Roma. Aborti al San Camillo, la protesta: no a un primario obiettore di coscienza
Su Facebook la mobilitazione preventiva dopo le voci del possibile arrivo alla guida di ostetricia e ginecologia di un medico proveniente da un ospedale religioso.(L’informazione a cura di Ambra Murè,diffusa dalla Assemblea delle donne per i consultori del Lazio)
Un primario di ostetricia obiettore di coscienza in un ospedale pubblico. A Roma non sarebbe certo la prima volta. Ma se questo stesso primario provenisse da una struttura confessionale? In questo caso solo il sospetto è bastato per riportare sulle barricate la rete romana di donne che sostiene e vigila sull’applicazione della Legge 194. Il mezzo scelto per contarsi è Facebook. È qui infatti che si sta organizzando la protesta (preventiva) per evitare che alla guida del reparto di ostetricia e ginecologia del «più grande ospedale pubblico della nostra Regione», nonché centro di riferimento regionale per la Legge 194, ossia il San Camillo, arrivi «un primario proveniente da un ospedale privato della chiesa».
La levata di scudi su Facebook
Quasi 2mila membri, tra donne e uomini, in appena 5 giorni: il gruppo “No a un primario obiettore di coscienza al San Camillo” continua a macinare adesioni. L’ha aperto Lisa Canitano, ginecologa e presidente dell’associazione “Vita di donna”, come reazione quasi istintiva alle «voci che si fanno sempre più forti» in merito al concorso in via di espletamento per individuare il nuovo direttore di ostetricia e ginecologia del San Camillo. «Si tratta solo di voci – ribadisce Lisa Canitano – e ci auguriamo di essere smentite. Ma a scanso d’equivoci abbiamo deciso di chiarirlo sin da subito: la nomina di un primario confessionale sarebbe inaccettabile». Una vera e propria «umiliazione».
Ritorno al passato
Sulla pagina del gruppo Facebook le parole chiave sono «diritto», «libertà di scelta» e «laicità». Ma il rischio non è solo – come scrive qualcuna – di «tornare indietro di decenni e vanificare le nostre lotte giovanili». «Il problema – sostiene Lisa Canitano – è anche il livello di assistenza complessiva che si garantisce alle donne e alle coppie. Non basta infatti mettere a disposizione una stanza, magari ben lontana alla vista, per eseguire gli aborti. C’è bisogno di accoglienza, professionalità e del massimo della modernità tecnologica nella diagnostica prenatale. Tutte cose che un primario confessionale non può garantire».
Il precedente del Policlinico Umberto I
La battaglia per il San Camillo arriva peraltro in un momento in cui nella Capitale è ancora vivo il ricordo dello scandalo che ha recentemente riguardato il Policlinico Umberto I. Dove, causa prepensionamento dell’unico medico non obiettore, le interruzioni volontarie di gravidanza sono state sospese per quasi due mesi. In quel caso la protesta immediata, organizzata della rete #IoDecido, ha evitato che il disservizio durasse più a lungo. Ma, come denuncia il coordinamento regionale per la legge 194, gli stop al servizio sono piuttosto comuni nel Lazio.
La situazione nel Lazio «A oggi ad esempio – rivelano dal coordinamento – gli ospedali di Genzano e Gaeta non eseguono più ivg per mancanza di personale non obiettore». Altrove si diminuiscono drasticamente le sedute operatorie. «Accade a Viterbo e persino a Roma, al Sant’Eugenio, dove attualmente il servizio è attivo solo una volta a settimana». Pensa a casi come questi Lisa Canitano quando dice che «a Roma, come nel resto del paese, la 194 è una conquista tutt’altro che scontata. E se fino a oggi gli attacchi sono stati respinti al mittente è solo grazie all’ininterrotta attenzione da parte delle donne». Adesso tutti gli occhi sono puntati sul San Camillo.
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