ROMA – CORINNE VELLA riceverà il riconoscimento di ARTICOLO 21 per aver continuato a tener viva l’attenzione sulla morte della sorella DAPHNE CARUANA GALIZIA
Maria Gianniti scrive
— Corinne Vella è sorpresa. Arriverà a Roma per ritirare un premio in occasione della Festa di Articolo 21 alla Casa delle Donne. Un premio che inizialmente pensava fosse dedicato alla memoria della sorella, Daphne Caruana Galizia, e che invece viene dato proprio a lei per la sua battaglia nel tenere viva l’attenzione sulla morte tragica di sua sorella, più di un anno fa.
“Non è vero che quanto accaduto a Daphne ora renda il lavoro dei giornalisti più sicuro a Malta – dice al telefono – Anzi! Ora tutto è più difficile. La sfida è maggiore. I problemi nel cercare di fare del giornalismo investigativo sono anche aumentati nel nostro paese”. Corinne lo ripete come un mantra: lo Stato Maltese ha il dovere di portare avanti un’indagine trasparente sulla morte di mia sorella.
Il lavoro di Daphne non è stato abbandonato. Ora ci sono molti blogger, attivisti, gruppi di giornalismo investigativo che cercano di fare luce su diversi dei casi su cui Daphne scriveva.
Prima era l’unica che se ne occupava e per questo è stata presa di mira. “ Anche ora che è morta c’è chi cerca di screditarla – spiega Corinne – Per noi familiari è una battaglia continua. E ora anche noi siamo un target. Lo Stato continua a resistere, nonostante le sue responsabilità. Il Primo Ministro non concede interviste. Anche i suoi ministri non si esprimono” “La libertà di stampa è a rischio a Malta – continua Corinne – Lo sono i reporter che fanno giornalismo investigativo. Dopo quell’autobomba che ha ucciso mia sorella, si sentono più vulnerabili”
Come hanno raccontato i figli di Daphne, prima dell’esplosione, il 16 ottobre 2017, a cominciare ad uccidere la madre è stata la macchina del fango attuata per screditare il suo lavoro.
TIME Magazine ha appena svelato la copertina della “Persona dell’Anno”. La dedica ai giornalisti “Guardiani” della verità. Quelli che rischiano e che, per il loro lavoro e le loro idee, hanno perso la vita, come il saudita Jamal Khashoggi. Un monito importante dopo due anni durissimi per la stampa mondiale, durante i quali chi ha cercato di scavare, andare oltre, ha anche perso la vita.