ROMA – alla GALLERIA NAZIONALE già GNAM “Time is out of joint” – Si può vedere l’arte e la sua storia con occhi di donna
Ho avuto la sensazione, per la prima volta, che la cultura elaborata in questi decenni di femminismo sia andata oltre la scelta di valorizzare la donna e il suo protagonismo nella storia dell’arte. A rendere tangibile il di più che è stato elaborato sono le scelte della nuova direzione di quella che è stata la Galleria Nazionale d’Arte Moderna.
Cristiana Collu ha scelto, per rilanciare l’edificio di Cesare Bazzani, costruito come padiglione nazionale dell’Expo del 1911, un modo non addomesticato di incontrare l’arte. Questo nuovo allestimento che non sarà permanente ma proposto come un mostra temporanea, durerà fino alla primavera del 2018. E’ stata cancellata la visione accademica, da manuale della storia dell’arte italiana tra Ottocento e Novecento.
Titolo della mostra: “Time is of joint”: il concetto di un tempo letteralmente “slogato” e quindi “fuori asse”, “scardinato” “disarticolato”, porta ad escludere un percorso espositivo che rispetti le distanze cronologiche, accostando semmai le opere tra loro secondo altre assonanze.
Le categorie: arte moderna e contemporanea sono state frantumate. Una scelta che punta a far discutere, perché la GALLERIA NAZIONALE (così si può chiamare ora) è stata finora punto di riferimento di una consuetudine disciplinare legata ad una visione della storia dell’arte come percorso ordinato, progressivo, unidirezionale, funzionale ad un insegnamento tradizionale.
Con Cristiana Collu finalente vengono proposte nuove forme d’apprendimento. Così facendo è stata rotta una dimensione lineare docente-opera-discente a favore di una circolare dove in ogni punto si vanno ad intersecare i vari soggetti. Siano essi insegnante-opera- alliev*, o artista-opera- fruitore. Ma oltre a questo il nuovo allestimento che riunisce 500 opere di 170 artisti, propone un percorso per assonanze visive, simboliche e concettuali, capaci di far risuonare una infinità di rimandi in chi percorre questi spazi ripensati anche nella loro bianca luce naturale. Relazione diventa quindi la parola chiave per entrare in queste sale ampie e luminose. Qui, ogni opera dialoga con le altre all’interno dello spazio privilegiato della visione, dove il tempo rassicurante della storia passata viene sostituito da un orizzonte aperto, dove i riferimenti provengono dalle relazioni delle opere tra loro, ma anche dalla relazione di chi la guarda facendola interagire con il proprio vissuto culturale ed esistenziale.
Chi ha curato questa proposta è riuscita a mettere in pratica una sintassi comunicativa che rompendo con una tradizione propria della filosofia euclidea ci ha traghettato in quella quantistica capace di farci superare la tridimensionalità della percezione. Entriamo così in un mondo dove energie, sensazioni, memorie diventano protagoniste al pari della materia, della luce, dello spazio..
In quasi tutte le sale, una scultura neoclassica è posizionata verso le opere presenti alle pareti, come una sorta di genius loci, un luogo dove la presenza dell’antico costituisce la misura di un’armonia che domina silenziosa questa mostra.
È un percorso al passo con i tempi. Risponde al modo in cui oggi procede la formazione dei e delle giovani e l’aggiornamento delle persone adulte. E’ una mostra fluida, , dove domina l’orizzontalità del presente capace però di dialogare con la verticalità del tempo.
Alcune domande ci possiamo fare come si è fatto Ludovico Pratesi. Quali fili legano gli Stati d’animo (1911) di Umberto Boccioni con la Diana di Ercole Dante (1845)? Come si coniuga il tratto nervoso dei mirabili nudi femminili (1905-1915) disegnati da Auguste Rodin con la Natura morta (1943) di Felice Casorati? È la materia bruta o la morte a unire insieme l’opera di Burri e le carcasse dei cavalli appese al soffitto di Berlinde De Bruyckere? Nel 1898 Angiolo Tommasi guardava gli esuli con lo stesso sguardo di Adrian Paci? In questo orizzonte traversale ma intenso e emozionante, riemergono opere sconosciute e si scoprono tesori inaspettati, come le fotografie di Pino Pascali e Sandro Lodolo, si lascia spazio ad opere di artisti emergenti, come Luca Rento e Alessandro Piangiamore, e a figure internazionali, come Ugo Rondinone, Ana Mendieta o Jeff Wall.
Così l’arte moderna e contemporanea può essere letta come un intreccio di suggestioni, frutto anche di visioni personali. Così la GALLERIA NAZIONALE diventerà un posto frequentato da giovani, proprio perché potranno “navigare” nelle sale proprio come fanno sul loro smartphone.