ROMA – dal 19 settembre RomaEuropaFestiva – La 33esima edizione : un inno al con al teatro argentina l’apertura con KIRINA
Sarebbe più giusto Romamondo festival che Romaeuropa festival tenendo presente anche del sottotitolo Between Worlds : perché è ai nuovi fermenti internazionali che guarda la prossima edizione, dal 19 settembre al 25 novembre 2018, come sempre su sfondi diversi.
“Un viaggio che parte dal’Italia e arriva fino ai confini del Mondo. Un percorso contro la paura, i limiti territoriali e sociali. L’arte come elemento primario e fondante per unire i popoli per alimentare il dialogo e per abbattere le differenze. Sulle differenze sociali, sul dialogo e sulle collaborazioni internazionali si fonda quest’edizione di Romaeuropa Festival dove danza, arte e teatro richiamano migliaia di persone da tutto il mondo. Il titolo scelto è Beetween Worlds” usa le parole giuste per raccontare uno stato d’animo. Questo titolo prende atto dei tanti mondi con i quali ci si confronta ogni giorno. Bisogna anche prendere atto del fatto che la nostra terra ospita latitudini ed esperienze molto diverse e che queste creano conflitti. Ma bisogna cercare di incontrare questi mondi, di ragionarci assieme e perché no, provare anche a farci festa all’interno di un festival. Questa ci è parsa l’urgenza, il bisogno degli artisti con cui abbiamo collaborato” ha detto Monique Veaute che aggiunge come “abbiano aderito al progetto artisti provenienti dall’Africa, dall’Asia, dal Medio Oriente, dal Nord e Sud America. 60 compagnie totali di cui 40 che partecipano per la prima volta provenienti da 24 nazionalità differenti”.
Il Festival si apre al Teatro Argentina con KIRINA dal 19 – 22 settembre 2018 alle ore 21 – e sabato 22 alle ore 19. Un’ opera per danzatori, musicisti e 40 figuranti del coreografo del Burkina Faso Serge-Aimè Coulibaly con Rokia Traorè e il librettista Felwine Sarr.
Il titolo dello spettacolo – Kirina – è il nome della località situata nell’odierna Guinea dove si è svolta l’ultima battaglia da cui è nato l’impero mandingo nell’Africa Occidentale. Ed è a partire da questo luogo che questa speciale crew racconta e descrive la marcia di un popolo, colto nel suo momento di massima forza e splendore La potenza e la sensualità della musica incontra l’energia della danza e si fonde con un testo in grado di traghettare radici africane e occidentali verso il futuro. «Le nostre società sono in perenne movimento, le popolazioni cambiano velocemente nelle grandi città e queste trasformazioni fanno parte di una grande marcia, quella dell’umanità» ha affermato Coulibaly.
Titoli e nomi nel programma del ROMAEUROPA FESTIVAL
Un programma ricco, interessante e vario. Difficile da riassumere in poche righe, ma si articola in tre diversi percorsi: storie, visioni e suoni. E in altrettante sezioni:
Digitalive a cura di Federica Patti, Anni Lucea a cura di Maura Teofili,
Dancing Daysa a cura diFrancesca Manica,
Ref Kids a cura di Stefania Lo Giudice
e nelle attività di incontri e workshop di Community a cura di Lara Mastrantonio, Massimo Pasquini e Matteo Antonaci.
Potremmo vedere: dalla performance in biblioteca The quiet volume dell’inglese Tim Etchelis al concerto di Oumou Sangaré, Grammy Award nel 2010. Dai ballerini (gli uomini in body femminile) della coreografa Sharon Eyal, associata alla Batsheva dance company e impegnata in Love Chapter 2 — amore dalle venature glamour — alle manipolazioni dei catalani Agrupación Señor Serrano in Kingdom: come sfuggire alle crisi cicliche dell’Occidente? Voci dal Libano: Omar Rajeh in #Minaret urla il rimpianto. Per mille anni il minareto della Moschea di Aleppo è stato un simbolo. Non esiste più. In Saigon di Caroline Guiela Nguyen, undici attori (francesi, francesi di origine vietnamita e vietnamiti) si descrivono, stranieri in Francia ma anche in patria. Wen Hui riporta nella Cina maoista attraverso un balletto dell’estetica socialista, The red detachment of women. Lola Arias ricostruisce invece la guerra delle Malvinas. Per fare i conti con realtà virtuale, Digitalive chiama a raccolta una folla di contaminatori, come l’Ensemble Giorgio Bernasconi della Scala diretto da Peter Rundell per The Yellow Shark di Zappa. Peter Brook porta in prima nazionale The prisoner.