Ridistribuire la cura, dividere e compartire il lavoro della vita
Dalla mailing list “la non violenza è in cammino” riprendiamo questo intervento di Tiziana Plebani. Ognuno, uomo o donna che sia, accetti di compiere una parte del lavoro di cura, dentro e fuori le case.La parola “casa” è stata nel passato sinonimo di donna, del lavoro quotidiano di cura delle donne.
_ Non è più così o lo è molto di meno. Ora questo mondo, un universo fatto di cibi cucinati e di panni lavati e stirati, di ordine e accoglienza degli ambienti della vita, di carezze e ninne-nanne per i bambini, luogo spesso di sofferenze e di dominio, di spazi di potere indiretto, di riconoscenza solo attraverso l’affetto dei propri cari, questo mondo in Occidente sta sparendo; non ci ha fatto voglia, l’abbiamo criticato e ci siamo sottratte, a buon diritto.
Tuttavia erano le donne a tenere curate le case e a dare protezione agli uomini che ora se ne vanno soli e sempre più spesso pieni di rancore e disancorati per il mondo; erano le donne a crescere i figli, ad aspettare che prendessero il via quando l’avevano deciso, perchè loro, le donne, erano là ad aspettarli, a casa, sempre.
_ Ora i figli sono spesso soli nelle case. Erano le donne a custodire il villaggio, a diffondere le notizie, a tessere le reti solidali e insieme petulanti del vicinato, a esserci nel bene e nel male, esserci sempre lì.
Ora è difficile anche riuscire a ricevere un pacco e il postino nemmeno suona più e lascia con gesto automatico l’avviso di ricevimento.
_ {{Siamo sempre meno nelle case, sempre più fuori}}, a lavorare, a guadagnare per vivere e a costruirci un posto nel mondo. Molte di noi hanno delle controfigure, domestiche e babysitter, che riempiono un po’ il vuoto delle case e delle relazioni, ma il risultato non è lo stesso, lo sappiamo; molte di noi vivono sole e si bastano.
Vite schiacciate dal lavoro, o dalla sua mancanza, dalle storture di un mondo dove le merci hanno più valore degli individui si stemperavano nelle case, addosso alle donne; in parte succede ancora ma sempre meno; le donne si sottraggono, sono altrove, si prendono una parte della fatica del mondo, il resto se la fanno scivolare via. Ma è una ferita ancora non rimarginata, è fresca e fa male, agli uomini fa male e alcuni uomini così fanno male, con un linguaggio rozzo e violento parlano del loro bisogno, della loro mancanza.
Possiamo svelare che tutto ciò manca anche a noi? Che è stato necessario sottrarsi ma che {{non c’è compensazione del vuoto d’amore e di cura}}? Che a tutti manca l’amore della madre? E che non è in gioco una lotta tra più forti bensì una trasformazione da cui potremo uscire non tanto vincitori o vinti ma semplicemente più umani?
{{Dunque come fare a sostituire l’universo di cura che manca}}, di cui il mondo ha bisogno, di cui noi tutti abbiamo bisogno, perchè i luoghi, oltre le case, siano vivi e caldi, perchè circoli amorevolezza e si dissolva la marea aggressiva?
_ Non c’è via d’uscita, l’unica soluzione è che ognuno, {{uomo o donna che sia, accetti di compiere una parte del lavoro di cura,}} dentro e fuori le case, dovunque, in modo vi sia dappertutto un occhio benevolo che ci accompagna simile a quello della madre, che ci salutava quando uscivamo per andare a scuola, seguendoci fin dove il suo sguardo, e anche oltre, sapeva raggiungerci per proteggerci e incoraggiarci a procedere.
{{Ridistribuire la cura, dividere e compartire il lavoro della vita}} che si rinnova e chiede attenzione, portarne il peso ma con valore, come una medaglia, come un gonfalone retto da uomini e donne, come una melodia intonata dalla banda comunale; riuscire a far comprendere ciò che le nostre antenate non potevano reclamare ma che noi, che ora siamo anche là fuori, sappiamo: che una buona cena cucinata per tutti vale come un incartamento d’ufficio, che una casa ripulita e accogliente è una pratica archiviata, che un figlio incoraggiato nei suoi compiti scolastici è un obiettivo aziendale raggiunto, che un fiore coltivato nello spazio condominiale è un bene culturale.
{{Purché tutto ciò non sia un segreto femminile}} rinchiuso tra quattro mura bensì divenga valore sociale e condiviso, ridistribuito tra uomini e donne; purché la cura sia una trama che, a modo proprio, accetti di intessere Ulisse insieme a Penelope per onorare la vita.
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