ROMA – Miriam Mafai – a sei anni dalla morte la ricordano: Corrado Augias, Patrizia Carrano, Costanza Fanelli, Simona Feci, Alessandra Gissi, Bianca Stancanelli.
La Società Italiana delle Storiche e la Casa Internazionale delle Donne venerdì 6 aprile 2018 ore 15,30 a sei anni dalla morte di Miriam Mafai vogliono ricordare, in via della Lungara 19 a Roma , la donna libera e appassionata, la giornalista, la testimone dei più importanti avvenimenti del secolo scorso, la combattente per idiritti civili e per la laicità dello Stato.
Una vita dalla parte delle donne. Sono previsti interventi di: Corrado Augias, Una donna e il suo tempo – Patrizia Carrano, Miriam Mafai a NoiDonne: una risata vi travolgerà, Costanza Fanelli, Il ‘68 di NoiDonne, Simona Feci, Tentativo di una biografia, Alessandra Gissi, L’apprendistato della politica, Bianca Stancanelli, Un modello per esserci
Sarà proiettato il documentario Tanti baci Miri di Paola Di Pietro, Maria Russo e Alessandra Colonna, 2014
Assieme alle sorelle Simona fondatrice della rivista palermitana Mezzocileo e Giulia costumista e scenografa, Miriam Mafai nasce da una coppia di noti artisti italiani del XX secolo, il pittore Mario Mafai, cattolico, e la scultrice Antonietta Raphaël, di origine ebraica, tra i fondatori della corrente artistica della Scuola Romana, che la educano all’antifascismo sin dagli anni trenta. Con l’introduzione delle leggi razziali, nel 1938, Miriam deve lasciare il ginnasio
A seguito dell’8 settembre 1943, Miriam partecipa alla Resistenza antifascista a Roma, distribuendo volantini contro l’occupazione tedesca e lavorando, dal 1944, presso l’ufficio stampa del neo istituito ministero dell’Italia occupata, diretto da Mauro Scoccimarro, dove incontra Giancarlo Pajetta, membro di una delegazione del Comitato di Liberazione Nazionale, di cui diviene amica e in seguito compagna. Nel dopoguerra si iscrive al Partito Comunista Italiano e sposa civilmente Umberto Scalia, segretario della Federazione del PCI dell’Aquila, dalla cui unione nasceranno la figlia Sara e il figlio Luciano.
Nei primi anni cinquanta è assessore al comune di Pescara, dove si occupa di gestire gli aiuti per sfollati e indigenti. Intraprende quindi la carriera giornalistica. Al termine degli anni cinquanta, Miriam Mafai è corrispondente da Parigi per il settimanale Vie Nuove, quindi lavora per L’Unità e dalla metà degli anni sessanta al 1970 è direttrice di Noi Donne e poi inviata per Paese Sera. Contribuisce alla nascita de la Repubblica nel 1976 e ne diviene editorialista. Dal 1983 al 1986 è stata anche presidente della Federazione nazionale della stampa italiana.
Nel 1962 inizia una relazione con Giancarlo Pajetta, di quindici anni più anziano, che dura fino alla morte di quest’ultimo nel 1990. Sul loro rapporto Miriam Mafai aveva detto: «Tra un weekend con Pajetta e un’inchiesta, io preferirò sempre, deciderò sempre, per la seconda». A partire dagli anni ottanta, al giornalismo Miriam Mafai affianca la scrittura di opere di saggistica, da L’uomo che sognava la lotta armata (1984) a Pane Nero. Donne e vita quotidiana nella seconda guerra mondiale (1987) a Il lungo freddo. Storia di Bruno Pontecorvo, lo scienziato che scelse l’Urss (1992), da Botteghe Oscure addio. Com’eravamo comunisti (Premio Cimitile nel 1996) a Dimenticare Berlinguer (1996), da Il sorpasso. Gli straordinari anni del miracolo economico 1958-1963 (1997) a Il silenzio dei comunisti (2002). In ultimo aveva pubblicato nel 2006 Diario italiano, raccolta degli editoriali pubblicati su Repubblica a partire dal 1976.
Nel 1994 aderisce al partito Alleanza Democratica e alle elezioni di quell’anno viene eletta alla Camera dei deputati, nella XII Legislatura, per la coalizione di centrosinistra dei Progressisti. Nel 2005 ha vinto il Premio Montanelli, per la sua attività votata allo sviluppo della cultura italiana del Novecento, con particolare attenzione al mondo femminile. Nel corso della sua attività di scrittrice questa attenzione non verrà mai meno: in occasione del suo ottantesimo compleanno ebbe modo di dichiarare: «Alle giovani dico sempre di non abbassare la guardia, non si sa mai. Le conquiste delle donne sono ancora troppo recenti».[3]
Nel novembre del 2010, quando l’allora Presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi, decise di tornare sulla vicenda “Ruby” in occasione del suo intervento al salone del motociclo, alla Fiera di Milano, ed ebbe occasione di dire “Meglio essere appassionati di belle ragazze che gay” Miriam Mafai non fece mancare il suo intervento, così appassionato da somigliare quasi ad un’invettiva. La scrittrice dichiarò che il premier fingeva di non capire e che il problema non era essere gay od eterosessuale, scelta definita “rispettabile ed assolutamente privata”. Il problema per la Mafai era legato ai comportamenti del Primo Ministro italiano, colpevole a suo parere d’aver trasformato “una sede pubblica in un luogo di grotteschi festini” e di essere “intervenuto per far rilasciare un partner” fermato dalla polizia. Atteggiamenti alieni a quelli di altri leader europei, quand’anche dichiaratamente gay.
Tra i temi di maggior interesse e attualità, Miriam Mafai si è espressa su divorzio, aborto, referendum, laicità dello Stato, legge sulla fecondazione assistita e condizione femminile, oltre che sui temi più generali della politica e dei diritti dei lavoratori. Per questo suo impegno sociale e su tematiche care alle donne Eugenio Scalfari, fondatore de la Repubblica ebbe modo di definirla “una donna laica e libera” e ancora, riferendosi ai trascorsi degli anni cinquanta nel Partito Comunista Italiano “una femminista nel partito più maschilista di tutti”. Nonostante questa sua forte tensione morale seppe sempre coniugare la forza dell’impegno con la dolcezza del carattere che le era proprio, meritando da Ezio Mauro, direttore de la Repubblica al momento della scomparsa, la definizione di “fortissima e dolcissima”.
Il giorno della sua scomparsa, il Presidente della Repubblica Italiana in carica, Giorgio Napolitano, la ricorda in un messaggio di cordoglio ufficiale rammentandone la forte personalità, il temperamento morale alieno da convenzionalismi e faziosità e il grande talento giornalistico uniti alla combattività che le permisero di divenire una significativa scrittrice strettamente legata al movimento per l’emancipazione delle donne e, più in generale, all’attività politica della sinistra italiana. Il messaggio si conclude con un ricordo personale che ne sottolinea l’umanità: «Nel ricordare la schietta amicizia che ci ha così a lungo legati, mi resta vivissima l’immagine della sua umanità appassionata, affettuosa e aperta».
È morta a Roma il 9 aprile 2012. Al termine della cerimonia funebre il feretro della scrittrice è stato cremato presso il cimitero di Prima Porta. Le ceneri sono ora conservate nel cimitero acattolico di Roma.