Nel mondo 200 milioni di bambini non hanno accesso alle cure di base e 26.000 bambini con meno di cinque anni muoiono ogni giorno. A rivelarlo il nono“Rapporto sullo Stato delle Madri nel mondo”, presentato il 6 maggio in un convegno a Roma. Sono i paesi scandinavi, con la Svezia al primo posto, seguita da Norvegia e Islanda, le nazioni che possono vantare parametri d’eccellenza attinenti alla salute, l’educazione e la condizione economica di madri e bambini. Festa della Mamma: Save the Children, Italia prima di 146 paesi nella classifica del benessere dei bambini e diciannovesima per quello delle mamme.

I Paesi in cui {{le madri stanno peggio}} sono le nazioni dell’{{Africa Sub-sahariana}}, con il Niger all’ultimo posto, che si conferma come il luogo peggiore dove una mamma possa vivere.
Questa la fotografia che emerge dal nono [Rapporto sullo Stato delle Madri nel Mondo->http://www.savethechildren.it/2003/download/Pubblicazioni/SOWM2008_Report.pdf], la pubblicazione annuale, {{in inglese}}, di Save the Children sulla salute materno-infantile in numerosi paesi del mondo, che prende in esame alcuni indicatori che vanno dall’indice di mortalità infantile alla scolarizzazione, all’aspettativa di vita alla nascita, piuttosto che l’uso della contraccezione, la partecipazione delle donne alla vita politica o la loro capacità di avere un reddito.

“Secondo Save the Children, la {{qualità di vita di un bambino dipende dalla salute, dalla sicurezza e dal benessere della propria madre}} – afferma Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia -. Solo assicurando alle donne educazione, benessere economico e possibilità di accedere ai servizi e alle cure sanitarie, sia quelle donne che i loro figli avranno maggiori possibilità di sopravvivere e crescere sani.”

{{L’Indice delle Madri: i primi e gli ultimi paesi}}

Il gap che emerge tra i paesi in cima e quelli in fondo alla lista è stridente. Mentre in {{Svezia}} ogni parto avviene con l’assistenza di personale medico, in Niger solo il 33% dei parti è assistito. Il 72% delle donne svedesi usa i contraccettivi, dedica alla propria istruzione una media di 17 anni, ha un’aspettativa di vita di 83 anni e solo una donna su 185 rischia di perdere il proprio figlio prima che compia cinque anni. Al contrario, in {{Niger}}, solo il 4% della popolazione femminile usa la contraccezione, una donna va a scuola in media per 3 anni, ha un’aspettativa di vita di 45 anni e, considerando che 1 bambino su 4 muore prima di aver raggiunto i cinque anni, ciò implica che quasi ogni donna rischia di veder morire suo figlio e 9 madri su 10 addirittura perdono ben due bimbi nel corso della propria vita.

Le {{ultime dieci posizioni sono occupate da Niger, Ciad, Yemen, Sierra Leone, Angola, Guinea-Bissau, Eritrea, Djibuti ed Etiopia}}, tutti paesi in cui le condizioni di vita delle mamme e dei loro bambini sono estremamente difficili: i due terzi dei parti avvengono senza assistenza specializzata, una madre su 21 rischia la vita per cause correlate alla gravidanza, ogni donna in media rischia di perdere un figlio almeno una volta nella vita , 1 bambino su 6 muore prima di aver compiuto 5 anni e 1 su 3 soffre di malnutrizione. Inoltre, 1 bambino su 3 non frequenta la scuola primaria, il rapporto tra bambine e bambini iscritti a scuola è di 3 a 4, in media le bambine riescono a malapena a frequentare 5 anni di scuola. Inoltre c’è una forte disparità tra il reddito di una donna e quello di un uomo.

L’{{Italia: al primo posto per i bambini, ma gli indici per il benessere materno sono uguali a quelli di Botswana, Benin e Nepal}}
_ Per quanto riguarda il nostro Paese, considerando i tre parametri che servono a valutare il solo {{benessere infantile}} (tasso di mortalità sotto i 5 anni; tasso di iscrizione alla scuola materna; tasso di iscrizione alla scuola superiore), l’Italia si posiziona al primo posto, seguita da Germania, Francia e Svezia.
_ In particolare, nel nostro paese, nel 2006, la {{mortalità infantile}} ha registrato uno dei valori più bassi in assoluto – 4 morti su 1000 nati – mentre il tasso di iscrizione alla materna e alla scuola superiore si attestavano, rispettivamente, al 104% e al 99%. Rispetto allo scorso anno in cui l’Italia già deteneva la vetta della classifica, gli indici si sono mantenuti stabili, con un lieve miglioramento per quanto riguarda il tasso d’iscrizione alla scuola materna, passato dal 103% al 104%.

Se in Italia la pressoché totalità delle bambine e dei bambini gode di buona salute e di un’adeguata istruzione, non può dirsi la stessa cosa per il {{Niger}}, ultimo anche nella classifica per il benessere infantile, dove un bambino su 4 rischia di morire prima dei 5 anni, il 44% dei bambini è malnutrito e solo meno della metà di essi sono iscritti a scuola .

All’interno dell’{{indice delle madri, invece, l’Italia è al 19° posto}}: è analizzando i parametri relativi alla salute e benessere delle mamme, alla parità di genere e alla tutela della maternità, che emergono differenze e distanza fra l’Italia e i paesi che hanno guadagnato la testa della classifica. In particolare, confrontando la condizione delle {{mamme e donne italiane, con quella delle mamme e donne svedesi}}, le distanze maggiori si registrano rispetto alla salute, al ricorso alla contraccezione, alla partecipazione al governo nazionale, alle differenze di reddito con l’uomo.
_ In Italia è il 39% delle donne che fa uso di contraccettivi a fronte del 72% delle donne svedesi. Le donne italiane percepiscono uno stipendio pari al 47% rispetto a quello dell’uomo mentre le svedesi hanno un salario di poco inferiore (pari all’81%) a quello maschile. Per quanto riguarda i {{benefici per la maternità}}, una donna italiana in maternità prende l’80% del suo stipendio ordinario, mentre una svedese percepisce lo stipendio pieno.
_ Nel 2008 la partecipazione delle donne italiane al governo del paese è del 17% (questa la percentuale di posti occupati da donne) contro il 47% in Svezia.

L’evidenza che emerge analizzando i dati relativi all’Italia è che {{nel nostro paese esista una buona tutela per la salute e l’istruzione infantile}}, ma altrettanto nettamente affiora una {{sostanziale disparità di genere}}, che fa sì che il nostro paese si posizioni dietro a nazioni come Slovacchia, Grecia ed Estonia e appena prima di Portogallo, Lituana e Lettonia. Basti pensare che la {{percentuale di donne che in Italia utilizzano la contraccezione è uguale a quella del Botwana (39%)}}, il rapporto tra reddito femminile e maschile è pari a quello del Benin (0,47), e infine la partecipazione delle donne alla vita politica (17%) corrisponde a quella della Bolivia, Gabon e Nepal.

{{Gli indicatori del rapporto: alcuni dati}}

Nello scenario globale, ecco alcuni esempi che partono dagli indicatori di base del Rapporto sullo Stato delle Madri nel Mondo:

– {{Assistenza al parto}} – Solo il 6% delle nascite sono assistite in Etiopia e il 15% in Ciad e Afghanistan, percentuale che sale al 94% e 96% rispettivamente in Botswana e Sri Lanka.

– {{Mortalità materna}} – 1 donna su 7 muore di parto in Niger, 1 su 8 in Afghanistan e Sierra Leone. In Irlanda, la proporzione è di 1 su 47.000.

– {{Aspettative di vita}} – una donna vive in media 30 anni in Swaziland, 34 in Lesotho, 40 nella Repubblica Centro-Africana, in Zambia e Zimbawe, contro gli 86 anni medi di una donna giapponese.

– {{Utilizzo della contraccezione}} – meno del 5% delle donne utilizza la moderna contraccezione in Afghanistan, Angola, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Guinea, Guinea-Bissau, Niger, Rwanda e Sierra Leone, contro l’80% delle donne inglesi e cinesi.

– {{Rapporto tra guadagni medi maschili e femminili}} – in Egitto, Marocco, Oman, Qatar, Sudan ed Emirati Arabi Uniti, una donna guadagna al massimo il 25% rispetto ad un uomo, in Arabia Saudita la percentuale scende al 16%, mentre due paesi diversi come Kenya e Svezia hanno la stessa percentuale pari all’80%.

– {{Partecipazione alla vita politica}} – nessuna donna siede in Parlamento in Belize, Oman, Qatar e Arabia Saudita. La Svezia e il Rwanda hanno una percentuale pressoché identica di donne che partecipano alla vita politica del paese, che arriva quasi ad eguagliare quella maschile, con rispettivamente il 47% e 49%.

– {{Scolarizzazione}} – in Niger e Djibuti una donna frequenta la scuola in media per 4 anni e più della metà dei bambini in età scolare non sono iscritti, mentre in paesi come l’Afghanistan, Repubblica Centro-Africana, Ciad e Guinea- Bissau il rapporto tra bambine e bambini iscritti alla scuola primaria è di 2 su 3. All’estremo opposto, l’Australia e la Nuova Zelanda, dove in media una donna dedica 20 anni alla propria istruzione e formazione.

– {{Mortalità Infantile}} – in Afghanistan, Angola, Niger e Sierra Leone, 1 bambino su 4 muore prima del suo quinto compleanno, mentre in Svezia e Islanda questo accade solo ad 1 bambino su 333.

– {{Malnutrizione}} – circa il 40% dei bambini con meno di 5 anni soffre di forme più o meno gravi di malnutrizione in India, Madagascar, Niger, Sudan, Timor-Leste e Yemen, percentuale che sale al 50% in Bangladesh.

– {{Accesso all’acqua potabile}} – più del 70% della popolazione dell’Etiopia e della Somalia e del 60% di quella dell’Afghanistan e della Papua Nuova Guinea non hanno accesso all’acqua potabile.

– {{Accesso ai servizi sanitari di base}} – 200 milioni di bambini senza cure
Quest’anno il Rapporto sullo Stato delle Madri nel Mondo ha come suo focus l’accesso dei bambini alle cure di base, intendendo per queste ultime l’assistenza prenatale, quella durante il parto, le vaccinazioni e le cure per diarrea e polmonite. Attualmente, 200 milioni di bambini non hanno accesso ad alcuna cura di base e 26.000 bambini con meno di cinque anni muoiono ogni giorno, per un totale di quasi 10 milioni all’anno.

Analizzando {{55 paesi in via di sviluppo}}, che da soli rappresentano il 60% dei bambini al di sotto dei 5 anni del mondo e l’83% delle morti infantili, quelli che stanno compiendo i più grandi progressi per garantire l’accesso alle cure di base a tutti i bambini sono Filippine, Perù, Sud Africa e Indonesia. La {{maglia nera, invece, spetta all’Etiopia}}, ultima della lista, e preceduta da Somalia, Ciad, Yemen e dalla minoranza Lao della Repubblica Democratica del Congo.

In questi paesi, c’è una {{forte differenza tra i bambini più poveri e quelli più ricchi}}: in Mali e Nigeria, ad esempio, i bambini più indigenti rischiano 2,5 volte in più rispetto a quelli benestanti di non ricevere le cure necessarie, mentre in India e Indonesia i primi rischiano di morire tre volte in più rispetto ai secondi. senza raggiungere i cinque anni.

“Nei paesi in via di sviluppo è fondamentale agire tenendo in considerazione il contesto socio-economico locale. – afferma Valerio Neri – In paesi come il Malawi, ad esempio, il rapporto tra il numero di abitanti e il personale sanitario è tra i peggiori del mondo, con 2 dottori ogni 100.000 persone: in tali contesti è essenziale investire sulla formazione dei cosiddetti “volontari per la salute” che operino all’interno delle comunità, a volte semplicemente dando dei consigli sui rimedi da adottare per garantire la salute delle mamme e dei loro bambini. Grazie a loro, ad esempio, abbiamo salvato milioni di bambini che morivano a causa della malaria: la nostra esperienza in tutto il mondo ci dimostra che questo tipo di programmi funziona”.

Con{{ interventi semplici e a basso costo}}, che prevengano le principali cause della mortalità infantile, si potrebbero {{salvare le vite di 6 milioni di bambini all’anno}}, pari a circa 3 volte la popolazione di una città come Milano. Riuscire a farlo solo in India e Nigeria, significherebbe prevenire il 20% di tutte le morti infantili.
_ L’allattamento materno, ad esempio non serve solo per nutrire ma aiuta a rafforzare le difese immunitarie del bambino nei confronti delle comuni malattie infantili. Per evitare che molti bambini muoiano a causa della disidratazione provocata la diarrea basterebbe una semplice terapia per la reidratazione orale, così come gli antibiotici possono combattere la polmonite e l’utilizzo congiunto di zanzariere e insetticida contribuisce ad evitare il contagio da malaria.

{{Nelle nazioni più sviluppate}}, i bambini che hanno maggiori difficoltà ad essere curati e verso i quali occorre prestare maggiore attenzione, appartengono a fasce svantaggiate della popolazione, come quelle a basso reddito, o a minoranze etniche. Negli Stati Uniti, ad esempio, i gruppi più a rischio sono i nativi americani, coloro che arrivano dall’Alaska , che hanno una percentuale del 50% in più di morti bianche rispetto al dato globale del paese, mentre per gli Afro-Americani la possibilità aumenta di 2,4 volte.

Esiste una {{stretta correlazione tra il benessere materno e quello infantile}}. [Investire sul benessere materno->http://www.desideri.savethechildren.it/] è dunque la cosa giusta da fare, afferma Save the children