ROMA – All’assemblea LA CIVILTA’ E’ NELLE MANI DELLE DONNE che si è tenuta ieri alla CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE alcune centinaia di donne hanno discusso di come trasformare la potenza del movimento in capacità di governo dell’esistente
Tra i molti argomenti trattati : la maternità per conto di altri, la mercificazione, la prostituzione, la sessualità, il corpo, la libertà….la nostra forza. Ma sopratutto si è parlato di come individuare, in un rapporto di confronto e relazione con tutte, alcuni punti dirompenti capaci di fare massa critica. Si è evidenziata la necessità di puntare su alcuni obbiettivi capaci di unire le diverse ed articolate anime di un movimento sempre più forte e diffuso che si trova però ad affrontare ostacoli sempre più insidiosi. La cultura patriarcale, che alcune parti del movimento davano per sconfitta, sta manifestando, con una virulenza incredibile, tutta la sua violenza con linguaggi, normative e forme di potere che si presentano a volte raggiranti e subdole, a volte a testa d’ariete, contro una cultura femminista sempre più articolata e potente proprio per la sua planetaria capacità di coinvolgimento. Uno scontro frontale che non ci può far trovare impreparate.
Nei prossimi giorni vi daremo il resoconto finale proposto dalle organizzatrici dell’iniziativa
Importante l’argomento trattato da PINA NUZZO : LA PORNOGRFIA TRA LE MURA DOMESTICHE proprio perché è tra quelli poco analizzati, spesso releganti solo all’interno di un confronto sul problema della prostituzione. E’, invece, una presenze forte di quella cultura patriarcale e maschilista che si insinua ovunque condizionando pesantemente i comportamenti di tutt* sopratutto dei e delle giovani. La pornografia è puntare l’obbiettivo, spesso insinuante e violento, solo su un aspetto della sessualità, estrapolandola dal corpo di una persona trasformandola così in cosa, in oggetto di consumo, in merce… deteriorabile.
LA PORNOGRFIA TRA LE MURA DOMESTICHE intervento di PINA NUZZO (1 dicembre 2018)
Ho partecipato alla manifestazione del 24 novembre, in occasione della giornata contro la violenza maschile sulle donne, con un cartello su cui era scritto “né puttane, né madonne, solo donne”, uno slogan che le mie coetanee hanno riconosciuto, ma per molte giovani è risultato nuovo.
Ho avuto modo di parlare con loro grazie a quello slogan che risulta ancora dirompente perché la dicotomia puttane /madonne da cui trae forza il patriarcato, non si è indebolita, come si potrebbe pensare, ma si è rafforzata.
Si è saldata in unica figura, a una donna oggi si chiede di essere una brava moglie – socialmente riconosciuta – e nel privato, a letto, brava come una puttana. Poi presente con i figli e che porti due soldi a casa che non fa mai male.
L’attuale, moderna, concezione del “femminile” si alimenta, come altre che ci hanno preceduto, della competizione tra donne. Questa è la nostra debolezza, questo era – ed è – il meccanismo da rompere. Sorellanza voleva dire non farsi mettere le une contro le altre, non cadere nella trappola della prescelta o della più brava.
Oggi l’asticella della competizione si è alzata; molte giovani, per non essere rifiutate dai coetanei, dalle compagne di scuola o dal gruppo, accettano di dare corpo alla donna che hanno in testa tanti maschi.
Facendo qualche ricerca in rete, da articoli e studi, ho scoperto che il nostro è un Paese in cui si consuma molta pornografia. Tanta, anche tra i giovani.
Un documentario prodotto dalla BBC intitolato “Porno – Cosa c’è di male?” apre uno squarcio su una realtà incredibile: la pornografia adolescenziale. Su un campione di mille giovani emerge che un quarto di loro (250) ha avuto accesso alla pornografia fin dall’età di 12 anni, mentre il 7% (70) ha iniziato a navigare nei siti osé fin da 10 anni.
Non stupisce che i ragazzi si aspettino che le ragazze si comportino come delle porno star. Qualcuno arrivava ormai a considerare le coetanee come semplici “oggetti sessuali”, mentre altri mostrano di avere un’idea del tutto irrealista e fantasiosa del corpo femminile.
I risultati della ricerca hanno rilevato anche una evidente differenza tra i sessi per quanto riguarda l’esperienza del porno online. Il 20% delle femmine ha dichiarato di non aver mai visitato un sito porno, mentre solo il 4% dei maschi si è espresso in tal senso.
Il materiale trovato in rete ha messo a posto certi tasselli che avevo in testa. Per esempio, quando i media informano che la polizia ha rintracciato materiale pornografico nel computer di un uomo accusato di femminicidio e il sospettato afferma di guardare video e film porno con la moglie, dice una cosa che a me sfuggiva: la consuetudine sempre più diffusa tra le coppie di guardare materiale pornografico.
Mentre, fino a qualche tempo fa pensavo fosse una scusa, un tentativo di mascherare un’abitudine personale. Ho capito, invece, che certi dettagli sono spie di comportamenti, più di quanto si possa immaginare.
Poi che c’è anche una “pornografia femminista” che dice così ( da uno dei tanti siti):
…nel porno femminista viene rappresentata l’autentica sessualità femminile (ma anche la sessualità gay, lesbica, transgender, queer, bisessuale, e quella di altre “minoranze sessuali”) in un set in cui gli attori non si sentono minimamente forzati ed anzi, sono incoraggiati a divertirsi e a godersi i momenti in cui si gira il film. Gli attori possono ad esempio mettersi d’accordo per decidere quali pratiche scegliere di sesso sicuro, utilizzando anche strumenti di protezione, come dighe, preservativi o guanti, e possono perfino scegliersi il partner di scena, oltre che decidere quali scene vogliono mostrare al pubblico e quali tagliare.
Del resto – si legge – il femminismo è un movimento serio, che lotta per la trasformazione sociale e la liberazione dal patriarcato e una parte essenziale della liberazione della donna e consiste proprio nella liberazione sessuale. Il porno femminista vuole mostrare delle donne vere, che si sentono a loro agio davanti alla telecamera, ma anche libere di esprimere il disagio, se e quando c’è.
“Libere di esprimere il disagio” vogliamo commentare questa affermazione che è quasi un inciso? Ma niente è più ambiguo del riferimento alla liberazione sessuale messa a servizio della rappresentazione e dell’immaginario maschile.
Forse non avrei aperto gli occhi sulla reale funzione della pornografia nel quotidiano, nell’addomesticamento, non solo sessuale, delle donne, senza il racconto – il partire da sé – di due attiviste abolizioniste che mi ha fatto capire come sia possibile per una donna cadere nella trappola delle richieste maschili per “essere all’altezza” del SUO immaginario. Ho capito che una donna arretra sul proprio desiderio, acconsente all’altro di colonizzare le sue fantasie, quando la libertà femminile viene percepita come un processo individuale, slegato dalla relazione con le altre e, ancora una volta, in conflitto con le donne venute prime, (non più solo la madre), vissute come inaccessibili, inarrivabili.
Ho anche capito, grazie a queste donne il perché di certe irritazioni croniche “delle parti intime” e il proliferare di tanta pubblicità.
Infine, le testimonianze di donne che hanno attraversato l’inferno della violenza – le sopravvissute – mi hanno rivelato che, spesso, molto spesso, la violenza maschile si scatena “intorno e durante la gravidanza”.
Non lo immaginavo, ma ripensando a certi casi di cronaca nera/nerissima che sembrano estremi, come la ragazza uccisa al nono mese di gravidanza o quella bruciata viva e miracolosamente sopravvissuta insieme alla figlia che portava in grembo e altri ancora – tutti compiuti da mariti, compagni, amanti – ho capito che l’odio di tanti uomini non è solo verso il corpo sessuato delle donne, ma anche – e forse soprattutto – verso il corpo generativo delle donne.
Quindi stiamo parlando di un sentimento maschile che ha radici lontane e profonde e che le nuove relazioni tra i sessi fanno emergere con crudeltà e determinazione, fino all’annientamento dell’altra. Compreso “il frutto del loro amore”.
Per concludere, non penso che le cose siano rimaste com’erano, abbiamo fatto tanta strada, ma tanta ne resta da fare e tutta in salita se, per declinare la nostra sessualità, accettiamo pornografia e prostituzione.
Abbiamo ancora tanto da dire su di noi, senza nasconderci dietro gli studi di genere, ma neppure dietro le pratiche delle femministe che siamo state. Ho isolato la “pornografia”, in modo molto sintetico – per accenni – perché penso che intorno a questa questione si possa sviluppare un’azione politica diffusa.
Se siamo qui oggi, se sono qui, è perché avverto l’urgenza di costruire un’agenda politica condivisa, per andare verso un noi più grande in cui ciascuna possa riconoscersi senza doversi cancellare.
Un agenda condivisa significa mettere a fuoco due tre punti e stabilire un patto chiaro sui tempi, sui modi, sul come.
Esperienze già vissute mi fanno dire NO a gruppi più o meno segreti su fb, a mailing list che si ristringono e si dilatano senza apparenti ragioni, a relazioni non dichiarate.
Dico SÌ ad appuntamenti periodici, programmati, ad incontri con piccoli gruppi di singole donne e a espressioni territoriali di realtà nazionali, perché un desiderio diffuso nei centri lontani da Roma e da Milano è poter condividere un progetto, sentirsi parte di un’azione politica condivisa.
Sono tantissime le donne con cui – noi qui oggi – abbiamo bisogno di parlare. Chi vuole impegnarsi per realizzare questo progetto deve essere pronta a modificarsi; disponibile alla contaminazione.
Non è un’impresa facile, anzi è una sfida piena di incognite, ma è la sfida del momento storico e politico che stiamo vivendo. E non si può rimandare a tempi migliori perché potrebbero non arrivare mai.
Il partire da sé è stato un processo lungo e coraggioso, ha voluto dire ricongiungere la parola all’esperienza e su questa pratica sono nate relazioni e si sono costruiti spazi politici. E tutte ci siamo sentite responsabili, degli spazi e delle parole. Di questi tempi capita frequentemente che si prenda la parola con facilità, perché si è più colte e più istruite, perché il femminismo è diventato una tematica, materia di studio. Sempre più spesso negli spazi politici delle donne un eccesso di parole rivela lo scarto tra come una donna si rappresenta e la sua reale esperienza. Il rischio è non saper più distinguere cosa è personale e quindi politico e cosa è privato ed è bene che rimanga tale.
Affidarci a chi sa come si tesse una narrazione collettiva è un modo per imparare a fare politica andando oltre una generica presa di parola slegata dell’esperienza.
Gianfranco Amato, Un paese di pornodipendenti
Il porno può rivoluzionare lo sguardo della donna, parola di “ragazze”
Sara Gandini, “Sessualità, prostituzione, post-porno femminista”
La 7, Elena Di Cioccio, ‘Pornografia domestica’
Renato Stella, L’osceno di massa. Sociologia della comunicazione pornografica