ROMA -L’importanza dei diritti umani ci è estranea perché non ne conosciamo il senso e la storia: un convegno sul tema della Fondazione Nilde Iotti
Si è tenuto ieri a Roma presso la Biblioteca del Senato “Giovanni Spadolini” il convegno organizzato dalla Fondazione Nilde Iotti dal titolo “I diritti umani: un cammino di civiltà”. Al centro del convegno il tema dei diritti umani e la loro importanza soprattutto in questo difficile momento storico.
L’invito della Fondazione è stato a voler essere “lievito” di fronte all’immensità di questo problema. Le drammatiche vicende che viviamo in questo nostro tempo – torture, dramma dei profughi, violenze sulle donne, risorgere dei fili spinati ai confini – ci dicono che ciò che davamo per scontato non lo è ed emergono forme di discriminazione disumane vecchie e nuove.
Nel discorso introduttivo, fatto dall’Onorevole Livia Turco presidente della Fondazione, sono emerse da subito importanti riflessioni rispetto alla banalizzazione che si fa oggi nell’uso della parola diritto, sull’applicazione delle leggi e il ruolo delle istituzioni di fronte a una tematica così fondamentale. Sono stati fatti degli accenni al Trattato di Lisbona e alla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea per evidenziare le contraddizioni di questi tempi.
Tra gli interventi più interessanti quello di Luigi Manconi, Presidente della Commissione Diritti Umani, che ci ha tenuto a sottolineare come i diritti umani non siano un fatto esotico che riguarda solo i paesi in via di sviluppo ma una grande questione irrisolta di e della democrazia, delle democrazie mature. Il nostro stato di diritto, quello italiano ma anche quello di numerosi paesi europei, ha lasciato irrisolta una problematica che riguarda squisitamente la questione delle libertà individuali, una situazione difficile poiché ci si trova davanti sempre più a nuove contraddizioni a cui far fronte. Rispetto alle contraddizioni della contemporaneità, Manconi ha proposto due esempi emblematici di come oggi proprio in Italia, la libertà individuale venga fortemente limitata . Sono i casi dei Cie (centri di identificazione e espulsione) e della contenzione meccanica ovvero l’uso di legacci o altri strumenti utilizzati nei servizi psichiatrici di diagnosi e cura e addirittura nelle residenze per anziani. Nelle parole di Manconi, all’interno di questi luoghi coatti avviene una privazione della libertà che reifica il corpo e lede la dignità e che non risponde ai requisiti del nostro ordinamento e della Costituzione. Nel caso dei Cie l’aggravante è che questo trattamento è riservato soltanto agli/alle stranieri/e in una maniera diversa da come avviene in altri casi. In questo passaggio legato al corpo e ai diritti si è parlato anche della morte drammatica di Giulio Regeni, lo studente italiano torturato e ucciso in Egitto. Secondo Manconi questa vicenda ha assunto e assumerà sempre più il senso di un paradigma rispetto alla tematica dei diritti umani, perché ci rimanda ad un importante interrogativo : quale sia il ruolo che assume la questione dei diritti umani all’interno dei rapporti bilaterali tra gli Stati.
Durante il convegno si è ampiamente discusso dell’importanza dei diritti nel cambiamento della storia occidentale, di come l’Italia si trovi al centro di un movimento di pensiero che va colto storicamente e di come sarebbe perciò utile e necessario riconnettersi con la ricchissima cultura del 500 e 600 che vede i diritti protagonisti negli scritti di pensatori come Filangeri, Vico, Genovesi. Dagli interventi è emersa la preoccupazione per quella che viene definita la “retorica dei diritti”: il continuo fare riferimento confusivamente ai diritti umani, a quelli dell’uomo e ai diritti della persona, spesso da parte anche degli attivisti e delle personalità politiche. Vincenzo Ferrone ordinario di Storia Moderna presso l’Università di Torino e studioso di diritti umani ha sottolineato come sia fortissima la difficoltà nel parlare il linguaggio dei diritti e del perché li sentiamo estranei. Manca una cultura diffusa sui diritti perché gli storici hanno iniziato ad occuparsene tardi ,manca una crescita culturale. Si parla di diritti umani soltanto a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, il tema è stato esorcizzato perché rievocava la Rivoluzione Francese. Prima di quel momento il riferimento era esclusivamente ai diritti dell’uomo, una parola che aveva la pretesa di un significato universalistico e cosmopolita, non a caso solo durante la Rivoluzione francese, grazie soprattutto all’opera di Condorcet e di Olympe de Gouges, si pose la questione dell’estensione dei diritti politici alla donna con la necessità di precisare anche sul piano lessicale il riferimento al genere. Date queste considerazioni non c’è dunque da stupirsi se i diritti umani vengono percepiti come qualcosa di estraneo e di lontano da noi e se regna sovrana la confusione.
È stata ribadita l’importanza dell’universalità dei diritti che spesso scompare quando si parla di diritti appartenenti a corporazioni o categorie. Sul finire è stato precisato che quella dei diritti è una categoria normativa nobile ma contraddittoria soprattutto nella contemporaneità, un’invenzione di matrice occidentale sulla quale bisogna riflettere. L’invito alla riflessione è in riferimento anche all’esistenza del concetto di limite insito nel diritto, oggi sempre meno preso in considerazione a favore di presunte libertà individuali.
Roma, 21/04/2016
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