già qualcuno che ironizzava, non avendo la capacità di capire. Il sonetto si chiudeva rimandando, in modo volgare, le donne a casa ad allattare i bambini.  Adriana gli replicò assai seccata: «È molto grave in un comunista questo linguaggio, tanto più che egli cerca di coinvolgermi in questo atteggiamento, che invece detesto». Se ne scusò, pubblicamente, Antonello, cercando di motivare le sue parole con la satira.

In molti la temevano. D’altra parte per Adriana una cosa era la battaglia politica: i programmi, i contenuti, gli spazi per le donne, nel partito e nelle istituzioni, altra cosa erano i rapporti umani, la relazione con e tra le persone. E, quando occorreva, non rinunciava mai a dare battaglia. Al mio rientro dalla provincia, in transatlantico, il corridoio dei “passi perduti” della Camera, su uno dei divani vicino alla vetrata, che dà sul patio, sedute una di fronte all’altra, volle sapere da me come era andata a Lucca la discussione sulle candidature, poiché il gruppo del PCi della Camera, d’intesa con la direzione, mi aveva inserito tra gli “indispensabili”, cioè tra coloro che dovevano essere rieletti. La informai sull’andamento del dibattito e alla fine concluse «ho capito chi è stato». Passate le elezioni e concluso il mio terzo mandato parlamentare, nel mese di luglio del 1983, mi convocò nel suo ufficio alle botteghe oscure, al quarto piano. Le botteghe oscure, sede della direzione Nazionale del PCi, sono un grande palazzo di colore rosso mattone, che si trova al centro di Roma, tra Largo argentina e Palazzo Venezia, dalla cui finestra Mussolini era solito rivolgersi agli italiani. Il nome della via deriva dalle antiche botteghe del Medio evo. Il “bottegone” – così veniva chiamato – fu sede del PCi dal 1946 fino agli anni novanta, poi sede del Pds, numero 4 di via delle botteghe oscure. Fu venduto nel 1993 per tre miliardi e mezzo di lire. Oggi è la sede dell’abi, l’associazione delle banche italiane.

A sinistra, rispetto all’ingresso principale, vi era la Libreria rinascita. Questo per dire come il sapere, la lettura, la conoscenza fossero un punto fondamentale nella formazione politica e culturale della politica dei  “quadri”, come allora si chiamava la selezione della classe dirigente; lo stesso segno che trovai poi, quando venni eletta nel Comitato Centrale, nei libri che periodicamente mi venivano inviati dagli editori riuniti, a me come a tutti i membri del Comitato Centrale.

Le botteghe oscure sono poco lontane da piazza del Gesù, dove si trovava la sede nazionale della democrazia Cristiana, e anche poco lontane da via Caetani, diventata nota per la renault 4 rossa, nel cui bagagliaio, avvolto in una coperta militare, fu trovato il corpo senza vita, e quasi raggomitolato, dell’on. aldo Moro. Un’immagine che non mi ha più abbandonata. Una zona di grande traffico, molto frequentata a tutte le ore del giorno, per la presenza di luoghi di grande interesse.

Abitavo allora in Vicolo del Giglio, a due passi da Campo dei Fiori, là dove Giordano bruno ancora oggi mostra a tutti l’ingiustizia subita per amore della verità. L’incontro tra Adriana e me si concluse con la decisione di destinarmi alla sezione Femminile Centrale. Anch’io dunque mi trasferivo alle botteghe oscure. Cominciai così una nuova vita, con nuove responsabilità. Adriana, in quel luglio del 1983 era, ormai da quasi due anni, responsabile della organizzazione e faceva parte della segreteria Nazionale, un incarico di grandissimo rilievo. La sua nomina aveva suscitato l’interesse nazionale sotto tutti i profili, con un misto di sorpresa e di ammirazione, ed anche qualche invidia e qualche malignità, non escluso l’ambiente toscano, la sua terra d’origine.