ROMA alla libreria Altroquando l’ultimo libro di Valeria Moretti “Ecce donna” Visionarietà, immaginazione, fantasia, rovesciamento del punto di vista, gioco della variazione
Lunedì 27 novembre alle ore 18 alla Libreria Altroquando in Via del Governo Vecchio 83 verranno presentate le storie visionarie di cinque donne Cristina di Svezia, Alice nel paese delle meraviglie, Santa Teresa d’Avila, Minnie, Rita Hayworth. Cinque icone femminili per cinque racconti tra rosa e nero, conditi di humour, scritti da Valeria Moretti per la Casa editrice PersonediParola – Isola editrice.
All’incontro sarà presente oltre all’autrice anche la direttrice editoriale Rosa Gargiulo.
Milena Vukotic leggerà alcuni brani del libro.
Valeria Moretti ha voluto che alla presentazione di Ecce donna, ci fossi anch’io. Sono più di quarant’anni che ci conosciamo. Assieme, anche ad altre, abbiamo inventato negli anni Settanta, per evitare fasi carsiche del femminismo, Quotidiano donna. Era un giornale cartaceo che per anni fu distribuito nelle edicole di tutta Italia. Poi, non contente, quando questa esperienza finì, si pensò ad un’altra testa: Il Paese delle Donne. Prima cartaceo, poi on line. Insomma, questo giornale che state leggendo. I femminismi continuavano e continuano a fertilizzare terreni più che mai aridi e Valeria Moretti in questo lavoro è abilissima proprio perché la sua scrittura è capace di frantumare anche il più granitico stereotipo. Lo rende fertile a nuove interpretazioni.
Di Valeria mi è sempre piaciuta la sua capacità di vedere il mondo da una angolatura non certo convenzionale. Un’acrobata capace di volare da un trapezio all’altro con in mano un binocolo per mettere a fuoco particolari del tutto inusuali. Vita, letteratura, arte si intrecciano in una creatività bizzarra, umus necesario per una scrittura fuori registro. Empatica con le sue protagoniste. Le fa muovere su una scena senza confini. Le fa rinascere nei territori dell’inedito, dell’immaginato, del sogno. Ma quanto sono vere! Sono fatte di carne e di incanto!
Il libro poi verrà presentato a Napoli dove ci sarà anche Loredana Perissinotto che nella postfazione di Ecce Donna scrive: Una Via Lattea di donne brilla nell’universo letterario e drammaturgico di Valeria Moretti. A cominciare dalle pittrici misconosciute, non ancora di moda alla fine degli anni ’70, del saggio “Le più belle del reale” pubblicato nel 1983 (Marzia, Clara Peters, Sofonisba Anguissola, Lavinia Fontana, Giulia Lama, Adelaide Guiard, Judith Lester, Rosalba Carriera), a “Il pennello lacrimato” (1990) dedicato ad Elisabetta Sirani – pittrice bolognese del 600, fino al testo teatrale “ Una tavolozza rosso sangue ” dove s’incontrano Artemisia Gentileschi, Elisabeth Vigée Le Brun, Frida Kahlo (testo finalista al premio Fondi La Pastora, 1995).
Una passione che la scrittrice passa alla “Cristina ragazzina” del suo racconto, che avrebbe voluto entrare dentro a un quadro per essere Giuditta o Davide o la Maddalena… ma che importa se il personaggio storico avrebbe visto quei quadri solo più tardi, a Roma? Quel che importa è descrivere il desiderio di entrare in un quadro come fosse un palcoscenico di teatro, di voler essere protagonista d’avventure. È cogliere la dimensione creativa/esplorativa dell’infanzia, perciò molto umana (non è forse successo anche a voi?). E poi c’è quella cascata di colori: Riteneva che i pittori fossero gente fortunata perché potevano giocare coi colori, con i rosa, con i violetti, con gli arancioni, con i bianchi e con i neri (…) non c’era un solo verde, ma tanti verdi, tanti azzurri, tanti gialli, tanti rossi(…). Cosa è vero e cosa è menzogna nell’arte? Orson Welles ci fece un film nel 1973, ma la questione sembra ora di lana caprina, anche di fronte all’accessibilità delle nuove tecnologie che realizzano in pieno la profezia di Walter Benjamin sulla riproducibilità.
Le bambine e le donne di questi racconti sono vere o immaginate, come Minnie “eterna fidanzata”, belle o brutte, dipinte o fissate su pellicola. È più vera l’Alice “nel paese delle meraviglie” e di “attraverso lo specchio” o la piccola Alice Liddell vissuta a metà Ottocento, immortalata come altre bambine nelle fotografie del reverendo matematico Dogson-Lewis Carrol?
Cosa ha a che fare la “chiamata di Dio” per Teresa d’Avila che nei giochi col fratello sogna di combattere per la fede in terra di Mori e, come la madre, adora leggere libri di cavalleria? Nasce un secolo dopo la pulzella d’Orleans – S. Giovanna D’Arco guerriera – e aveva due anni quando Lutero affigge le tesi della sua la riforma protestante (1517). Teresa farà la sua rivoluzionaria riforma all’interno della chiesa cattolica e dell’ordine carmelitano; sarà proclamata santa e il suo corpo subirà quel martirio che aveva sognato, nell’isteria del possesso di reliquie. Cuore, mano, mascella e altre parti di questo ‘dottore della chiesa’ (1970, papa Paolo VI) sono sparse e venerate in varie chiese europee.
Fissate su pellicola queste donne sono sempre giovani, dannazione! 1933: il volto androgino di Greta Garbo nel film su Cristina di Svezia; 1946: il corpo bomba di Gilda. Ma Rita (Hayworth) vive qui l’ambiguità dell’IO invecchiato che conserva l’immagine di sé giovane; l’ambiguità della sirena donna/pesce tragica come il fiabesco personaggio di Andersen; l’ambiguità dell’illusione cinematografica (carrellata di titoli della storia del cinema).
Suggestioni di storie, innamoramento di personaggi a spasso nel tempo: come rispondere? Inventando! Cosa vieta ricamarci sopra, trovare altra forma rispetto alle solite, dipingere il proprio quadro, girare la propria pellicola, scrivere? Scrivere! In questa galassia, brillano altre donne ombra che Valeria insegue con la determinazione e l’acume del detective della buona letteratura gialla, o nera. Mi riferisco alle sue monache, infilate a forza nei conventi per convenzioni economico-sociali più che per spirituale vocazione, le quali per guadagnarsi la gloria degli altari sull’esempio di S. Caterina de’ Ricci, non rispondono come la sventurata manzoniana. Penso alla materna suor Celeste figlia di Galileo Galilei, a Nannerl (geniale anche lei) sorellina di Mozart, a Clara Schumann, alle sorelle Brönte chiuse nella loro famiglia perbene, proprio perben religiosa. Insomma, un pantheon di figure femminili a cui l’autrice ha rivolto la sua attenta ricerca e sensibilità, non senza gettare uno sguardo alla sponda dei padri (celebri padri) nella loro relazione con la figlia/ donna: da Matilde Manzoni a Tatiana Tolstoj, da Eleanor Marx ad Anna Freud, da Karen Blixen a Virginia Woolf. A questo aspetto dedica un breve quanto stimolante saggio (2011).
Nell’infanzia si costruiscono le basi della personalità ma i dati biografici di qualsiasi artista, quando riferiti alla “ispirazione”, sorreggono fino ad un certo punto; così che né gli studi in collegio dalle suore, né l’interesse per periodi storici segreganti l’altra metà del cielo e neppure l’attivismo femminista (o femminile?) degli anni della riscossa delle donne nel nostro paese come in altri, vissuti dalla Moretti anche nell’impegno di giornalista, spiegano il sentiero da lei intrapreso. La visionarietà ha a che fare con l’immaginazione e la fantasia, ovvio. 76 Sono loro che inventano e scardinano una situazione o un personaggio, che rendono il rovesciamento del punto di vista l’elemento di forza nel grande gioco creativo della variazione.
Mi piacque molto, per questo, lo spettacolo “Marina e l’altro” (Festival internazionale di drammaturgia contemporanea, Asti 1991), in cui l’incontro non reale in una misera soffitta tra Marina Cvetaeva e un ladro, getta una luce particolare sulla tragica biografia umana della poetessa e sulla sua poetica. Così come mi piacque “Ritratto di donne in bianco” (1990) per l’ambiguità delle protagoniste, che avrebbero potuto essere anche dei protagonisti al maschile. Evanescenti come il loro nomi – Rosa, Perla, Celeste –, apparentemente rilassate in un giardino pieno di fiori, iniziano con voluttà a tessere una tela d’inganni e crudeltà: Lui ci desiderava tutte e tre. Per questo non poteva essere che così… dice Celeste, verso la fine del testo, rivelando come sotto la scena di quell’idilliaco giardino vi sia la sinopia di una tomba. Il rovesciamento del punto di vista è un esercizio creativo tanto che in “Pic-nic”, testo scritto per il teatro della scuola (1985), sono gli animali del prato – coccinella, formica, ape, calabrone, lombrico, grillo, topo, farfalla, una lucciola “a rovescio” e altri – ad osservare e parlare degli umani che hanno invaso il loro territorio. Strani esseri gli adulti, perché il piccolo Tom non ha nessuna difficoltà a dialogare col ranocchio e a conoscere così i segreti degli abitanti del prato. Mettersi nell’ottica dei bottoni che scappano – dove vanno i bottoni quando saltano da una camicia o da un vestito? – può essere un’ipotesi fantastica alla Rodari (“I bottoni di Bettina” – testo per il teatro della scuola pubblicato nel 2008).
Tuttavia c’è posto per stigmatizzare il mondo pedante degli adulti, attraverso una galleria di personaggi emblematici in quel di BottonMondo – i Vestiti sonnambuli, Nostalgia vagabonda, i Fili colorati, Forbicetta, BottonOsso e BottonGioia, reuccio Aghetto e 77 regina Ditale – con le loro paure, smanie, desiderio di fuga e innamoramenti. Bettina, col suo gatto Merluzzo, fa questo viaggio reale/ immaginario/immaginato e nella battuta finale vi è la chiave della consapevolezza di essere se stessa: Ho preso tutto da me! in risposta al ritornello dei genitori “da me non ha preso, questa bambina”.
Visionarietà, immaginazione, fantasia, rovesciamento del punto di vista, gioco della variazione sono la leva dei racconti qui pubblicati. Suggestioni di vite, qualcuna restituita dall’autrice con una scrittura più surreale e graffiante, altre con giocosità. Contestatrici e rivoluzionare queste bambine/donne sono comunque rivestite di immaginazione. O, come titola un’intervista, “Valeria Moretti: il “femminile” motivo in più per il fantastico (E. Zocaro, in “Ridotto”1990): I miei personaggi sono come calati in un dormiveglia che si ammanta ora di reale ora di irreale (…) Ecco, inoltre, uno dei motivi per cui mi piace lavorare su personaggi del passato: posso così, distanziandoli, cogliere meglio, in chiave di metafora, il senso di un discorso moderno. Cosa impedisce, allora, al lettore di approfondire queste figure nella loro realtà storica o di provare a giocarci a sua volta, immaginando ad esempio… che…?!