Grazie a Valentina Capati che ci ha inviato l’aggiornamento sulla situazione dei centri antiviolenza umbri con il comunicato della Rete Umbra per l’autodeterminazione.


In Umbria, fino al 2014, non esistevano Centri Antiviolenza residenziali. 

In dieci anni, le associazioni femminili e femministe umbre hanno costruito, anche in collaborazione con le istituzioni locali, un sistema di accoglienza e ospitalità che oggi consta di 13 Centri Antiviolenza, case di emergenza-urgenza e case rifugio ad indirizzo segreto, nonché strutture di semi autonomia.

Nel 2016 la Regione Umbria, con la Legge n. 14 del 25 novembre 2016 – Norme per le politiche di genere e per una nuova civiltà delle relazioni tra donne e uomini – ha previsto espressamente che i servizi antiviolenza venissero gestiti da associazioni ed organizzazioni di donne, che avessero quali  finalità ed attività primarie la prevenzione e il contrasto della violenza degli uomini contro le donne, l’adesione agli obiettivi della Convenzione di Istanbul, nonché maturato esperienze e competenze specifiche in materia di violenza contro le donne.

Fino al 2021 in Umbria, le associazioni femminili hanno collaborato alla costruzione, dal nulla e con risorse contingentate, di un sistema integrato di accoglienza e ospitalità per donne e minori altamente qualificato, con operatrici specializzate che hanno maturato esperienza durante i tirocini nei Centri Antiviolenza accreditati dalla regione. Un sistema che si avvale di una metodologia della relazione tra donne validata a livello internazionale, non giudicante, libera da qualsiasi condizionamento religioso o di altra natura.

Nel 2021 il Comune di Terni, dopo sette anni di gestione dei servizi antiviolenza da parte di un’associazione femminista, indice una gara di appalto utilizzando il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, trascurando l’importanza della metodologia dei Centri Antiviolenza e mettendo a repentaglio l’autonomia delle scelte delle donne.

Tutte le associazioni antiviolenza protestano perché la gara d’appalto al ribasso non è certo lo strumento adatto ad assegnare “servizi” di questa natura, perché così facendo verrebbero cancellati anni di buone pratiche, perché il capitolato non rispetta i requisiti previsti dalla legge regionale 14/2016 per la prosecuzione della gestione dei servizi antiviolenza, perché il rischio che si corre è quello di snaturare i luoghi delle donne, di trasformarli in meri servizi di assistenza a persone in difficoltà. Il Comune di Terni tira dritto e la gara viene vinta da un’associazione di stampo cattolico senza alcun coinvolgimento delle associazioni che storicamente si occupano di contrasto alla violenza di genere sul territorio.

Nel 2024 la stessa associazione nell’avviso di coprogettazione del Comune di Narni per la gestione dei servizi antiviolenza ottiene un punteggio superiore a quello dato al Forum Donne Amelia, associazione femminista, che nella zona sociale 11 ha avviato i servizi antiviolenza e attualmente li gestisce in proroga fino al 29 febbraio. Il Forum donne Amelia è esclusa dal procedimento e ha presentato ricorso.

Nell’ultima riunione presieduta dalla Ministra Roccella per la revisione dell’Intesa Stato Regioni sui requisiti minimi per l’accreditamento dei Centri Antiviolenza e delle Case Rifugio è apparso evidente l’indirizzo di voler ampliare a qualsiasi soggetto la gestione dei servizi stessi, facendo cadere gli attuali requisiti difesi strenuamente dalle associazioni femministe che hanno creato in Italia i Centri Antiviolenza. Conferma di questo indirizzo è l’aver prorogato da 18 a 36 mesi il periodo concesso a tutti i soggetti interessati per certificare l’acquisizione dei requisiti minimi per la gestione. 

Questi precedenti ci spingono, come Rete Umbra ad evidenziare il rischio che le istituzioni nazionali e della nostra regione travisino l’identità politica dei Centri Antiviolenza e le modalità operative degli stessi, cancellando il ruolo delle associazioni femminili e femministe che questi luoghi li hanno costruiti con anni di sacrifici e lotte. Associazioni che non solo gestiscono “servizi” ma che da sempre lavorano per promuovere il cambiamento sociale e culturale indispensabile a contrastare la violenza sulle donne attraverso attività di formazione e sensibilizzazione.

Negli ultimi giorni anche il Comune di Spoleto ha pubblicato un bando, poi annullato, per la gestione del Centro Antiviolenza gestito fin dal 2018 da una associazione femminista che dal 2009 si occupa di contrasto alla violenza di genere, e altri Comuni (tra cui la stessa Terni) potrebbero presto mettere a bando la gestione dei servizi antiviolenza. 

Cosa accadrà a questi luoghi? Si terranno in considerazione le norme, le direttive regionali, nazionali ed internazionali che prevedono che a gestire tali servizi siano associazioni di donne? Si valorizzerà l’esperienza e la professionalità delle operatrici che hanno lavorato nei Cav per anni?

Queste e altre domande ci affliggono ormai da tempo, nella speranza che possano trovare presto risposte da parte delle istituzioni, come Rete Umbra continueremo a chiedere che i Centri Antiviolenza vengano preservati, che la professionalità venga garantita e che le donne trovino accoglienza e ospitalità in luoghi sicuri perché attraversati da donne.

Rete Umbra per l’autodeterminazione