ROMA – 9.000 persone dormono per strada – 11 sono morte per il freddo – manca la pianificazione per risolvere un problema che non si può affrontare solo con l’emergenza
Aveva trovato riparo vicino a un’edicola di piazza Irnerio, nel quartiere Aurelio di Roma, ma non è riuscito a superare la notte. Un uomo di 50 anni, senza dimora, è una delle ultime vittime che si aggiunge alla tragica lista delle morti in strada nella Capitale. E che conta, secondo l’ultima stima della Comunità di Sant’Egidio, 11 decessi da novembre a oggi. Un numero alto e allarmante su cui oggi le associazioni che, da anni lavorano al fianco dei più deboli, chiedono un cambio di passo. Non basta il rammarico, non bastano i posti, ma bisogna uscire dall’emergenza ripensando al modello di presa in carico, per evitare di trovarsi nella stessa situazione anche il prossimo inverno.
Il piano freddo prevede 1661 posti per l’emergenza notturna. Cri: “In strada novemila persone, posti insufficienti”. “Il numero delle persone morte in strada quest’anno è sicuramente molto alto ma non diverso da quello dello scorso anno – sottolinea la presidente della Croce Rossa di Roma, Debora Diodati -. Il problema è sempre lo stesso: continuiamo ad agire in emergenza, e oggi effettivamente siamo in emergenza, mentre manca, come sempre, una vera pianificazione. Servono delle strutture che possano accogliere queste persone non solo in inverno ma tutto l’anno. Inoltre, i numeri del Piano freddo di Roma sono troppo bassi”. In una nota, l’assessorato alla Persona, Scuola e Comunità solidale ha diffuso il numero totale dei posti per l’accoglienza notturna dei senza dimora: il piano freddo operativo dal 10 dicembre 2018 al 10 aprile 2019, mette a disposizione, ogni giorno, 486 posti per l’accoglienza, integrando il circuito ordinario che assicura quotidianamente 1.075 posti. A ciò si aggiungono le strutture del piano gelo, organizzate per fronteggiare radicali abbassamenti delle temperature ed eventi climatici avversi. In questo modo viene garantita accoglienza ad altre 100 persone tra Stazione Tiburtina, Stazione Termini, Casa di Riposo in Via Ventura. Sono state inoltre aperte le Stazioni Metro di Piramide e Flaminio. Nel complesso sono quindi utilizzabili ogni giorno 1.661 posti. “Il problema – spiega Diodati – è che sulla strada ci sono più di novemila persone, le strutture a disposizione, quindi, non sono assolutamente sufficienti. Detto questo – aggiunge – proprio per evitare di ripetere ogni anno la stessa cosa non si può continuare con l’apertura di strutture temporanee, ma pensare a progetti diversi, a strutture permanenti per accogliere le persone tutto l’anno, anche al social housing, dove pensare anche percorsi di reinserimento sociale”. Secondo la presidene della Croce Rossa di Roma andrebbero potenziati anche i servizi di strada, che per ora vengono fatti quasi esclusivamente dalle associazioni. “Solo con la presenza in strada si riescono ad agganciare le persone – spiega -. Questo sia per intercettare le tante persone con malattie gravi e croniche, sia perché stabilendo una relazione diretta con le persone è più facile aiutarle. Se questo non si fa, non ci si può stupire se i ricoveri sono semivuoti”. Secondo indiscrezioni di stampa, per far fronte all’emergenza la sindaca di Roma Virginia Raggi, sta pensando a un’ordinanza che prevede l’obbligo di ricovero per i senza fissa dimora che rifiutano l’accoglienza.
Sant’Egidio: parola chiave è accompagnamento. Aumento persone in strada anche per effetto del decreto Salvini. Anche per Carlo Santoro della Comunità di Sant’Egidio la situazione è molto complessa, e va distinta l’emergenza di questi giorni da un intervento più a lungo termine. “Ci vuole un piano per l’aiuto ai senza dimora che duri tutto l’anno – sottolinea -. Molte delle persone che sono per strada sfuggono al rapporto con le istituzioni, i servizi sociali non li conoscono, molti hanno problemi di alcolismo o di disagio psichico e fanno fatica a chiedere aiuto. Appena c’è un morto si parla solo di numeri e posti o del fatto che le persone spesso rifiutano i ricoveri di emergenza. Ma le persone senza dimora vanno considerate singolarmente, e solo il contatto quotidiano ci consente di conoscerle. Sono persone difficili ma la parola chiave non può che essere accompagnamento. Anche a noi succede spesso di trovare persone che inizialmente rifiutano un posto per la notte, ma poi riusciamo a portacele e a seguirle. Qualcuno dovrebbe chiedersi, per esempio, come mai la Chiesa di San Callisto a Roma è sempre piena e altri posti no. La nostra operazione è proprio incentrata sull’accompagnamento, che significa presa in carico: non solo scaricare il senza dimora nel dormitorio ma capire che problematiche ha, seguirlo”. Sant’Egidio distribuisce anche i pasti in strada nelle stazioni. “Inizialmente operavamo il martedì e coprivamo solo Termini ora, invece facciamo 25 tappe e abbiamo incrementato anche i giorni in sinergia con altre associazioni. Non diamo solo coperte ma proviamo a convincere le persone ad andare nei posti dove possono essere aiutate – spiega -. In questo momento si stanno sviluppando a Roma anche diverse best practice, portate avanti anche dalle piccole parrocchie. C’è anche l’esempio del III Municipio. I posti restano vuoti se la gente non sa o non è accompagnata”. Nell’ultimo periodo non è raro vedere in strada anche persone che hanno perso il permesso di soggiorno e il lavoro in seguito all’entrata in vigore del decreto Salvini. “Si tratta soprattutto di maghrebini, che hanno una storia di lungo corso in Italia ma che oggi non possono più lavorare perché non gli è stata rinnovata la protezione umanitaria- sottolinea -. Gente disperata che non ha più niente, o fa lavori saltuari in nero”. Secondo Santoro ora a Roma serve uno stanziamento straordinario per pensare a una piano realmente strutturale: “non è sopportabile che una città come Roma dica che ha fatto il possibile, non si può accettare questa realtà in maniera passiva, io non credo di aver fatto tutto il possibile, neanche Roma lo ha fatto”.
Anche la Caritas Roma, in una nota, sottolinea come sia necessario recuperare “il senso dell’agire civile a partire da scelte concrete di prossimità e di ascolto: non possiamo accettare che le persone più vulnerabili continuino a morire sotto gli occhi di tutti, sotto le nostre case, senza che si muova qualcosa o qualcuno, continuando ad assistere impotenti a queste tragedie – continua la nota -. E non basta nemmeno commuoversi, provare un moto di “pietà” verso questi fatti e poi continuare a vivere le nostre giornate come se non fosse accaduto nulla”. “Questi decessi gridano alle nostre coscienze, di cittadini e di esseri umani: la città deve farsi carico, in tutti i modi possibili, degli ultimi che abitano le strade. (Eleonora Camilli)